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History of degradation and rebirth of a coastal pine forest

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 20, Pages 73-80 (2023)
doi: https://doi.org/10.3832/efor4386-020
Published: Oct 25, 2023 - Copyright © 2023 SISEF

Research Articles

Abstract

Climatic variations are events that can cause the colonization of new areas or new hosts, favored by an increase in the growth rates of the parasites. For some years the pine forests of the Domitian coast, in Southern Italy, have been endangered due to the aggression by the cochineal Toumeyella parvicornis (Cockerell). Observation using remote sensing techniques has been useful for identifying infested areas and defining the damage caused by the insect pests presence.

Keywords

Pine Forests, Pests, Monitoring, Satellite Images, Environmental Restoration

Introduzione 

La pineta di Castel Volturno si estende lungo il tratto costiero dell’omonimo comune in provincia di Caserta. Il litorale è caratterizzato da spiagge basse e sabbiose, limitato da cordoni dunari in parte allo stato naturale e in parte fortemente antropizzati ([3]). Questo territorio è stato inglobato nella Riserva naturale Foce Volturno - Costa di Licola, istituita nel settembre 1993 con l’obiettivo di garantire in forma coordinata la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale. A pochi chilometri di distanza, un’altra area protetta, la Riserva dei Variconi individuata dalla Convenzione di Ramsar, tutela una delle ultime aree umide di importanza internazionale ([2]).

La pineta ha assunto nel tempo un’importante funzione che va da quella più propriamente ecologico-ambientale a quella sociale ed economica, per la sua caratteristica intrinseca di habitat e per la straordinaria posizione tra siti protetti e aree umide. I servizi ecosistemici offerti dalle pinete e dalle foreste all’interfaccia con l’urbano a vantaggio dei cittadini principalmente sono: il miglioramento del microclima, la promozione dell’esercizio fisico, la riduzione dello stress e i benefici psicologici e rigenerativi derivanti dall’esperienza diretta con la natura ([20]). In questo senso, la ricerca in ambito medico e psicologico testimonia ampiamente i diversi benefici sull’uomo ([21]). Negli anni ’70 a seguito dello sviluppo turistico e urbanistico, la fascia costiera del Litorale Domitio, contraddistinta dalla dominante presenza dei pini, è stata denominata “Pineta Grande”.

L”origine e l’ambiente naturale della pineta

L’area in esame è caratterizzata da morfologie connesse alla dinamica costiera e fluviale e in alcuni casi all’attività antropica ([15]). Quest’ultima è collegata alle differenti azioni che si sono verificate nel tempo ([10]). La pineta costiera ha avuto origine nella prima metà del secolo scorso a seguito di rimboschimenti in terreni bonificati nelle province di Napoli e Caserta ([16]). A partire dal 1952, con la costituzione del Consorzio Generale di Bonifica del Bacino inferiore del fiume Volturno, la zona fu prosciugata, bonificata e le aree di retroduna furono riforestate con pini ([5] - Fig. 1).

Fig. 1 - Immagini di repertorio. Illustrano gli impianti di pini negli anni ’50 del XX secolo (Foto: Comando Scuola Forestale Carabinieri, Centro Addestramento di Castel Volturno, CE).

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La struttura morfologica del litorale è tipica dell’ambiente dunale che nella completa successione ecologica raggiunge la sua potenzialità nelle formazioni a macchia mediterranea; nel retroduna la vegetazione erbacea e arbustiva che ricopre primariamente il suolo è sostituita da una fitta pineta costiera (Fig. 2).

Fig. 2 - Un esempio di vegetazione arbustiva pioniera del litorale sabbioso nell’area oggetto di studio (Foto: M.M. Calandrelli).

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Si tratta di una formazione costituita per circa il 90% dal pino domestico (Pinus pinea L.) che cresce in associazione con il pino marittimo (Pinus pinaster Aiton.), il pino d’Aleppo (Pinus halepensis Mill.), il leccio (Quercus ilex L.) e altre piante della macchia mediterranea, quali mirto (Myrtus communis L.), lentisco (Pistacia lentiscus L.), rosmarino (Salvia rosmarinus Schleid.), alaterno (Rhamnus alaternus L.), caprifoglio mediterraneo (Lonicera implexa Aiton), clematide fiammula (Clematis flammula L.), salsapariglia nostrana (Smilax aspera L.) e cisti (Cistus spp.). Nello specifico, il soprassuolo è principalmente costituito da pino domestico puro o in associazione con pino marittimo e pino d’Aleppo con sesti d’impianto 2×3 m, 2×4 m e 3×3 m. In alcune aree il pino domestico si trova in associazione con il leccio che arriva a dominare il soprassuolo nelle porzioni settentrionali di pineta appartenenti alla Riserva Naturale Statale di Castel Volturno. Al margine della riserva statale sono presenti nuclei di eucalipto rosso (Eucalyptus camaldulensis Dehn.) che raggiungono altezze intorno ai 25 metri. Lo strato arbustivo è costituito prevalentemente da alloro (Laurus nobilis L.), ilatro sottile (Phillyrea angustifolia L.), alaterno (Rhamnus alaternus L.), mirto (Myrtus communis L.), cornetta emeroide (Hippocrepis emerus Lassen), lentisco (Pistacia lentiscus L.), e con l’occasionale presenza di pittosporo (Pittosporum tobira [Thunb.] W.T.Aiton), mentre lo strato erbaceo è costituito da robbia selvatica (Rubia peregrina L.), asparago selvatico (Asparagus acutifolius L.), edera comune (Hedera helix L.), dafne olivella (Daphne sericea Vahl), parietaria giudaica (Parietaria judaica L.), erba mazzolina comune (Dactylis glomerata L.), clematide vitalba (Clematis vitalba L.), e silene (Silene spp). Nelle pinete non è raro rilevare piante di pino policormiche con 1-3 fusti coetanei, struttura condizionata dall’eccessiva densità, dalla mancanza di interventi selvicolturali (diradamenti e spalcature) oltre che dall’azione dei venti marini e talvolta dal passaggio del fuoco.

Molti soprassuoli, sia dominati dai pini che dal leccio, appaiono in precario stato fitosanitario. In particolare, le pinete negli ultimi anni sono state ridimensionate dal parassita Toumeyella parvicornis (Cockerell) - cocciniglia tartaruga -, mentre singoli individui di leccio sono infestati da funghi come il Ganoderma lucidum e il Ganoderma applanatum, che causano il disseccamento dell’intera pianta.

Il degrado

Nel 2014 è stata accertata la presenza della cocciniglia T. parvicornis in diverse parti del territorio agro-forestale campano e anche all’interno delle aree urbane ([7], [14]).

La cocciniglia tartaruga, originaria del Nord America, è così chiamata per l’aspetto degli esemplari adulti femminili. Le colonie si sviluppano in croste sui rametti e, oltre al danno diretto derivante dalla sottrazione di linfa, provocano un danno indiretto rilevante in conseguenza della produzione di melata appiccicosa che viene prontamente ricoperta da uno strato di fumaggine.

Negli individui di pino infestati l’insetto provoca un progressivo ingiallimento della chioma, seccumi, perdita di gran parte degli aghi e forti deperimenti che, nei pini maggiormente suscettibili, può portare anche alla morte della pianta nell’arco di pochi anni.

La tempistica e la durata di queste tappe possono variare poiché sono influenzate dalle condizioni microclimatiche locali. L’insetto nocivo, altamente adattabile, può avere un numero di generazioni variabile in base alle condizioni climatiche. In Italia l’ospite privilegiato è il comune pino domestico con enormi infestazioni e alto tasso di mortalità, che interessano soprattutto pini già indeboliti da avversi fattori ambientali e antropici ([19]). Il pino marittimo e il pino d’Aleppo, spesso associati al pino domestico nello stesso areale, sembra subiscano danni trascurabili. In contemporanea, altri parassiti agiscono sulle piante ormai malate, tra cui si possono citare gli attacchi del blastofago del pino Tomicus destruens ([18]) e di Cerambicidi (Fig. 3). Come per altri Scolitidi, T. destruens è ritenuto vettore di funghi che possono peggiorare le condizioni sanitarie degli alberi, quali Fusarium circinatum ([11]) e Leptographium wingfieldii ([17], [6]).

Fig. 3 - Segni di attacco di Toumeyella parvicornis sui rami terminali con formazione di croste nere (A); come fumaggine (B); e segni di deambulazione di altri parassiti sul tronco (C) (Foto: M.M. Calandrelli).

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Le potenzialità dell’analisi con immagini satellitari

Lo studio del territorio e delle dinamiche ambientali si può avvalere di tecnologie innovative in grado di ottenere informazioni, sia qualitative che quantitative, su oggetti posti ad una determinata distanza. Attraverso l’impiego di satelliti in orbita equipaggiati con specifici sensori multispettrali, il telerilevamento rappresenta uno strumento che analizza gli oggetti rilevati sfruttando il modo differente che hanno di riflettere la luce.

La caratteristica dei sensori per il telerilevamento è di registrare lunghezze d’onda che non sono percepite dall’occhio umano, che restano comprese nell’intervallo di lunghezze d’onda tra i 400 nm e gli 800 nm. Possiamo, per esempio, identificare la vegetazione grazie alla sua caratteristica di riflettere l’energia elettromagnetica (EEM) che corrisponde al colore verde, mentre assorbe l’energia elettromagnetica delle altre lunghezze d’onda che corrispondono ad altri colori.

Nelle prime fasi di insediamento di un parassita, sebbene i sintomi non siano ancora visibili, le piante reagiscono attraverso una varietà di meccanismi fisiologici, quale la riduzione dell’attività di fotosintesi, che porta ad un aumento della fluorescenza e dell’emissione di calore ([22]). Questo comportamento delle piante stressate viene registrato dai sensori satellitari e tradotto in una firma spettrale diversa da quella prodotta dalle piante sane. Attraverso l’interpretazione visiva delle immagini aeree e satellitari, è possibile identificare le aree forestali danneggiate dall’azione di parassiti. Il telerilevamento gioca un ruolo cruciale nel monitoraggio delle foreste perché le mappe dei disturbi possono essere previste utilizzando procedure automatiche e immagini di sensori ottici ([4]).

Monitoraggio della diffusione della cocciniglia

A partire dal 2015 il servizio fitosanitario della Regione Campania ha decretato i piani di azione per il controllo della cocciniglia (Decreto regionale n. 52 del 29 luglio 2015), procedendo alla raccolta degli avvistamenti e realizzando la mappa della diffusione (Fig. 4). Le immagini mettono in evidenza la notevole capacità della specie di diffondersi rapidamente e come l’espansione territoriale può avvenire con velocità preoccupante, sia per contatto chioma-chioma sia per diffusione passiva ad opera del vento, come già evidenziato in altri territori invasi ([9]). La crescita esponenziale è stata favorita dalla mancanza di fattori di controllo naturale, sia climatici che biologici.

Fig. 4 - Siti di avvistamento del parassita: a sinistra, la situazione nel 2014; a destra, la situazione nel 2023 (fonte dati Regione Campania, Servizio fitosanitario).

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Materiali e metodi 

Il degrado della pineta costiera di Castel Volturno è stato analizzato attraverso 3 passaggi successivi che hanno riguardato:

  1. la selezione e l’analisi di immagini satellitari Sentinel-2, dell’agosto 2016 e del giugno 2022, dell’area di studio del Litorale Domitio;
  2. la classificazione delle firme spettrali della vegetazione (Fig. 5) e il calcolo degli indici NDVI (Normalized Difference Vegetation Index) e NDRE (Normalized Difference Red Edge);
  3. Fig. 5 - Firme spettrali delle 4 categorie di copertura del suolo, classificate nell’area studio della Pineta di Castel Volturno. La vegetazione è stata classificata solo in due categorie in relazione all’efficienza fotosintetica. Vis=bande del visibile; NIR=bande dell’infrarosso vicino; SWIR=bande dell’infrarosso ad onde corte (Schema modificato da Boschetti).

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  4. i rilievi di campo.

Analisi immagini satellitari

Come già specificato, sono state utilizzate immagini satellitari Sentinel-2A dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea), in proiezione UTM/WGS84, di estensione areale di 110×110 km. Le immagini sono rilasciate con riflettanze di superficie corrette atmosfericamente nella geometria cartografica e quindi immediatamente utilizzabili in ambiente GIS. Sentinel-2 è una missione europea di imaging multispettrale ad alta risoluzione e contestualmente ad ampio raggio. Il sistema campiona 13 bande spettrali a varia risoluzione spaziale (10, 20, 60 m). Le 3 bande del visibile (Bande 2, 3, 4) e la banda 8 dell’infrarosso vicino hanno risoluzione spaziale di 10 m e sono quelle da noi utilizzate.

Calcolo indici di vegetazione

Le immagini sono state importate in ambiente QGIS e mediante gli strumenti di analisi d’immagine sono stati calcolati due indici di vegetazione spettrale: (i) l’indice NDVI ottenuto dalla combinazione delle bande (NIR-RED) / (NIR+RED) = (B8-B4) / (B8+B4), è utile per la stima della produzione primaria; (ii) l’indice NDRE ricavato combinando le bande (NIR-RE) / (NIR+RE) = (B8-B5) / (B8+B5) è utilizzato per la determinazione del contenuto di clorofilla nella chioma delle piante. In questo modo è stato possibile avere un riferimento per individuare le comunità vegetali in buono stato e quelle attualmente in fase di degrado.

Gli indici spettrali sono ampiamente utilizzati per monitorare, analizzare e mappare le variazioni temporali e spaziali nella struttura della vegetazione ([13]), nonché alcuni parametri biofisici (come ad esempio la funzionalità di produzione primaria legata alla presenza della clorofilla). Sono combinazioni algebriche dei valori di riflettanza acquisiti dai sensori satellitari a diversi intervalli di lunghezza d’onda, calcolati pixel per pixel sull’intera immagine.

Attività di campo

L’attività di campo è stata svolta in un’area campione di circa 463 ettari (4200×1100 m, tra il Golf Club Volturno e Baia Verde), esemplificativa delle dinamiche di degrado della pineta costiera a dominanza di P. pinea. Le analisi dendrometriche sono riassunte in tre schede distinte numerate da 1 a 3 da Nord verso Sud. Un esempio riassuntivo delle verifiche è riportato in Fig. S1 (materiale supplementare).

Risultati 

Le analisi degli indici spettrali riferite alle immagini satellitari del 2016 e 2022 evidenziano un sostanziale cambiamento della capacità fotosintetica messa in evidenza dall’indice NDRE riportato in Fig. 6. In particolare gli istogrammi ad essi associati mostrano una diminuzione dei valori massimi e, allo stesso tempo, uno scostamento della frequenza dei pixel verso valori più bassi che indicano una diminuita presenza di clorofilla. Questo dato viene confermato dall’andamento dell’indice NDVI che per gli stessi anni subisce un analogo trend, come indicato dagli istogrammi associati alle immagini della Fig. 7, in cui dal 2016 al 2022 vi è una notevole contrazione del valore massimo dell’indice che passa da 0.91 a 0.61. Inoltre gli istogrammi mostrano la frequenza distribuita prevalentemente nei valori compresi tra 0.2 e 0.4.

Fig. 6 - Valori dell’indice NDRE per gli anni 2016 (in alto) e 2022 (in basso) con i relativi istogrammi. L’indice evidenzia la presenza di clorofilla che appare in notevole contrazione nel periodo considerato.

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Fig. 7 - Valori dell’indice NDVI per gli anni 2016 (in alto) e 2022 (in basso) con relativi istogrammi. L’indice identifica la capacità di produzione primaria di comunità vegetali ed evidenzia con gli indici più alti le comunità boschive.

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I rilievi di campo hanno permesso di definire la struttura della pineta che si presenta con sesti di impianto molto appressati tra loro (2×3 m, 2×4 m), con fusti con diametro molto differenziato, ceppaie con due o tre fusti che in molti casi risultano contorti ed inclinati. Tali strutture sono evidentemente condizionate dall’eccessiva densità e dalla mancanza di interventi selvicolturali (diradamento, spaccatura). Spesso all’interno di queste comunità di pino domestico si riscontra la presenza del leccio e del pino d’Aleppo. La rinnovazione, quando presente, è data dal leccio mentre appare assente quella di pino domestico.

L’effetto di tale dinamica è evidenziato in modo fenomenologico in Fig. 8 dove l’immagine pancromatica enfatizza il degrado.

Fig. 8 - Immagini satellitari dell’area di studio. Sono messe a confronto le immagini riprese nel 2016 (a sinistra) e del 2023 (a destra); esse permettono di fare un rapido confronto sullo stato di declino della pineta (Immagini elaborate da A. Migliozzi).

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Discussione 

Nell’originaria pineta naturalizzata i pini erano consociati al leccio, con una notevole presenza di macchia bassa di sclerofille sempreverdi. Ne derivava una formazione forestale mista, stratificata, irregolare, che aveva trovato un proprio equilibrio, originando un ambiente multiforme apprezzato per il valore paesaggistico. Tutto questo è andato perduto ad opera di interventi selvicolturali errati e di politiche forestali di lenta attuazione o assenti in questo territorio. Con il passaggio dei parassiti parte della pineta è stata distrutta in pochi anni. Degli originari 400 ha di pineta, distribuiti lungo il litorale per circa 13 km, oltre la metà oggi si presenta completamente degradata. La mancanza di un tempestivo intervento di eradicazione e del monitoraggio dell’espansione ha causato il disseccamento dei pini nel settore settentrionale del litorale. Nella parte meridionale, in prossimità del complesso turistico “Villaggio Coppola”, resistono ancora tratti di pineta (Fig. 9), anche se alcuni alberi già mostrano i segni dell’attacco della T. parvicornis (Fig. 10).

Fig. 9 - Tratto di pineta della Riserva naturale di Castel Volturno (Foto: M.M. Calandrelli).

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Fig. 10 - Toumeyella parvicornis (Cockerell). A sinistra, esemplari adulti di femmina su ramoscello di pino; a destra, femmina adulta con tipico aspetto a guscio di tartaruga (da: [7], modificato).

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Sono in corso lavori di rigenerazione ambientale con l’obiettivo di restituire un organismo boschivo sano, resiliente e fruibile da parte dei cittadini e dei turisti, che avrà riflessi anche sul profilo economico e sociale. Gli interventi consistono nel taglio delle piante morte e nel reimpianto di nuovi esemplari, utilizzando le stesse specie vegetali che caratterizzano l’ambiente litoraneo dal punto di vista paesaggistico (Fig. 11).

Fig. 11 - (A) Visione d’insieme dei nuovi impianti (B) di pino e (C) di querce (Foto: M.M. Calandrelli).

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Oltre a preservare gli esemplari di leccio, cresciuti spontaneamente nel sottobosco, sono stati piantati pini della specie P. pinea, P. pinaster e querce. Anche se è fortemente sconsigliato il reimpianto di pino domestico nelle aree infestate da parassiti quali la Toumeyella e il Tomicus, in quanto gli stessi possono attaccare le piante giovani entro i due/tre anni dall’intervento, diverse correnti di pensiero ([12]) suggeriscono di preservare quelle aree a pino domestico in cui alcuni individui hanno evidenziato una resistenza all’attacco dei parassiti come la Toumeyella. In questa ottica l’idea è quella di salvaguardare il più possibile i paesaggi costieri mediterranei a dominanza di pino domestico, che rappresentano ancora un capitale naturale di inestimabile valore storico-culturale per il territorio.

Conclusioni 

Il cambiamento climatico globale e l’aumento delle attività umane inducono cambiamenti negli habitat di vari organismi, comprese piante e animali, con conseguente riduzione della stabilità dell’ecosistema e aumento delle epidemie di insetti e patogeni. Per minimizzare gli impatti e controllarli efficacemente, sono essenziali sistemi adeguati per il monitoraggio della salute delle foreste, in cui gli strumenti di telerilevamento svolgono un ruolo sempre più importante anche per supportare le analisi di campo. L’approccio presentato conferma l’affidabilità e l’efficacia del telerilevamento nel fornire informazioni utili e tempestive che dovrebbero essere meglio sfruttate per monitorare lo stato di salute della pineta. I dati Sentinel-2 si sono rivelati una fonte di informazioni cruciale, anche se sono necessari ulteriori studi per identificare l’origine del danno forestale. Secondo i nostri risultati, si registra negli anni un evidente trend di crescita delle aree disturbate con un brusco aumento nel 2022, come evidenziato in altri studi ([4]), da cui emerge una situazione critica per le pinete mediterranee a dominanza di pino domestico.

Partendo dalle numerose osservazioni effettuate nel mondo ([8]) i risultati dei modelli climatici globali e le attuali conoscenze sulle interazioni ecologiche suggeriscono che ci sarà un aumento delle infestazioni da parassiti in futuro; ciò porterà presto a una riduzione della distribuzione geografica di P. pinea, a livello locale e globale ([1]). Queste valutazioni rappresentano una sfida per la ricerca forestale nei prossimi anni. Lo studio raccomanda il monitoraggio continuo dei cambiamenti utilizzando immagini satellitari ad alta risoluzione per identificare le criticità e per intraprendere azioni tempestive volte a garantire la conservazione delle foreste.

Ringraziamenti 

Gli autori ringraziano il Col. A. Zumbolo, comandante della Scuola Forestale Carabinieri, Centro Addestramento di Castel Volturno, per aver reso disponibili le foto storiche dell’impianto della pineta; il Dott. For. F. Cona, funzionario della Città Metropolitana di Napoli, per il sostanziale supporto nei rilievi di campo e nell’elaborazione delle tavole dendrometriche; la Dott.ssa D. Carella, Dirigente STAFF - Funzioni di supporto tecnico-operativo della Regione Campania - Italy e il Dott. R. Griffo, P.O. Responsible for phytosanitary activities Plant Protection Service, per aver fornito i dati relativi alla diffusione della Toumeyella parvicornis nella Regione Campania.

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