Spatial analysis of the Morrone wildfires (Majella National park, Central Italy) by remote sensing images
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 15, Pages 59-64 (2018)
doi: https://doi.org/10.3832/efor2775-015
Published: May 08, 2018 - Copyright © 2018 SISEF
Research Articles
Abstract
In the last decades, wildfires have considerably changed in their frequency, extension, intensity and this is mainly due to climate change and human activities. The year 2017 was particularly significant for the amount of hectares burned in Southern Europe and especially in Italy. Remote sensing has been used to map and monitor wildfires around the world. In the last years, the advent of monitoring programs such as Copernicus (handled by the European Commission in partnership with the European Space Agency) offers a unique opportunity to monitor several land features, including wildfires. The aim of this paper is to map the 2017 fire occurred on the Morrone Mountain, in the Majella National Park. We used pre and post Sentinel 2-A data to map burned areas and to define severity classes. We also quantified burned areas in terms of land cover categories and Natura 2000 habitat types. The analysis showed that the burned area is 2184 ha, of which 84% (1837 ha) is within the Majella National Park limits (4% of the entire Park area). Most of the burned area is occupied by shrubs and grasslands, most of which are Natura 2000 habitats. Other burned areas are coniferous plantations and beech forests. The Sentinel 2-A imagery offers consistent, reproducible and unbiased recordings of fire features, an useful tool in remote and mountainous areas such as the Majella National Park.
Keywords
Introduzione
I disturbi di origine naturale quali incendi, fitopatogeni e tempeste di vento, sono parte integrante delle dinamiche di evoluzione degli ecosistemi terrestri, ed in particolar modo degli ecosistemi forestali ([22]). Tali disturbi avvengono come eventi relativamente discreti e sono caratterizzati da frequenze, dimensioni e intensità tipici ([24]).
I regimi di disturbo sono profondamente cambiati negli ultimi decenni e le cause principali sono da ricondurre al cambiamento climatico e alle attività umane. Per esempio, sia la frequenza che l’intensità degli incendi è notevolmente aumentata negli ultimi anni a causa di temperature medie sempre più elevate e periodi di siccità sempre più prolungati che influenzano negativamente la rigenerazione post-incendio ([23]).
Nel bacino del Mediterraneo il fuoco è da sempre stato un elemento di disturbo naturale degli ecosistemi, e molte piante e animali si sono adattate ad esso nel corso dei millenni. Tuttavia, molti studi hanno dimostrato che gli incendi possono causare dei veri e propri disastri, determinando dei cambiamenti netti nelle comunità naturali interessate da questi fenomeni ([21], [8], [1]) oppure causando perdita di suoli ([17]).
Anche se alcune comunità naturali sono ben adattate al fuoco, quali la macchia mediterranea e le foreste caducifoglie a prevalenza di specie quercine, altre comunità sono altamente sensibili, quali i boschi di pino montani che mostrano scarsissima capacità di rigenerazione dopo gli incendi ([20])
Il bacino del Mediterraneo rappresenta una delle aree biogeografiche più sensibili ai cambiamenti climatici e quindi anche all’aumento del rischio di incendio. Ne è senza dubbio testimonianza il 2017 che sarà certamente ricordato come un anno catastrofico in termini di superficie percorsa dal fuoco in diversi paesi del Mediterraneo ([2]). Solo in Italia il 2017 ha visto bruciare circa 140 392 ettari di territorio (dati dell’European Forest Fire Information System). Molti degli incendi in Italia sono causati dalla mano dell’uomo, non tanto per motivi dolosi ma per la noncuranza, negligenza, imprudenza o imperizia dei cittadini ([4]). Tra gli eventi più eclatanti è da annoverare l’incendio del Monte Morrone nel Parco Nazionale della Majella che ha provocato seri danni alla biodiversità dell’area protetta.
L’utilizzo delle immagini satellitari per il monitoraggio delle risorse terrestri si è notevolmente diffuso negli ultimi 20 anni. Tra questi rientra il monitoraggio degli incendi che va dalla mappatura dei tipi e della quantità di combustibile, alla perimetrazione e all’analisi delle dinamiche di successione post-incendio ([11], [26]). Al giorno d’oggi, la disponibilità di immagini satellitari ad alta risoluzione, permette di mappare e monitorare gli incendi con un dettaglio molto maggiore rispetto al passato. In questo contesto, la costellazione di satelliti Sentinel lanciati dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), offre una serie di informazioni utili al monitoraggio delle risorse terrestri, inclusi gli incendi ([16]).
Obiettivo del presente lavoro è quello di individuare le aree percorse da incendio nel Parco Nazionale della Majella nell’estate del 2017 attraverso l’utilizzo di immagini satellitare ad alta risoluzione e di analizzare quali tipologie di vegetazione e habitat sono state maggiormente danneggiate attraverso l’impiego di analisi spaziali. Tali informazioni sono utili sia per fornire indicazioni gestionali per la prevenzione degli incendi nel territorio del parco, sia per programmare attività di monitoraggio ed eventuali interventi di ripristino o di messa in sicurezza.
Materiali e metodi
Area di studio
L’area attraversata dal fuoco si colloca, per la massima parte, sul versante occidentale del Monte Morrone, nei comuni di Caramanico Terme, Pacentro, Pratola Peligna, Roccacasale, Sant’Eufemia a Majella, Salle e Sulmona. Tale area ricade all’interno del Parco Nazionale della Majella, che coincide anche con la ZPS Parco Nazionale della Majella e del SIC Majella (Fig. 1).
Sotto il profilo dell’uso del suolo, tale territorio è caratterizzato principalmente da aree a pascolo naturale e prateria d’alta quota, aree a ricolonizzazione naturale, rimboschimenti a Pino nero, aree cespugliate e boschi misti.
Nel periodo 1997-2012 la superfice del parco percorsa dal fuoco è stata di 4171.12 ha con una media annua di 260.70 ha. Nello specifico, tre eventi eccezionali hanno interessato il territorio influenzando fortemente le statistiche: agosto 2000 che ha interessato una superficie di 1125 ha, 22 luglio e 30 agosto 2007 con una superfice di 1743 ha e 743 ha rispettivamente ([19]). Sempre nello stesso periodo, la superficie percorsa dal fuoco relativa ai comuni interessati è di 659.29 ha. Tuttavia, negli ultimi anni, nella zona attraversata dall’incendio dell’estate 2017, non sono stati registrati eventi di grande entità ([19]).
Acquisizione dei dati ed analisi
La mappatura delle aree incendiate è stata effettuata tramite l’analisi delle immagini satellitari Sentinel 2-A. Sentinel 2-A offre una serie di immagini ad alta risoluzione (da 10 a 60 metri) con 13 bande multispettrali e una risoluzione temporale di 5 giorni. Le immagini Sentinel vengono fornite gratuitamente (⇒ https://scihub.copernicus.eu/dhus) con un livello di pre-processamento denominato Level-1C il quale fornisce valori di riflettanza atmosferica.
Sono state acquisite due scene in date differenti, pre-incendio (Sentinel2-A T33TVG_A010844_20170720T1000 27) e post-incendio (Sentinel2-A T33TVG_A011659_20170 915T095829), con una copertura nuvolosa inferiore al 10%. Le immagini scaricate sono state corrette atmosfericamente tramite l’algoritmo Dark Object Subtraction (DOS - [5]). Tutte le operazioni sono state svolte utilizzando il Semi-Automatic-Classification plugin per QGIS ([7]).
Con l’immagine post incendio si è proceduto alla fotointerpretazione manuale a video del perimetro dell’incendio impiegando un’elaborazione in falso colore SWIR/ NIR/RED (bande 12/8A/4 - Fig. 2)
Fig. 2 - Immagine in falso colore (Sentinel 2-A 12/8A/4) dell’area pre-incendio (sinistra) e post-incendio (destra). Le aree in rosa sono quelle attraversate dal fuoco.
Successivamente, per entrambe le immagini, è stato calcolato il Normalized Burned Ratio Index (NBR - [15]). Con tale indice è possibile individuare non solo le aree interessate dal fuoco, ma anche il grado di severità. La vegetazione mostra alti valori di riflettanza nelle bande del vicino infrarosso (NIR) e bassi valori di riflettanza nella banda dell’infrarosso ad onda corta (SWIR), che è l’opposto di quello che accade nelle aree dove la vegetazione è stata percorsa dal fuoco. L’indice NBR può essere calcolato utilizzando la seguente equazione (eqn. 1):
L’indice NBR assume valori elevati in corrispondenza di vegetazione vigorosa e valori bassi nelle aree incendiate. La differenza tra i valori di NBR pre e post incendio fornisce la severità dell’incendio ([14] - eqn. 2):
Tali valori possono essere riclassificati utilizzando lo schema proposto da Key & Benson ([15] - Tab. 1).
Tab. 1 - Schema di classificazione del grado di severità secondo Key & Benson ([15]).
ΔNBR | Severità |
---|---|
<-0.25 | Ricrescita delle vegetazione elevata post-incendio |
-0.25 → -0.1 | Ricrescita delle vegetazione bassa post-incendio |
-0.1 → 0.1 | Non incendiato |
0.1 → 0.27 | Bassa severità |
0.27 → 0.44 | Da bassa a moderata severità |
0.44 → 0.66 | Da moderata a elevata severità |
> 0.66 | Elevata severità |
Infine, i valori di ΔNBR sono stati incrociati con la carta d’uso del suolo del Parco Nazionale della Majella ([3]) e la Carta degli Habitat Natura 2000 ([6]) tramite operazioni di overlay spaziale in ambiente GIS (software QGIS ver. 2.18) al fine di derivare informazioni sulle tipologie di vegetazione e uso del suolo più colpite dall’incendio.
Risultati
L’area totale interessata dall’incendio risulta essere pari a 2184 ha, di cui l’84% (1837 ha) ricade all’interno dei confini del Parco Nazionale della Majella (Fig. 3).
Fig. 3 - Perimetrazione dell’area percorsa da incendio. Sullo sfondo l’immagine in falso colore Sentinel 2-A 12/8A/4) dell’area post-incendio.
L’incendio si è esteso per il 98.55% tra i Comuni di Pacentro (28.86%), Pratola Peligna (19.36%) e Sulmona (50.33%), e per piccole porzioni nei comuni di Sant’Eufemia a Majella (1.01%), Caramanico Terme (0.31%), Salle (0.11%) e Roccacasale (0.02%).
Sono stati incendiati complessivamente il 19.02% del territorio comunale di Sulmona, il 14.78% del territorio comunale di Pratola Peligna e l’8.74% del territorio comunale di Pacentro e circa il 4% del Parco Nazionale della Majella.
I valori di ΔNBR variano da un minimo di -0.28 ad un massimo di 1.04, con un valore medio di 0.40 (deviazione standard = 0.20). La maggior parte della superficie è classificata con un grado di severità da basso a moderato (33% - 722 ha), seguito dalla classe da moderato ad elevato (26% - 574 ha) e dalla classe bassa severità (23% - 510 ha); la classe di severità elevata occupa il 12% (267 ha) della superficie, la classe non incendiata il 5% (112 ha), mentre sono trascurabili le altre categorie (Fig. 4)
Fig. 4 - Grado di severità dell’incendio ΔNBR, classificato in 5 categorie: non incendiato, basso, da basso a moderato, da moderato a elevato, elevato. Sullo sfondo l’immagine in colore naturale (Sentinel 2-A 4/3/2) dell’area.
Le categorie di uso del suolo presentano diversi livelli di grado di severità dell’incendio. In termini assoluti, la categoria che presenta i livelli maggiori di severità (elevato e da moderato a elevato) è aree a pascolo naturale e praterie d’alta quota (elevato = 92 ha; da moderato a elevato = 211 ha), seguita da brughiere e cespuglieti (elevato = 58 ha; da moderato a elevato = 95 ha), da aree a ricolonizzazione naturale (elevato = 40 ha; da moderato a elevato = 88 ha) e da i boschi di conifere (elevato = 33 ha; da moderato a elevato = 53 ha). In termini percentuali brughiere e cespuglieti hanno subito il maggior livello di disturbo (elevato = 18%; da moderato a elevato = 30%) seguite dalle aree a pascolo naturale e prateria d’alta quota (elevato = 16%; da moderato a elevato = 32%) e dai boschi misti di conifere e latifoglie (elevato = 20%; da moderato a elevato = 24% - Fig. 5).
Fig. 5 - Istogramma del grado di severità dell’incendio ΔNBR per categoria di uso del suolo. I valori sono riportati sia in termini di superficie assoluta (a) che percentuale della categoria (b).
Analizzando gli habitat Natura 2000 emerge che le superfici maggiormente attraversate dal fuoco risultano classificate come habitat 6170 Formazioni erbose calcicole alpine e subalpine (elevato = 62 ha; da moderato a elevato = 155 ha), seguite dall’habitat 9210* Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (che presenta gradi di severità più bassi) e dal 6210 Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia), che nell’area si rinviene anche in formazioni a mosaico con altri tipi di habitat prativi (6170), cespugliosi (4060) e su substrati rocciosi (8130-8210; rispettivamente ghiaioni e pareti). In relazione alla loro estensione l’habitat 4060 Lande alpine e boreali presenta gradi di severità più importanti (elevato = 23%; da moderato a elevato = 49%), seguito dagli habitat prativi 6170 e 6210 che possono trovarsi in mosaico con l’habitat 4060 (Fig. 6).
Fig. 6 - Istogramma del grado di severità dell’incendio ΔNBR per habitat Natura 2000. I valori sono riportati sia in termini di superficie assoluta (a) che percentuale della categoria (b).
Discussione
L’incendio del Monte Morrone nel Parco Nazionale della Majella è stato senza dubbio un evento molto importante, interessando circa 2100 ha di superficie di cui l’84% ricadente all’interno dei confini del Parco. Il più grande evento registrato nel parco è stato nel 2007 ed ha interessato circa 2500 ha ([26]).
Il grado di severità dell’incendio ha mostrato che alcune tipologie di uso del suolo hanno subito i danni maggiori. Nello specifico la categoria brughiere e cespuglieti ha mostrato i livelli di disturbo più elevati. Si tratta di formazione arbustive a dominanza di Juniperus communis var. saxatilis, classificate anche come habitat di interesse comunitario (habitat 4060). Tali comunità sono molto suscettibili al passaggio del fuoco e Juniperus communis mostra scarse capacità di rigenerazione anche se è capace di resistere ad eventi di bassa intensità ([13])
Un’altra tipologia di uso del suolo particolarmente interessata dall’incendio è stata quella delle aree a pascolo naturale e delle praterie d’alta quota. Si tratta delle tipologie di uso del suolo più estese nell’area. Molte di queste praterie sono classificate anche come habitat Natura 2000 (6170, 6210). Tali habitat sono tra i più diffusi sulle montagne dell’Appennino centrale e sono particolarmente ricchi di specie di flora ([10]). Al tempo stesso queste cenosi possiedono una resilienza molto elevata e sono capaci di recuperare velocemente dopo eventi di disturbo ([11]). Tuttavia eventi straordinari come l’incendio oggetto di studio, possono avere degli effetti molto importanti sulla struttura e la composizione specifica delle praterie. Alcuni studi hanno dimostrato un crollo della copertura della vegetazione appena dopo l’evento, seguito da un recupero che ha favorito l’abbondanza di graminacee ([27]).
I boschi di conifere che nell’area sono caratterizzati da rimboschimenti artificiali a Pinus nigra, hanno subito danni significativi. I rimboschimenti di conifere sono molto comuni in tutti gli Appennini: si tratta di impianti generalmente monospecifici, caratterizzati da elevata densità che ne determina una fragilità strutturale e problemi fitosanitari. Alle opere di rimboschimento non hanno quasi mai fatto seguito cure colturali adeguate ([18]). I mancati interventi determinano un’elevata quantità di biomassa che favorisce l’innesco e la propagazione degli incendi, soprattutto nelle resinose. Il Pino nero è noto per avere una scarsissima capacità di rigenerazione post-incendio, in quanto non è dotato di coni serotini e il seme è sensibile alle alte temperature ([9], [12]). Un precedente studio, condotto proprio nell’area del Parco Nazionale della Majella, ha dimostrato che il fuoco compromette la successione secondaria delle pinete verso il bosco misto (Pino nero, Faggio, Orniello e Aceri) deviandola, almeno nei primi anni, verso formazioni ad Orniello ed arbusti ([26]).
Importanti superfici percorse dal fuoco hanno interessato l’habitat 9210* Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex. Le faggete tollerano male il passaggio del fuoco ([25]) e la sopravvivenza dei semi appare molto improbabile. Tuttavia, nelle zone attraversate dal fuoco, i semi trasportati dai micromammiferi possono favorire la rigenerazione del faggio, che tende a riconquistare le aree incendiate ricreando formazioni monospecifiche ([26]).
Conclusioni
Il presente studio ha messo in evidenza come l’incendio del Monte Morrone abbia coinvolto molte tipologie di uso del suolo, con diversi livelli di severità che dipendono dalle caratteristiche stesse delle tipologie interessate. Nello specifico gli arbusteti, le praterie e i pascoli e i rimboschimenti di conifere sono le tipologie più colpite. Molte di queste tipologie sono classificate anche come habitat Natura 2000 e sono ricche di specie di flora, con elevati livelli di endemismi.
L’utilizzo di dati satellitari ed in particolare del satellite Sentinel 2-A ha permesso di delineare con elevata precisione le aree percorse dal fuoco e di calcolarne il grado di severità. In tal senso, l’utilizzo di questa tipologia di dati è di notevole aiuto per i ricercatori ma anche per gli operatori del settore, al fine di monitorare e valutare i danni causati da questo tipo di calamità.
Ringraziamenti
Si ringrazia lo European Forest Fire Information System (EFFIS) per aver fornito le statistiche aggiornate relative agli incendi 2017 in Italia.
References
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