“Fire Ecology Across Boundaries”: il Congresso Internazionale di Firenze dedicato agli incendi
Forest@ - Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale, Volume 17, Pagine 38-41 (2020)
doi: https://doi.org/10.3832/efor3415-017
Pubblicato: Apr 09, 2020 - Copyright © 2020 SISEF
Comunicazioni Brevi
Abstract
The current operating model based only on the approach of fire suppression has generated what experts call the “fire-paradox”: the control of all wildfires in the seasons with mild weather generates a fuel load which increases the probability of catastrophic wildfires in the years with extreme climate. Even though the fire has been present on earth long before man, and for at least 440 million years it has been an essential component of many land ecosystems, today wildfires are a recurrent social emergency that modern human and financial resources cannot manage. The present challenges stress the need to enhance the debate on potential solutions according to fire ecology: efficient alternatives to the wildfire suppression at all cost, the use of more traditional landscape management for adaptation of ecosystems under a changing climate, the benefits of prescribing fire to maintain long-term ecosystem services and finally the need to establish a wildfire risk culture through transdisciplinary science and enhance effective societal engagement. The “Fire Ecology Across Boundaries” Congress to be held in Florence from 20 to 23 October 2020 (⇒ http://fireacrossboundaries.org/) will be the opportunity to discuss the ecology and management of fire together with top international experts.
Keywords
Gli incendi boschivi sono uno dei principali fattori di disturbo delle foreste mediterranee ([17]). Sebbene nel sud Europa gran parte degli incendi siano contenuti tempestivamente grazie a servizi antincendio boschivo (AIB) sempre più efficienti, emergono con maggior frequenza eventi estremi che superano le capacità di controllo e divengono disastri ambientali, economici e sociali ([2], [5], [13]).
Il modello organizzativo basato sul solo potenziamento della lotta attiva, al fine di garantire l’estinzione di qualsiasi principio di incendio, ha generato quello che gli esperti definiscono il “paradosso del fuoco” ([15]): il controllo degli incendi nelle stagioni con meteorologia mite genera un accumulo di biomassa che aumenta la probabilità di incendi disastrosi negli anni a clima estremo. Gli effetti negativi del paradigma attuale e la necessità di una risposta che vada oltre l’approccio emergenziale vengono appresi maggiormente a seguito di stagioni critiche, durante le quali più incendi simultanei, spesso di vaste dimensioni, superano le capacità di risposta e mettono in crisi il sistema di lotta attiva. La recente stagione del 2019 sarà ricordata per i vasti incendi in Amazzonia (dove vi è stata una forte interazione con le pratiche di deforestazione), in Australia, Siberia e persino Groenlandia. Questi incendi hanno percorso milioni di ettari, portato l’attenzione dei mass media sulle difficoltà delle forze di estinzione, causato centinaia di vittime e prodotto enormi emissioni di anidride carbonica che alimentano in un feedback positivo il surriscaldamento globale.
Nonostante gli incendi siano oggi un pericolo per la nostra società, il fuoco è presente sulla terra da molto prima dell’uomo, e da almeno 440 milioni di anni è una componente essenziale di molti ecosistemi terrestri, “ne condivide la diversità, la complessità e la specificità del mondo vivente” ([18]). Uno studio di Shlisky et al. ([20]) mostra come il 53% delle ecoregioni del mondo risultino ecosistemi fire-dependent, nei quali uno specifico regime di fuoco rappresenta un essenziale fattore abiotico che ha contribuito a plasmare e sviluppare per millenni gli adattamenti delle specie in quell’ambiente. Alcune specie possiedono strutture anatomiche e processi biologici atti ad evitare i danni della fiamma, come cortecce spesse, rapida crescita nel periodo giovanile o scarsa infiammabilità e vengono definite “pirofite passive”; le “pirofite attive”, hanno invece sviluppato meccanismi di riproduzione in grado di sfruttare tempestivamente le condizioni post-incendio per riprodursi (Fig. 1). Ad esempio, il calore generato dall’incendio di chioma favorisce l’apertura dei coni serotini nel Pinus halepensis, e la conseguente dispersione dei semi alla prima stagione vegetativa post-incendio. Gli stessi paesaggi forestali sono stati modellati dal fuoco: si pensi ad esempio al bush australiano interessato dagli incendi a fine 2019, al chaparral californiano, o anche al più familiare paesaggio mediterraneo (Fig. 2), dove “le macchie, le pinete, le sugherete e in generale il bosco sclerofillo non sarebbero ciò che sono senza il secolare passaggio del fuoco” ([9]). Nella determinazione del paesaggio mediterraneo, non solo il fuoco naturale, ma anche il fuoco per fini agro-silvo-pastorali ha avuto un ruolo fondamentale ([1]).
Fig. 1 - Rinnovazione di pino marittimo in un rimboschimento di conifere mediterranee interessato da un incendio di elevata severità nel Parco Nazionale del Vesuvio durante l’estate del 2017 (Foto: D. Ascoli).
Fig. 2 - Ad appena un mese dall’incendio (avvenuto il 13 Luglio 2019 a Tortolì, Sardegna) e nonostante precipitazioni pressoché nulle, la macchia mediterranea mostra la sua resilienza al passaggio del fuoco con la rinascita di vigorosi polloni (Foto: N. De Agostini).
Myers ([16]) definisce il regime di fuoco come “un insieme di condizioni ricorrenti del fuoco che caratterizzano un dato ecosistema”. È necessario quindi studiare a fondo le cause dei regimi di incendio e quei fattori che trasformano un processo ecologico in una ricorrente emergenza sociale che le moderne risorse umane e finanziarie non riescono a governare. Come affermano ricercatori sia italiani che stranieri esperti nella problematica degli incendi, “gli incendi boschivi stanno cambiando” ([5], [15]). È stata osservata una mutazione del fenomeno negli ultimi decenni in termini di intensità, frequenza e severità che gli stessi ecosistemi fire-dependent faticano a tollerare, a causa di quelli che oggi vengono definiti “incendi estremi” ([22]) e dei ridotti tempi di ritorno del fuoco sulle stesse superfici.
Una delle cause che ha aggravato il fenomeno, portando ad un’alterazione del regime del fuoco storico su scala globale, è il cambiamento climatico. Si è riscontrato un aumento degli eventi in zone che prima non erano esposte alla minaccia degli incendi ([14]) ed allo stesso modo si è riscontrata un’estensione della stagione di alto pericolo nelle zone già soggette. In queste ultime poi, bastano anche pochi giorni con condizioni metereologiche estreme (forti venti, bassa umidità relativa, alte temperature e prolungata siccità) per determinare incendi vasti, che incidono in modo significativo sul valore di superficie percorsa di un’intera annata, come è successo in Toscana nel 2018. Purtroppo, le previsioni sulla crisi climatica indicano un aggravarsi di questa tendenza e secondo Dury et al. ([7]), “nel bacino mediterraneo per la fine del corrente secolo è previsto un incremento di superficie percorsa da incendi per un fattore da 3 a 5 volte rispetto alla situazione attuale”.
Tuttavia, il cambiamento climatico è solo uno degli aspetti di aggravamento del fenomeno. Le foreste italiane si stanno espandendo di circa 30.000 ettari all’anno, di cui solo 1.700 sono dovuti a interventi di rimboschimento ([19]). Secondo il Report del 2015 di Forest Europe, la stessa tendenza si rileva in tutta Europa. In Italia, notevoli processi di abbandono del territorio sono avvenuti nel corso degli ultimi 50 anni; oltre ad un problema di deterioramento del paesaggio culturale e naturale, l’abbandono gestionale e l’incuria aumentano la vulnerabilità del territorio: l’abbandono delle risorse forestali ha aumentato la biomassa e la necromassa potenzialmente combustibile ([10], [12]). La problematica dei boschi di neoformazione si riflette particolarmente sugli incendi di interfaccia urbano-foresta o urbano-rurale. Laddove prima gli incendi incontravano pascoli gestiti e oliveti puliti, ora trovano una vegetazione densa che talvolta s’inserisce fin dentro l’area urbana o accerchia insediamenti turistici portando il fuoco fra le case. Nell’ultimo decennio infatti, abbiamo assistito in tutto il mondo ad eventi drammatici per quanto riguarda gli incendi nelle zone d’interfaccia. L’aggravarsi di questo tipo di eventi ha scosso la popolazione con l’effetto di accrescere il pregiudizio sul fuoco, che da strumento tradizionalmente impiegato in ambiente rurale per molteplici finalità, diviene minaccia da controllare con ogni mezzo, da fattore ecologico periodico ad avvenimento eccezionale di protezione civile, così da essere “quasi criminalizzato da una prospettiva urbano-centrica ed un pregiudizio fuoco-fobico” ([21]).
Emerge quindi la necessità di rafforzare il dibattito sulle potenziali soluzioni al problema incendi. In alcuni Paesi l’uso del fuoco prescritto per molteplici obiettivi di gestione del territorio è consolidato e riconosciuto e sta dando buoni risultati ai fini della prevenzione integrata con la conservazione degli habitat e dei pascoli ([8]). In diverse regioni italiane da alcuni anni è cresciuto l’interesse per le tecniche di uso del fuoco ([1]) che sono state regolamentate in leggi regionali e nei Piani Regionali AIB come strumento di prevenzione e lotta ([4]). Le alternative efficaci da integrare con l’estinzione sono molteplici, come la pianificazione di territori resistenti e resilienti agli incendi grazie a politiche forestali, agricole, di conservazione della natura e urbanistiche integrate ([11]); la gestione tradizionale del paesaggio per adattare gli ecosistemi in un contesto di cambiamento climatico; l’esigenza di promuovere una cultura del rischio condiviso attraverso un’azione interdisciplinare che migliori la comunicazione con la società; la necessità di aggiungere al processo decisionale i rischi a lungo termine: la stabilità di delicate economie rurali, la creazione di nuovi mosaici paesistici, la protezione dei servizi ecosistemici ([6]).
Il Congresso Fire Ecology Across Boundaries che si terrà a Firenze dal 20 al 23 ottobre (⇒ http://fireacrossboundaries.org/) sarà l’opportunità per discutere di tutti questi temi, riguardanti l’ecologia e la gestione del fuoco in un paesaggio e clima che cambiano, assieme ai massimi esperti internazionali. Durante la conferenza si tratterà della situazione globale degli incendi forestali, delle sfide a livello locale dovute ad una crisi climatica mondiale, delle incertezze da affrontare e delle potenzialità dell’ecologia del fuoco per ottimizzare le strategie di adattamento e mitigazione del fenomeno. Quest’ultimo sarà il tema centrale del congresso, con l’obiettivo di accrescere lo scambio di conoscenze, oltre i confini geografici e disciplinari, per trovare soluzioni che prevedano processi di equilibrio ecologico.
Parteciperanno professionisti, scienziati, politici, divulgatori ed altri rappresentanti di organizzazioni internazionali, regionali e locali. Il Congresso prevede 4 giorni di workshop, presentazioni su sessioni parallele, attività di networking ed escursioni con visite a cantieri di fuoco prescritto. Inoltre, il primo giorno il congresso ospiterà un film festival aperto a tutti i cittadini con la presentazione di cortometraggi sul tema dell’ecologia del fuoco ed una mostra fotografica. Questo evento infatti, vuole essere anche un punto di incontro per la condivisione di conoscenze tra coloro che hanno maggiore esperienza accademica o operativa, e coloro che vogliono acquisire maggiori conoscenze per capire il modo migliore di affrontarlo.
Bibliografia Citata
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