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Removal of airborne particulate matter (PM10 and PM2.5) in three protected areas and two historic parks in the city of Rome during the lockdown period (March-April 2020)

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 17, Pages 78-87 (2020)
doi: https://doi.org/10.3832/efor3577-017
Published: Aug 27, 2020 - Copyright © 2020 SISEF

Research Articles

Abstract

Airborne particulate matter (PM) has been widely demonstrated to play a role in the increase in mortality linked to cardio-respiratory diseases, in the reduction of immune system defense mechanisms, and in the transmission of pathogens. Equally accepted is the role that trees play in fine particulate matter absorption in urban areas. This study examined the capacity of particulate reduction in three protected areas in Rome within the park and nature reserve system managed by the regional organization “RomaNatura” (Riserva Naturale della Marcigliana, Riserva Naturale della Valle dell’Aniene and Parco Regionale Urbano di Aguzzano) and two historic Roman parks (Villa Ada and Villa Borghese). The study was held in March and April 2020 during the COVID 19 lockdown period. Due to the impossibility of physically gathering data and recording measurements in the field in order to define the biophysical characteristics of the areas under study, remote sensing techniques were utilized. Although such techniques may be influenced by a degree of uncertainty in the absence of calibration procedures based on in-field inspection and verification, they still constitute a preliminary phase for further investigation, especially for studying difficult-to-access areas or for project research with limited resources. The average quantities of fine and ultrafine particulate matter captured during the two-month period were 4.330.22 ± 1.429.54 Kg di PM10 and 373.33 ± 124.01 Kg di PM2.5. This data is not directly comparable to the results of similar studies conducted in much larger areas over longer periods of time. It nevertheless shows that remote sensing techniques based on free access databases and open source software can be employed by a community of motivated citizens with basic technical and scientific knowledge; it can also be a powerful means of awareness-building and involvement in the conservation of urban forests.

Keywords

Urban Forests, Particulate Matter, PM10, PM2.5, Remote Sensing, Reflectance

Introduzione 

La correlazione tra la concentrazione atmosferica delle polveri sottili e la diffusione del coronavirus SARS-CoV-2 responsabile della malattia respiratoria COVID-19, è tuttora dibattuta. Nel position paper della Società Italiana di Medicina Ambientale ([34]) si sostiene il ruolo di carrier del particolato per il trasporto di molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus e si ipotizza che la elevata concentrazione atmosferica delle polveri sottili in particolari aree geografiche possa aver avuto un ruolo importante come impulso alla diffusione dell’epidemia COVID-19. Tuttavia altri studi ([32]) ritengono che tale ipotesi debba essere ancora scientificamente dimostrata. È invece noto il ruolo del particolato atmosferico nell’aumento significativo della mortalità legata a patologie cardio-respiratorie ([19], [12], [23]), nella riduzione delle difese immunitarie ([11]) e nella trasmissione di patogeni ([31], [6]). Altrettanto nota è la funzione che gli alberi possono svolgere nella rimozione delle polveri sottili ([30], [10]), in particolare nell’ambiente urbano.

Il presente studio è stato condotto nei mesi di marzo e aprile 2020 durante il periodo di lockdown imposto dall’emergenza COVID-19, per calcolare la capacità dei boschi urbani di catturare il particolato atmosferico PM10 e PM2.5. Tuttavia l’impossibilità di svolgere rilevazioni e misurazioni dirette sul campo dovuta alla condizione di lockdown ha richiesto la definizione di un metodo alternativo alle normali procedure di studio dei parametri biofisici forestali. Il metodo adottato si basa interamente su tecniche di remote sensing e sull’uso di immagini ottiche multispettrali in alta risoluzione per individuare e mappare la superficie dei boschi urbani e la loro tipologia prevalente (conifere e latifoglie) e per stimare l’indice di superficie fogliare, indipendentemente dalle misurazioni dirette sul campo. Tale approccio può rivelarsi risolutivo in presenza di particolari condizioni ambientali che rendono difficile o impossibile l’accesso alle aree di studio, ovvero fornire informazioni preliminari per progetti di ricerca più approfonditi.

L’esame ha riguardato tre aree protette romane inserite nel sistema dei parchi e delle riserve naturali gestite dall’ente regionale RomaNatura, Riserva Naturale della Marcigliana, Riserva Naturale della Valle dell’Aniene e Parco Regionale Urbano di Aguzzano, e due ville storiche romane, Villa Ada e Villa Borghese (Fig. 1).

Fig. 1 - Area di studio (1. Villa Borghese; 2. Villa Ada; 3. R.N. Valle dell’Aniene; 4. P.R.U. Aguzzano; 5. R.N. Marcigliana).

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Villa Ada

La villa si estende per circa 155 ha nel settore nord della città, tra la via Olimpica, via Salaria, via Panama e via della Moschea. Circa 133 ha (l’86% della superficie) è coperto da aree boscate, la restante parte ospita edifici, vaste aree a prato e un laghetto artificiale. La vegetazione, rappresentata da strutture arboree e arbustive ricche di specie, è distribuita in estese fasce di essenze omogenee o in associazioni di specie, interrotte da aree di prato, radure e zone arbustive. Caratteristiche sono le formazioni dominate dal leccio (Quercus ilex L.), le formazioni arboree di alloro (Laurus nobilis L.) e le formazioni di quercia da sughero (Quercus suber L.). Caratteristica è anche la presenza di specie alloctone relativamente rare come Metasequoia glyptostroboides Hu & Cheng. Gli impianti di conifere dominati da Pinus pinea L. con esemplari sparsi di Pinus pinaster Aiton si estendono principalmente nel settore settentrionale (Monte Antenne), in quello sud occidentale (Villa Polisenna) e in parte del settore centrale (Colle delle Cavalle Madri). Le fitocenosi seminaturali, in buono stato di conservazione e con discreta capacità rigenerativa, consistono in una macchia molto fitta con uno strato arboreo alto da 10 a 15 m (copertura superiore all’85%) ed in un sottobosco pluristratificato nel quale si aprono modeste radure (settori centrali, occidentali e meridionali). Dal punto di vista floristico le aree boscate sono caratterizzate dalla prevalenza del leccio e dell’alloro, accompagnati nel sottobosco da Hedera helix L., Clematis vitalba L., Rhamnus alaternus L., Crataegus monogyna Jacq. e Viburnum tinus L. Nei settori maggiormente umidi è presente Sambucus nigra L. e Pteridium aquilinum L. (Kuhn). Tra le latifoglie caducifoglie è da segnalare Ulmus minor Mill., Fraxinus ornus L. e Tilia cordata Mill. ([7]).

Riserva Naturale della Valle dell’Aniene

La riserva ha una superficie di circa 646 ha con sviluppo lineare in direzione E-W, dal Grande Raccordo Anulare alla confluenza del fiume Aniene nel Tevere. Poco più della metà dell’area protetta è coperta da formazioni arboree e arbustive con rilevante presenza di specie alloctone invasive, mentre la parte restante è costituita per il 5% da acque correnti (fiume Aniene e fosso della Cervelletta), terreni agricoli, verde urbano attrezzato, insediamenti abitativi, edifici militari (caserma Gandin), industriali (depuratore Roma est) e storici (casale e torre della Cervelletta). La riserva si sviluppa quasi esclusivamente sui fondovalle alluvionali e questo fa si che le tipologie vegetazionali più strettamente legate al fiume e alla superficialità della falda si esprimano qui in maniera marcata. La vegetazione arborea igrofila costituita da pioppi e salici, con rara presenza locale di farnia, occupa il 6.5% del territorio e si sviluppa linearmente, compressa dalle superfici coltivate soprattutto lungo le sponde dell’Aniene e del fosso della Cervelletta. Altrove, lungo le sponde e sugli argini fluviali sono presenti comunità arbustive e alto-erbacee caratterizzate da cannuccia di palude, tifa e numerose specie erbacee. Nelle parti più alte e più aride degli argini prevale la canna Arundo pliniana Turra, il sambuco nero, l’ebbio e il rovo. Grande assente nella riserva è il querceto: vi sarebbe buona possibilità per il bosco di farnia ma l’intenso uso del territorio ne ha quasi completamente eliminato le tracce. Negli ambiti di pertinenza del querceto a farnia si sviluppa invece la vegetazione arborea di sostituzione a robinia e olmo (circa il 5% della superficie). Al di fuori dei fondovalle alluvionali troviamo la vegetazione erbacea delle praterie soggette a sfalcio e/o pascolo, degli incolti recenti, degli incolti più strutturati e degli ambienti ruderali. La riserva presenta una limitata estensione di formazioni forestali autoctone che si distribuiscono su superfici esigue con forme allungate e presentano pertanto un elevato grado di vulnerabilità ([4]).

Parco Regionale Urbano di Aguzzano

Il Parco si estende in direzione NE-SW per circa 60 ha nel settore nord est della capitale. È compreso tra le vie consolari SP22/a Nomentana e SS5 Tiburtina e si affaccia sui quartieri di Rebibbia, Casal de’ Pazzi, Podere Rosa e San Basilio. Il territorio del parco occupa per gran parte il fondovalle del fosso di San Basilio prima della confluenza nel collettore fognario e in parte minore le ultime propaggini delle diramazioni secondarie del crinale di Aguzzano. L’area non presenta cenosi vegetali di elevata qualità ambientale e risente di un evidente grado di alterazione rispetto all’assetto potenziale. La vegetazione ripariale lungo il fosso di San Basilio con Salix alba L. e Populus alba L. rappresenta l’elemento maggiormente caratterizzante a cui si associano compatte formazioni con Rubus ulmifolius Shott, Arundo pliniana Turra, Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steud. e Arundo donax L. Le aree di prateria secondaria, oltre il 50% dell’intera superficie, in passato intensamente sfruttate per il pascolo, sono caratterizzate da Lychnis alba Mill., Eruca sativa Mill., Galega officinalis L., Verbascum sinuatum L., Malva sylvestris (L.) Mill., Taraxacum officinale (L.) Weber ex Wigg. e Daucus carota L. Sono inoltre presenti alberature di impianto antropico a Pinus pinea L. anche di rilevanti dimensioni e Quercus ilex L. e, gestiti a ceppaia, Platanus × acerifolia L. e Populus × canadensis Moench. Diffuse, soprattutto nelle aree più marginali e degradate, le specie alloctone invasive Robinia pseudoacacia L. e Ailanthus altissima (Mill.) Swingle ([28]).

Riserva Naturale della Marcigliana

I 4970 ha di superficie della riserva sono destinati prevalentemente ad uso agricolo (circa il 75%), spesso a monocolture estese senza mosaico con appezzamenti di incolti o prati-pascolo. La cerreta, governata per la maggior parte a ceduo matricinato, è la tipologia forestale più diffusa e occupa oltre il 9% del territorio. A causa dell’attività agricola questi boschi si sono mantenuti quasi esclusivamente in corrispondenza dei versanti del sistema collinare. Oltre al cerro vi si ritrovano l’orniello, l’acero oppio, la roverella, il carpino nero. Al piede dei versanti, le cerrete si arricchiscono con la farnia. Una frazione molto limitata del territorio (0.02%) è coperta da boschi di roverella con sporadiche presenze di leccio e albero di Giuda. Il 2.6% del territorio è coperto da boscaglie costituite da vegetazione arborea di sostituzione a olmo e robinia e il 2% da arbusteti di sostituzione caratterizzati dalla ginestra nelle stazioni più soleggiate o da rovi e olmi nei settori più freschi. Lungo i fossi principali della riserva si ritrovano lembi di vegetazione arborea igrofila con salici e pioppi ad estensione prevalentemente lineare, che occupano poco più dell’1% del territorio. Altrove alla vegetazione arborea ripariale si sostituiscono comunità arbustive e alto-erbacee estese per lo 0.7% del territorio (canneti, sambuco, raramente tifa). Il 3.5% è occupato da prati stabili su terreni non alluvionali, mentre meno diffuse (0.5%) sono le praterie stabili di fondovalle. Dal punto di vista floristico la notevole estensione della riserva determina la presenza di una elevata diversità di specie prevalentemente autoctone ([5]).

Villa Borghese

Villa Borghese con i suoi 126 ha è una delle grandi ville storiche della capitale posta al centro della città tra via Pinciana, viale del Muro Torto, Piazzale Flaminio e via Aldrovandi. Caratterizzata per i suoi edifici storici, fontane e monumenti, possiede però anche una ricca vegetazione arborea principalmente di impianto antropico che occupa il 59% della sua superficie ed è dominata tra le conifere dal pino domestico e tra le latifoglie sempreverdi dal leccio a cui si associa l’alloro in forma arborea. Il resto della villa ospita edifici di notevole interesse storico-artistico (Galleria Borghese), culturale (Casa del Cinema), ricreativo (Silvano Toti Globe Theatre), oltre al Bioparco di Roma, al galoppatoio di Piazza di Siena e a vaste aree a prato di fruizione pubblica. Recentemente l’amministrazione comunale ha avviato il monitoraggio delle alberature vetuste, soprattutto pini domestici senescenti, volto a mettere in sicurezza il patrimonio arboreo e ridurre il rischio di crolli. Notevole è anche la presenza di specie alloctone, introdotte per motivi ornamentali. Gli strati arbustivo e erbaceo risultano particolarmente degradati a causa del fortissimo e continuo calpestio che si verifica anche al di fuori dei viali di percorrenza.

Materiali e metodi 

Per valutare la capacità di rimozione del particolato aerodisperso nelle cinque aree di studio sono stati condotti tre tipi di analisi: (i) il calcolo della superficie (A) dei boschi urbani; (ii) la stima dell’indice di area fogliare (LAI) relativo ai mesi di marzo e aprile 2020; (iii) il calcolo del flusso del particolato (F) intercettato dagli alberi e della quota riemessa in atmosfera (r%).

Per le analisi sono state utilizzate immagini multispettrali prodotte dal satellite Sentinel-2A del programma Copernicus dell’Agenzia Spaziale Europea (i prodotti delle missioni Sentinel A e B 1, 2 e 3 sono accessibili dal portale Copernicus Open Access Hub dopo registrazione gratuita). In precedenti studi sui servizi ecosistemici e sulla capacità di rimozione del PM10 condotti nella città di Roma ([21]), sono state utilizzate immagini LANDSAT 5 TM che tuttavia mostrano una risoluzione spaziale di 30 m, meno dettagliata di quella dei prodotti Sentinel-2 (Tab. 1). Diversamente, la risoluzione spettrale dei prodotti Sentinel-2 è in genere più stretta di quella dei sensori LANDSAT, e ciò permette una migliore riduzione delle interferenze atmosferiche. Inoltre la risoluzione radiometrica dei sensori Sentinel è di 12 bit che corrisponde a 4096 livelli di intensità luminosa (livelli di grigio) per ciascuna banda, diversamente dai sensori LANDSAT che registrano immagini con intensità luninosa di 6 bit (64 livelli di grigio). Queste considerazioni hanno fatto ritenere opportuno l’utilizzo, nell’ambito dei prodotti non commerciali e di libero accesso, delle immagini multispettrali in alta risoluzione Sentinel-2.

Tab. 1 - Bande, lunghezze d’onda centrale, larghezza della banda e risoluzione spaziale delle immagini multispettrali acquisite dal satellite Sentinel 2A.

Banda Lunghezza d’onda
centrale (nm)
Larghezza
(nm)
Risoluzione
spaziale (m)
Descrizione
B1 443 20 60 Ultra blue (Coastal and Aerosol)
B2 490 65 10 Blue
B3 560 35 10 Green
B4 665 30 10 Red
B5 705 15 20 Visible and Near Infrared (VNIR)
B6 740 15 20 Visible and Near Infrared (VNIR)
B7 783 20 20 Visible and Near Infrared (VNIR)
B8 842 115 10 Visible and Near Infrared (VNIR)
B8a 865 20 20 Visible and Near Infrared (VNIR)
B9 940 20 60 Short Wave Infrared (SWIR)
B10 1375 30 60 Short Wave Infrared (SWIR)
B11 1610 90 20 Short Wave Infrared (SWIR)
B12 2190 180 20 Short Wave Infrared (SWIR)

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Calcolo della superficie dei boschi urbani

Per quantificare l’area coperta degli alberi e degli arbusti nelle cinque aree di studio è stata effettuata un classificazione supervisionata di una immagine multispettrale Sentinel 2A acquisita il 30 giugno 2019. Per la classificazione supervisionata è stato utilizzato il software open source SNAP 7.0.0 rilasciato dall’ESA appositamente per l’analisi e il trattamento dei prodotti Sentinel. Il sistema mette a disposizione dell’utente diversi algoritmi di classificazione supervisionata in base al tipo di dati di cui si dispone e alla precisione dei risultati che si desidera ottenere. Nel presente studio è stato utilizzato il metodo statistico “Random Forest” che si è rivelato il più robusto ed affidabile per individuare gli ambienti naturali e seminaturali e al loro interno le formazioni di conifere e le formazioni di latifoglie. Poiché lo studio prende in esame solo il periodo primaverile, si è deciso di non operare un’ulteriore suddivisione tra latifoglie decidue e sempreverdi. Per un esame approfondito della procedura statistica Random Forest e delle tecniche di machine learning si rimanda a Hastie et al. ([14]) e Breiman ([3]); in particolare per le applicazioni in Ecologia si veda Elith et al. ([8]).

La prima fase dell’analisi, definita “fase di training” ha richiesto l’individuazione di un certo numero di aree di training, cioè zone campione rappresentative delle classi d’uso del suolo, necessarie per addestrare l’algoritmo di classificazione. Sono state definite le seguenti sette classi:

  • acque interne (Tevere, Aniene e altre raccolte naturali e artificiali di acque);
  • aree agricole (varie tipologie, irrigue e non irrigue);
  • formazioni di conifere con forte prevalenza di Pinus pinea L.;
  • tessuto urbano (edifici, infrastrutture industriali, aree commerciali);
  • formazioni di latifoglie dominate da Quercus ilex L. e, nei settori ripariali, da Salix alba L. e Populus spp.;
  • terreno nudo (affioramenti rocciosi e formazioni artificiali prive di vegetazione);
  • vie di comunicazione (rete stradale, autostradale e ferroviaria).

Nell’impossibilità di effetture rilevamenti sul terreno a causa del lockdown, le aree di training sono state tracciate sulla base dell’immagine multispettrale. In particolare per l’esame della vegetazione è risultata particolarmente utile l’osservazione in color composite B8, B4 e B3 poiché sovrapponendo queste tre bande i pixel associati alla vegetazione appaiono di colore rosso brillante e si differenziano in modo netto dalle altre classi di uso del suolo (Fig. 2). Inoltre è stato possibile separare in prima approssimazione le conifere dalle latifoglie, per i diversi valori di riflettanza nell’infrarosso vicino (Fig. 3) .

Fig. 2 - Particolare dell’area di studio osservata in color composite 8 4 3. Secondo la composizione RGB alla banda B8 (infrarosso vicino) viene assegnato il colore fondamentale rosso, alla banda B4 (rosso) il colore fondamentale verde e alla banda B3 (verde) il colore fondamentale blu. Poiché la clorofilla presenta un’alta riflettanza nell’infrarosso vicino, più bassa nel rosso e variabile nel verde a seconda del contenuto di acqua, la vegetazione apparirà di colore rosso. Nell’immagine si nota Villa Ada a sinistra e parte della R.N. Valle dell’Aniene al centro.

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Fig. 3 - Firme spettrali per latifoglie e conifere. Le firme spettrali rappresentano la riflettanza, cioè la percentuale dell’energia radiante incidente su un corpo in ciascuna lunghezza d’onda, che viene riflessa. La vegetazione assume valori di riflettanza particolarmente elevati intorno agli 800 nm, nell’infrarosso vicino. In questa regione le firme spettrali delle latifoglie e delle conifere mostrano anche la loro massima separazione. La motivazione fisica di questo fenomeno è dovuta alle caratteristiche morfologiche delle foglie. Le foglie aghiformi delle conifere hanno una superficie ridotta rispetto alle latifoglie e quindi la radiazione incidente su di esse verrà riflessa in misura minore. Nel grafico la riflettanza non è espressa in % ma in dl (dimensionless) poiché i prodotti Sentinel di livello 1 C non sono calibrati “Bottom of Atmosphere” ([39]).

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Per verificare l’accuratezza della classificazione il software SNAP 7.0.0 mette a disposizione una procedura per il calcolo della matrice di confusione. Sono stati utilizzati 72 punti di controllo al suolo selezionati sulla base delle ortofotocarte ad alta risoluzione disponibili dal Portale Cartografico della Regione Lazio ed è stata generata la matrice riportata in Tab. 2 che indica una accuratezza dell’82.35% nella classificazione delle conifere e del 100% nella classificazione delle latifoglie (le altre cinque classi di uso del suolo sono state raggruppate sotto la voce “Altro”).

Tab. 2 - Matrice di confusione. Nelle righe è riportato il numero di pixel di controllo riconosciuti dall’operatore come appartenenti alla classe in esame e assegnati correttamente o meno dall’algoritmo di classificazione. La colonna “a” riporta il totale dei pixel di controllo relativi a ciascuna classe. Lungo la diagonale è presente il numero di pixel di controllo identificati correttamente dall’algoritmo, mentre nella colonna “c” è riportato per ciascuna classe il numero di pixel assegnati in maniera errata. L’accuratezza della classificazione è riportata nella colonna “b” ed è calcolata come rapporto tra numero di pixel correttamente assegnati e numero totale di pixel della classe in esame. L’accuratezza totale è la media delle accuratezze di ciascuna classe.

- Conifere Latifoglie Altro a b c
Conifere 14 0 3 17 82.35% 3
Latifoglie 0 10 0 10 100% 0
Altro 1 0 44 45 97.78% 1
- 15 10 47 72 93.38% -

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Da ultimo, limitando l’esame alle sole conifere e latifoglie è stato calcolato il coefficiente k ([18], [24]) che è risultato pari a 0.776, indicando una sostanziale concordanza nell’attribuzione delle due classi con la realtà al suolo riportata nell’immagine multispettrale.

Indice di area fogliare (LAI)

L’indice di area fogliare (LAI - Leaf Area Index) è definito come rapporto tra metà della superficie fogliare totale verde e la superficie orizzontale del terreno su cui si proietta l’ombra della chioma ([9]) ed è quindi un indice adimensionale [m2 m-2]. La superficie delle foglie che svolge la fotosintesi è l’interfaccia per lo scambio di energia e massa tra la copertura vegetale e l’atmosfera, pertanto l’indice LAI è uno dei più importanti parametri biofisici utilizzati nei modelli ecologici. I metodi di stima del LAI possono basarsi su rilevazioni di campo (ground-based methods), ad esempio attraverso l’analisi delle fotografie emisferiche riprese alla base degli alberi, o attraverso tecniche di remote sensing. Per questo secondo approccio esistono sostanzialmente due modalità: (i) il calcolo dei principali indici di vegetazione (RVI, NDVI, SAVI, EVI) e la ricerca di relazioni empiriche tra questi e il LAI attraverso tecniche di regressione lineare e non-lineare; (ii) l’uso dei dati normalizzati di riflettanza spettrale della vegetazione e del suolo e l’applicazione di modelli di calcolo basati sullo sviluppo di reti neurali ([36]).

Sentinel Toolbox® attraverso il processore Biophysical Processor dispone di algoritmi specifici per la stima delle variabili biofisiche della vegetazione (LAI, FAPAR, FVC, CCC, CWC) basati sull’implementazione di reti neurali ([38]) ed è stato pertanto utilizzato nel presente studio per il calcolo dell’indice LAI. Per un esame dettagliato degli algoritmi implementati in Biophysical Processor si rimanda a Weiss & Baret ([39]).

La stima dell’indice di area fogliare nelle aree di studio è stata effettuata sulla base di due immagini multispettrali acquisite dal satellite Sentinel 2A, il 16 marzo 2020 e il 10 aprile 2020.

Concentrazione atmosferica del particolato (C)

Le concentrazioni atmosferiche orarie del particolato fine e ultrafine nei due mesi di studio sono state ottenute dalla media dei valori delle stazioni di rilevamento ARPA Lazio più vicine alle aree di studio: Villa Ada, Tenuta del Cavaliere, Bufalotta e Tiburtina per il PM10 e Villa Ada e Tenuta del Cavaliere per il PM2.5 (Tab. 3).

Tab. 3 - Stazioni di rilevamento ARPA Lazio utilizzate.

Stazione Tipo Lat N Long E Quota
(m s.l.m.)
Villa Ada Background urbano 41.932874 12.506971 50
Cavaliere Background suburbano 41.929383 12.658363 48
Bufalotta Background urbano 41.947649 12.533682 41
Tiburtina Traffico urbano 41.910257 12.548870 32

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Inoltre sono stati acquisiti i dati orari di piovosità e velocità del vento dal primo marzo al 30 aprile 2020 tramite la stazione di rilevamento del Servizio Integrato Agrometeorologico dell’ARSIAL di Roma, v. Laciani 38.

Rimozione del particolato

La rimozione del particolato atmosferico da parte degli alberi non è direttamente correlata alle funzioni fisiologiche di traspirazione e fotosintesi. In assenza di piogge le foglie intercettano meccanicamente le polveri sottili, una quota delle quali viene risospesa in atmosfera e la restante parte viene trattenute dai peli e dalla cuticola cerosa per tornare al suolo dopo la caduta delle foglie. La vegetazione può essere quindi considerata un “filtro transitorio” del particolato aerodisperso, riuscendo tuttavia in particolari condizioni a ridurne sensibilmente la concentrazione atmosferica locale.

In presenza di piogge, quando le precipitazioni raggiungono il valore soglia di 0.2 mm ([37], [16]) si ritiene che tutto il particolato venga dilavato dalle foglie e rilasciato al suolo e la capacità di rimozione risulti nulla. Lo studio pertanto prende in esame la deposizione del particolato sulle foglie nei giorni privi di precipitazioni o con quantità di pioggia ≤ 0.2 mm.

L’efficienza di cattura del particolato da parte della vegetazione è legata alle caratteristiche delle piante, alla struttura morfo-anatomica delle foglie e alla particolare distribuzione spaziale dei boschi ([33]). Inoltre, numerosi fattori ambientali quali l’umidità e la temperatura dell’aria, la velocità del vento e la concentrazione atmosferica del particolato, influenzano direttamente la capacità di abbattimento svolto dagli alberi.

Nowak et al. ([27]) indicano la quantità totale di polveri sottili e ultrasottili rimosse dagli alberi, Q [μg], come il prodotto, calcolato su tutto il periodo di osservazione, T [h], del flusso delle particelle intercettate dalle foglie, F [μg m-2 h-1], dell’indice di superficie fogliare, LAI [m2 m-2] e dell’area coperta dagli alberi, A [m2], meno la percentuale di polveri sottili risospese in atmosfera, r%. Il flusso F a sua volta è dato dal prodotto della velocità di deposizione Vd [m h-1] e della concentrazione atmosferica del particolato, C [μg m-3].

PM2.5

Per calcolare la rimozione del PM2.5 è necessario conoscere le seguenti variabili: (i) Vd, PM2.5 t (velocità di deposizione del PM2.5 al tempo t); (ii) CPM2.5 t (concentrazione atmosferica del PM2.5 al tempo t); (iii) r%2.5t (percentuale di PM2.5 risospeso in atmosfera al tempo t).

La velocità di deposizione del PM2.5 e la percentuale di risospensione sono stati calcolati da diversi autori ([1], [13], [29]) come funzione della velocità del vento (Tab. 4). Nel presente studio le velocità medie di deposizione e le percentuali di risospensione sono state ottenute per interpolazione utilizzando i valori effettivi di velocità oraria del vento.

Tab. 4 - Velocità di deposizione del PM2.5 e percentuale di risospensione in funzione della velocità del vento, per unità di superficie fogliare.

Velocità del
vento (m s-1)
Velocità di deposizione VdPM2.5
(cm s-1)
Risospensione
(r%)
media minimo massimo
0 0 0 0 0.0
1 0.03 0.006 0.042 1.5
2 0.09 0.012 0.163 3.0
3 0.15 0.018 0.285 4.5
4 0.17 0.022 0.349 6.0
5 0.19 0.025 0.414 7.5
6 0.2 0.029 0.478 9.0
7 0.56 0.056 1.506 10.0
8 0.92 0.082 2.534 11.0
9 0.92 0.082 2.534 12.0
10 2.11 0.57 7.367 13.0
11 2.11 0.57 7.367 16.0
12 2.11 0.57 7.367 20.0
13 2.11 0.57 7.367 23.0

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Secondo Hirabayashi et al. ([17]), il flusso di particolato che raggiunge le foglie al tempo t è dato da (eqn. 1):

\begin{equation} f_{t} = V_{d,PM_{2.5} t} \cdot C_{PM_{2.5} t} \end{equation}

La quota di particolato risospesa in atmosfera al tempo t (Rt) è data dal particolato accumulato al tempo t-1 e quindi già presente sulle foglie (Qt-1), più il flusso di particolato intercettato al tempo t (ft), moltiplicato per la percentuale di risospensione al tempo t (r% t - eqn. 2):

\begin{equation} R_{t} = Q_{t-1} + f_{t} \cdot r_{\text{%} t} \end{equation}

Dopo la risospensione del particolato in atmosfera, la quantità di PM2.5 rimasta sulle foglie al tempo t è data da (eqn. 3):

\begin{equation} Q_{t} = Q_{t-1} + f_{t} - R _{t} \end{equation}

e il flusso del PM2.5 al netto della quota risospesa in atmosfera è dato da (eqn. 4):

\begin{equation} F_{t} = f_{t} - R _{t} \end{equation}

Se Ft assume valori negativi dovuti a un’elevata quota di risospensione e il valore assoluto di ft supera la concentrazione atmosferica del particolato, si pone Ft = ft.

La quantità di particolato trattenuta dalle foglie sarà quindi (eqn. 5):

\begin{equation} Q =\sum_{i=1}^{T} F_{i} \cdot LAI \cdot A \end{equation}

PM10

Per il PM10, Lovett ([20]) indica i seguenti valori delle velocità di deposizione relativi ad un indice LAIPM10 di 6 m2 m-2: (i) Vd,media = 0.0064 m s-1; (ii) Vd, min = 0.0025 m s-1; (iii) Vd, max = 0.01 m s-1, da cui si ricavano le effettive velocità di deposizione media, minima e massima con la formula (eqn. 6):

\begin{equation} V_{d,\,effettiva} = \frac{LAI}{LAI_{PM10}} \cdot V_{d} \end{equation}

La percentuale di risospensione in atmosfera è pari al 50% del flusso ([40]).

La quantità di PM10 trattenuta dalle foglie si ottiene quindi con la formula (eqn. 7):

\begin{equation} Q_{PM_{10}} =\sum_{i=1}^{T} V_{d,\,effettiva} \cdot C_{PM_{10}} \cdot LAI \cdot A \cdot r \text{%} \end{equation}

Risultati e conclusioni 

Le immagini multispettrali utilizzate sono state ricampionate alla risoluzione spaziale delle bande B8, B4 e B3 (10 × 10 m). Attraverso la classificazione dell’immagine di giugno 2019, per ciascuna area di studio è stata prodotta in ambiente GIS (QGIS 3.10) una mappa raster della distribuzione dei boschi misti di latifoglie e delle formazioni di conifere (Fig. 4) e calcolate le rispettive superfici (Tab. 5). Le immagini di marzo e aprile 2020 sono state utilizzate per generare due mappe raster di distibuzione dell’indice LAI. Successivamente queste mappe sono state filtrate con i layer di distribuzione delle tipologie vegetazionali nelle aree di studio e per ciascuna tipologia è stato calcolato il valore medio dell’indice LAI (Tab. 6, Fig. 5).

Fig. 4 - Distribuzione dei boschi urbani. In verde scuro le conifere, in verde chiaro le latifoglie.

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Tab. 5 - Superfici delle aree di studio. Nella categoria “Altro” sono comprese le aree agricole, gli incolti, le superfici asfaltate, gli edifici, le aree di servizio, i sentieri e le vie di comunicazione.

Area Superficie (ha) % aree
boscate
Tot. sito Conifere Latifoglie Altro Tot. aree
boscate
Villa Ada 155 67.27 65.76 21.96 133.04 85.83
P.R.U. Aguzzano 60 5.21 24.18 30.61 29.39 48.99
R.N. Valle dell’Aniene 646 86.78 265.25 293.97 352.03 54.49
R.N. Marcigliana 4970 278.15 1001.59 3690.27 1279.73 25.75
Villa Borghese 126 53.87 20.8 51.33 74.67 59.26
Totale 5957 491.28 1377.58 4088.14 1868.86 31.37

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Tab. 6 - Indice LAI nelle aree di studio. L’incremento dei valori nel mese di aprile è dovuto alla crescita di nuove foglie e quindi all’aumento della superfice fogliare per unità di superficie del terreno.

Area Marzo Aprile
Conifere Latifoglie Conifere Latifoglie
Villa Ada 1.28 ± 0.33 1.36 ± 0.35 1.50 ± 0.30 1.67 ± 0.35
P.R.U. Aguzzano 1.33 ± 0.45 1.21 ± 0.39 1.69 ± 0.49 1.67 ± 0.46
R.N. Valle dell’Aniene 0.83 ± 0.48 1.05 ± 0.38 1.19 ± 0.38 1.46 ± 0.44
R.N. Marcigliana 1.13 ± 0.55 1.17 ± 0.43 1.55 ± 0.62 1.74 ± 0.49
Villa Borghese 1.11 ± 0.39 1.03 ± 0.36 1.29 ± 0.36 1.33 ± 0.33

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Fig. 5 - Valori dell’indice LAI nei mesi di marzo e aprile 2020.

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Utilizzando questi dati, le quantità medie delle polveri sottili e ultrasottili complessivamente rimosse risultano essere 4330.22 ± 1429.54 Kg di PM10 e 373.33 ± 124.01 Kg di PM2.5 (Tab. 7).

Tab. 7 - PM10 e PM2.5 rimossi nel periodo di studio.

PM Area Conifere Latifoglie Conifere Latifoglie
(Kg) (Kg ha-1)
PM10 Villa Ada 159.75 ± 36.49 185.46 ± 42.39 2.37 ± 0.54 2.82 ± 0.64
P.R.U. Aguzzano 14.58 ± 4.51 60.96 ± 18.14 2.80 ± 0.87 2.52 ± 0.75
R.N. Valle dell’Aniene 107.58 ± 45.83 507.68 ± 165.86 1.24 ± 0.53 1.91 ± 0.63
R.N. Marcigliana 607.26 ± 266.27 2556.83 ± 810.32 2.18 ± 0.96 2.55 ± 0.81
Villa Borghese 94.68 ± 29.47 35.43 ± 10.27 1.76 ± 0.55 1.70 ± 0.49
Subtotale 983.86 ± 382.56 3346.37 ± 1046.97 10.35 ± 3.44 11.51 ± 3.32
Totale 4330.22 ± 1429.54 -
PM2.5 Villa Ada 13.56 ± 3.10 14.47 ± 3.31 0.20 ± 0.05 0.22 ± 0.05
P.R.U. Aguzzano 1.14 ± 0.35 5.05 ± 1.50 0.22 ± 0.07 0.21 ± 0.06
R.N. Valle dell’Aniene 12.73 ± 5.42 48.30 ± 15.78 0.15 ± 0.06 0.18 ± 0.06
R.N. Marcigliana 54.05 ± 23.70 211.11 ± 66.91 0.19 ± 0.09 0.21 ± 0.07
Villa Borghese 9.34 ± 2.91 3.56 ± 1.03 0.17 ± 0.05 0.17 ± 0.05
Subtotale 90.83 ± 35.48 282.50 ± 88.53 0.94 ± 0.32 0.99 ± 0.29
Totale 373.33 ± 124.01 -

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Questi risultati, per la brevità dell’intervallo di tempo esaminato, non sono direttamente confrontabili con studi condotti per periodi di tempo maggiori ([2], [25], [26]). È tuttavia possibile confrontare le quantità di PM10 rimosse per ha a Villa Ada con i risultati di uno studio analogo condotto da Silli et al. ([35]) nel medesimo sito. In quest’ultimo studio, come atteso, le quantità di PM10 rimosse per ha durante l’intera stagione primaverile (21 marzo-21 giugno) mostrano valori più elevati di quelli del solo periodo 1 marzo-30 aprile, con una differenza più marcata tra le latifoglie (sempreverdi + decidue) che non tra le conifere (Tab. 8). Ciò trova una spiegazione nel fatto che secondo Silli e colleghi il contributo delle specie decidue nell’abbattimento del PM10 inizia solo intorno alla metà di aprile per crescere progressivamente durante tutta la primavera e parte dell’estate. È quindi plausibile che l’indagine conclusa alla fine di marzo, a causa del contributo ancora modesto fornito dalle specie decidue, abbia registrato valori di cattura del particolato per ha nelle latifoglie più bassi di quelli calcolati per l’intero periodo primaverile.

Tab. 8 - Confronto tra i valori riportati da Silli et al. ([35]) e quelli riportati nel presente studio: superfici delle aree boscate e rimozione per ha del PM10 a Villa Ada.

Periodo di studio Superficie (ha) Rimozione PM10 (Kg ha-1)
Conifere Latifoglie Tot. aree boscate Conifere Latifoglie
03-21 / 06-21, 2015 42.2 74.2 116.40 3.33 5.11
03-01 / 04-30, 2020 67.3 65.8 133.04 2.37 ± 0.54 2.82 ± 0.64

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Va aggiunto inoltre che nello studio del 2015 per valutare la superficie coperta dalle specie sempreverdi, decidue e conifere viene effettuata una classificazione supervisionata tramite il metodo Maximum Likelihood di una immagine multispettrale LANDSAT con una risoluzione spaziale di 30 m, dalla quale l’area boscata totale risulta essere di 116.4 ha. Nel presente studio è stato utilizzato un diverso metodo di classificazione supervisionata (Random Forest) e immagini multispettrali Sentinel 2 con risoluzione di 10 m, che hanno fornito una stima della superficie boscata pari a 133.04 ha. Applicando questo valore ai calcoli del 2015 le quantità di PM10 rimosse per ha si avvicinano ulteriormente. Per quanto riguarda le conifere, che nel presente studio coprono una superficie maggiore di quella calcolata da Silli e colleghi (67.27 ha contro 42.2 ha), i valori ricalcolati per il periodo primaverile 2015 coincidono con il limite superiore dei valori stimati nel presente studio (2.91 Kg ha-1), mentre per quanto riguarda le latifoglie, come atteso dalle considerazioni esposte, i valori ricalcolati del periodo primaverile 2015 (4.46 Kg ha-1) rimangono al di sopra di quelli calcolati dal 1 marzo al 30 aprile 2020.

Tutto ciò conferma l’attendibilità del metodo adottato e la sostanziale concordanza dei risultati ottenuti con quelli presentati in altri studi, almeno per quanto riguarda l’abbattimento del PM10 a Villa Ada.

Nel periodo esaminato le aree di indagine hanno mostrato una sostanziale omogeneità nella capacità di rimozione per ha del particolato fine e ultrafine (Fig. 6). È da notare la performance relativamente più elevata delle latifoglie rispetto alle conifere come risulta, per il periodo primaverile, anche da altri studi condotti nella città di Roma ([22]). Costituiscono una parziale eccezione il parco di Aguzzano e Villa Borghese. Questo dato, coerente con i valori dell’indice LAI, può trovare una spiegazione per quanto riguarda il parco di Aguzzano nella particolare composizione floristica (per Villa Borghese non si dispone di censimenti aggiornati e attendibili). Nel parco di Aguzzano circa il 95% delle latifoglie è costituito da specie decidue ([28]) che all’inizio della stagione primaverile contribuiscono ancora in maniera ridotta all’incremento della biomassa fogliare, per poi aumentare il loro contributo con l’avanzare della stagione. Infatti i valori LAI delle latifoglie passano da 1.21 ± 0.39 di marzo a 1.67 ± 0.46 di aprile (+38%) e diventano quasi coincidenti con quelli delle conifere. È verosimile che con il progredire della stagione primaverile il valore LAI delle latifoglie, grazie al contributo della nuova biomassa fogliare prodotta dalle specie caducifoglie, raggiunga e superi quello delle conifere, uniformandosi alla tendenza presente nelle altre aree.

Fig. 6 - PM10 e PM2.5 rimosso per ha di superficie boscata.

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Tra le cinque aree esaminate è anche da rilevare la modesta capacità di cattura per ha del particolato nella riserva della Valle dell’Aniene. Qui, come nella riserva della Marcigliana, le attività agricole hanno modificato ed impoverito profondamente l’assetto vegetazionale. Ma mentre alla Marcigliana la riserva si sviluppa a ridosso del sistema collinare a nord di Roma e le attività agricole non hanno compromesso pesantemente le cerrete, nella riserva della Valle dell’Aniene la particolare morfologia pianeggiante e strettamente peri-fluviale della riserva, pressata da insediamenti urbani e attività agricole che in taluni casi giungono a lambire le stesse sponde fluviali, rende molto più marcata la frammentazione ambientale e problematico l’affermarsi di formazioni di bosco maturo.

Il presente studio sulle capacità di abbattimento del particolato atmosferico da parte dei boschi urbani condotto da remoto a causa del lockdown, ha mostrato che tecniche di remote sensing basate su banche dati di libero accesso e sull’utilizzo di software gratuiti e open source permettono anche a realtà associative esterne al mondo della ricerca scientifica di fornire un contributo al miglioramento delle conoscenze degli ambienti naturali e semi-naturali e dei servizi ecosistemici. Questo aspetto è rilevante perché consente alle comunità locali, spesso prive di mezzi e di potere di contrattazione, di dotarsi di robusti argomenti a sostegno delle iniziative per la tutela del territorio e nel contempo può restituire al mondo scientifico elementi di conoscenza precisi, dettagliati e a grande scala.

Questo approccio a lungo sottovalutato, si sta rivelando originale ed interessante e in qualche caso insostituibile per la stessa ricerca scientifica e per la conservazione delle risorse naturali ([15]). È auspicabile che anche la conservazione dei boschi urbani e il miglioramento della resilienza delle città sappiano avvalersi dell’interazione a vari livelli tra stakeholders, comunità scientifica, decisori politici e comunità locali motivate e capaci di dotarsi di strumenti di indagine e conoscenze scientifiche adeguate.

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