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Forest residue management in the Italian regulatory framework: an analysis of the regulations of Regions and Autonomous Provinces

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 21, Pages 72-77 (2024)
doi: https://doi.org/10.3832/efor4638-021
Published: Sep 07, 2024 - Copyright © 2024 SISEF

Review Papers

Abstract

Forest residues include branches, tops, and the material remaining following utilization operations. They play a fundamental role in our ecosystems by influencing the presence and abundance of micro- and macronutrients, reducing erosion, and increasing the level of both plant and animal biodiversity. The Italian regulatory framework for forest management, composed of a constellation of rules from different institutional levels, places the regulation for the management of forest residues in the forest under the competence of the Regions and Autonomous Provinces, and this results in a very articulated picture of the situation on the ground. We analyzed the regulations of local authorities regarding the management of forest prescriptions and rules to provide a general overview throughout the country. Seven categories of interest (size, quantity, placement, burning, timing, prohibitions, and waivers) were identified. Results show that in four Italian regions (i.e., Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Molise and Valle d’Aosta) there is no indication referring to forest residue management. For the remaining Regions and Provinces the situation is fairly homogeneous in terms of the presence of regulations for the categories of placement, burning, timing and prohibitions. In contrast, for the categories of size and waivers, there is little or almost no regulation and for the category of quantity, regulation is fully lacking.

Keywords

Forest Residues, Biomass, Forest Management, Forest Regulations, Stakeholder

Introduzione 

A partire dal 2001, con la Riforma del Titolo V della Costituzione, la gestione forestale in Italia è ripartita tra lo Stato, che agisce attraverso i Ministeri, le Regioni e gli enti locali (Province e Comuni). Nello specifico, è di competenza statale la tutela e la valorizzazione dei caratteri ambientali e paesaggistici delle foreste, mentre alle Regioni e alle Province Autonome spetta la potestà legislativa, nel rispetto dei principi imposti dallo Stato, e la competenza esclusiva della funzione economico-produttiva del bosco. Il quadro normativo italiano per la gestione forestale quindi si compone di una costellazione di norme provenienti dai diversi livelli istituzionali sopracitati: a livello nazionale è presente il Testo Unico in materia di Foreste e Filiere forestali (vedi TUFF, D.Leg. 3 aprile 2018 n. 34, art. 6) e la Strategia Forestale Nazionale (vedi SFN, GU Serie Generale n. 33 del 09-02-2022), mentre a livello più decentrato le Regioni e le Provincia Autonome hanno emanato le proprie Leggi Regionali o Provinciali, accompagnate dalle Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale (PMPF).

Così come definito dall’art. 7 comma 2 e 3 del D. Lgs. 34/2018, tra le competenze demandate alle Regioni e alle Provincie Autonome rientrano la definizione e l’attuazione delle pratiche selvicolturali più conformi alle esigenze delle proprie foreste e superfici boscate. Le pratiche selvicolturali, definite dall’art. 3 comma 2 lettera c) del D. Lgs. 34/2018, racchiudono tutti i tagli, le cure e gli interventi finalizzati all’impianto, alla coltivazione, alla prevenzione di incendi, al trattamento e all’utilizzazione dei boschi e alla produzione dei prodotti forestali spontanei non legnosi. Tra i prodotti soggetti a gestione rientrano anche i residui forestali, cioè le ramaglie, i cimali e il materiale derivante dalla parte epigea della pianta (escludendo, perciò, le radici e le ceppaie nel suolo o nella lettiera) risultanti dalle operazioni di utilizzazione.

Il trattamento dei residui forestali in ottica di una loro asportazione o eventuale rilascio in bosco, del quantitativo da rilasciare e delle eventuali modalità di gestione, è fondamentale per l’ecosistema forestale da sia dal punto di vista ambientale che economico. In particolare, la presenza dei residui in bosco condiziona positivamente le caratteristiche del suolo: sia le proprietà fisiche, con la riduzione dell’erosione ([12]), che le proprietà chimiche, con il miglioramento della fertilità stazionale ([14]), l’arricchimento in carbonio, azoto ([2]) e in micronutrienti ([7]). Inoltre, come anche evidenziato dal recente sviluppo di studi sul legno morto in bosco ([3]), la presenza dei residui forestali aumenta la biodiversità, sia vegetale che animale ([9], [5], [6]). D’altra parte, i residui forestali, se asportati dal bosco, possono venire utilizzati per la produzione di energia a bassa emissione di CO2 ([15]). Secondo le più recenti stime pubblicate dalla FAO ([4]), il consumo di biomasse forestali ad uso energetico (che comprendono anche i residui) è destinato a raggiungere i 2.5 miliardi di m3 nel 2050 a livello globale, quando ad oggi se ne consumano 1.9 miliardi di m3. In Italia, invece, si è evidenziato come, nel decennio 2010-2020, la produzione di energia termico-elettrica da biomassa sia cresciuta in maniera costante, superando il 19% dell’energia totale prodotta, e scavalcando perfino l’energia prodotta tramite impianti fotovoltaici ([13], [16]). Per venire utilizzati a tal fine, i residui devono venire raccolti e conferiti agli impianti di produzione di energia da biomassa. Questa forma di utilizzazione, ovviamente, contrasta con il godimento delle azioni benefiche sugli ecosistemi legate al rilascio dei residui. A fronte quindi della pluralità e complessità di funzioni e ruoli che i residui forestali rivestono nell’ecosistema forestale, sarebbe auspicabile disporre di dati, analisi e indicazioni sul loro trattamento, sul modello di altre realtà più sensibili, come ad esempio i paesi scandinavi, che dispongono da tempo di linee guida per il recupero di parte della massa tagliata, nel rispetto della biodiversità, dell’impatto sul suolo, dell’erosione e della qualità dell’ecosistema ([1]).

Un primo passo in questa direzione è quello di analizzare il quadro normativo che sottende alla gestione dei residui. Questo non esaurisce l’analisi giuridico-istituzionale del tema del trattamento dei residui, che può essere gestito, oltre che con strumenti legali quali norme e regolamenti, anche con strumenti contrattuali-amministrativi (ad esempio, i capitolati dei contratti alle imprese boschive), con strumenti di mercato (ad esempio, l’adesione a schemi di certificazione di gestione forestale sostenibile), o infine con strumenti informativi (linee guida). Tuttavia, un’analisi delle prescrizioni normative sull’utilizzo dei residui forestali fornisce i confini giuridici con cui si deve confrontare ogni azione finalizzata al rilascio o al recupero a fini energetici delle biomasse.

In questo contesto, il presente lavoro si propone di raccogliere ed analizzare la normativa prodotta dalle Regioni e Provincie Autonome italiane sul trattamento e la gestione dei residui forestali (elencata in Tab. 1), fornendo un quadro che riporti in modo coerente ed esaustivo il complesso mosaico normativo esistente nel paese e colmando così la lacuna evidenziata dalla rassegna di Titus et al. ([19]) sulla situazione in diversi paesi europei, dove l’Italia è rappresentata solo con le informazioni relative agli schemi indipendenti di certificazione (FSC e PEFC - [10], [11]).

Tab. 1 - Normativa forestale delle Regioni e delle Provincie Autonome analizzate.

Regione Legge
Abruzzo L.R. 4 gennaio 2014, n. 3. Legge organica in materia di tutela e valorizzazione delle foreste, dei pascoli e del patrimonio arboreo della Regione Abruzzo.
Basilicata Decreto 1 ottobre 2019, n.231. Modifiche e integrazioni al “Regolamento recante le norme per il taglio dei boschi in assenza di Piani di Assestamento Forestale” di cui alle D.G.R. n.956/2000 e n. 678/2017.
Provincia Autonoma di Bolzano Legge Provinciale 21 ottobre 1996 n.21. Ordinamento forestale. Decreto del Presidente della Giunta provinciale 31 luglio 2000, n.29. Regolamento all’ordinamento forestale.
Calabria D.G.R. 218/2011. PMPF Regione Calabria (Norme regionali di salvaguardia - Vincolo idrogeologico e tagli boschivi).
Campania Regolamento Regionale 28 settembre 2017, n.3. Regolamento di tutela e gestione sostenibile del patrimonio forestale regionale.
Emilia-Romagna Regolamento Regionale 1 agosto 2018, n.3. Approvazione del Regolamento Forestale Regionale in attuazione dell’art. 13 della L.R. n. 30/1981.
Friuli-Venezia Giulia Legge Regionale 23 aprile 2007, n. 9. Norme in materia di risorse forestali.
Lazio Regolamento Regionale Lazio 18 aprile 2005, n. 7. Regolamento di attuazione dell’articolo 36 della legge regionale 28 ottobre 2002, n.39 (Norme in materia di gestione delle risorse forestali).
Liguria R.R. 29 giugno 1999 n.1. Regolamento delle prescrizioni di massima e di polizia forestale.
Lombardia Regolamento Regionale 20 luglio 2007, n. 5. Norme forestali regionali, in attuazione dell’articolo 50, comma 4, della Legge Regionale 5 dicembre 2008, n. 31 (testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale).
Marche D.G.R. n.1732, 17 dicembre 2018. Prescrizioni di massima e di polizia forestale regionali - disciplina delle attività di gestione forestale.
Molise Delibera n. 908 del 19 dicembre 2011. Modifica del secondo comma dell’art. 10 delle Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale vigenti nelle Provincie di Campobasso e Isernia.
Piemonte Regolamento Regionale recante: “Regolamento forestale di attuazione dell’articolo 13 della Legge Regionale 10 febbraio 2009, n. 4 (gestione e promozione economica delle foreste). Abrogazione dei Regolamenti Regionali 15 febbraio 2010, n. 4/R, 4 novembre 2010, n. 17/R, 3 agosto 2011, n. 5/R”. Legge Regionale 4 ottobre 2018, n. 15. Norme di attuazione della legge 21 novembre 2000, n. 353 (Legge quadro in materia di incendi boschivi).
Puglia PMPF Bari. Deliberazione del 19 giugno 1969 e n. 891 del 21 luglio 1969 della Commissione permanente per l’Agricoltura e della Giunta Camerale. PMPF Brindisi. Deliberazione n. 483 del 9 agosto 1968 dalla Giunta della Camera di commercio, industria artigianato ed agricoltura della provincia di Brindisi. PMPF Foggia. Deliberazione n. 188 del 14 maggio 1968 dalla Giunta della Camera di commercio, industria artigianato ed agricoltura della provincia di Foggia. 1969. PMPF Lecce. Deliberazione n. 384 del 16 settembre 1969 dalla Giunta della Camera di commercio, industria artigianato ed agricoltura della provincia di Lecce. PMPF Taranto. Deliberazione n. 314 del 27 agosto 1948 dalla Giunta della Camera di commercio, industria artigianato ed agricoltura della provincia di Taranto.
Sardegna Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale ai sensi dell’art. 3 comma 3 lettera g) della LR 27 aprile 2016, n. 8 “Legge Forestale della Sardegna”.
Sicilia D.A. n.13, 20 gennaio 2006. PMPF Agrigento. D.A. n.11, 20 gennaio 2006. PMPF Catania. D.A. n.12, 20 gennaio 2006. PMPF Caltanisetta. D.A. n.10, 20 gennaio 2006. PMPF Enna. D.A. n.8, 20 gennaio 2006. PMPF Palermo. D.A. n.9, 20 gennaio 2006. PMPF Messina. D.A. n.7, 20 gennaio 2006. PMPF Ragusa. D.A. n.6, 20 gennaio 2006. PMPF Siracusa. D.A. n.5, 20 gennaio 2006. PMPF Trapani.
Toscana Legge Regionale 21 marzo 2000, n. 39. Legge forestale della Toscana. Regolamento 8 agosto 2003, n. 48/R. Regolamento Forestale della Toscana.
Provincia Autonoma di Trento Decreto del Presidente n.8-66/Leg, 14 aprile 2011. Regolamento concernente le disposizioni forestali in attuazione degli articoli 98 e 111 della Legge Provinciale 23 maggio 2007 n. 11. Legge Provinciale 23 maggio 2007, n.11. Governo del territorio forestale e montano, dei corsi d’acqua e delle aree protette.
Umbria Regolamento Regionale 17 dicembre 2002, n. 7. Regolamento di attuazione della Legge Regionale 19 novembre 2001, n. 28. Legge Regionale 19 novembre 2001, n. 28. Testo unico regionale per le foreste.
Valle d’Aosta Regio Decreto-Legge 30 dicembre 1923, n. 3267. Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani.
Veneto Regolamento Regionale 07 febbraio 2020, n. 2. Prescrizioni di massima e di polizia forestale adottate ai sensi dell’articolo 5 della legge regionale 13 settembre 1978, n. 52 “Legge forestale regionale”.

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Per comprendere al meglio la tipologia di indicazioni fornite dal legislatore, sulla base della letteratura e di caratteristiche comuni alla maggior parte dei regolamenti esaminati, le informazioni raccolte nel corso dell’indagine sono state organizzate in sette categorie:

  • Dimensioni, ovvero le soglie di misura dei residui per le quali quest’ultimi debbano essere trattati in un determinato modo;
  • Quantità, ossia l’indicazione di una precisa quantità di materiale da trattare come descritto dalle indicazioni;
  • Sistemazione, ovvero le modalità di gestione in bosco o smaltimento dei i residui forestali;
  • Abbruciamento, ovvero la possibilità, e le eventuali modalità, di smaltire il materiale attraverso la bruciatura di quest’ultimo;
  • Tempistiche, vale a dire le indicazioni sul limite di tempo entro il quale i lavori di sgombero dei residui si devono concludere;
  • Divieti, categoria con la funzione di completare, attraverso ulteriori limitazioni, le regolamentazioni riguardo le altre categorie precedentemente trattate;
  • Deroghe, categoria con la funzione di fornire delle dispense agli obblighi stabiliti dalle regolamentazioni riguardo le altre categorie.

Analisi dello stato attuale 

Dall’elenco della normativa esaminata e riportata in Tab. 1, emerge innanzitutto come non esista uno strumento univoco con cui le Regioni o provincie autonome affrontano il tema della gestione dei residui forestali: a seconda dei casi, le norme o prescrizioni sono riportate in leggi regionali o provinciali, che a loro volta rimandano a regolamenti applicativi o direttamente alle PMPF; in altri casi il riferimento è direttamente ai regolamenti; in altri casi, infine, il riferimento principale è una normativa statale. Emerge quindi come la normativa in questione sia estremamente disomogenea a scala spaziale (livello giurisdizionale a cui è stata emessa la norma) ed anche temporale (periodo di emissione della norma), il che contribuisce alla qualità frammentaria delle informazioni raccolte. Infatti, si trovano Regioni, come la Valle d’Aosta, che fanno riferimento, per la gestione forestale ancora, alla Legge Serpieri (R.D.L. 30.12.1923 n. 3267), accanto a Regioni con prescrizioni specifiche emesse in tempi più recenti, come nel caso della regione del Veneto (Regolamento Regionale 07 febbraio 2020, n. 2, con cui si adottano le PMPF). Inoltre, all’interno delle stesse regioni sono presenti in alcuni casi più regolamenti provinciali che disciplinano la gestione delle foreste e in questo caso dei residui forestali: ad esempio, nelle regioni di Sicilia e Puglia sono presenti regolamenti specifici per ciascuna delle province (9 e 5, rispettivamente). Entrando nel contenuto delle norme, si osserva che tra le definizioni di “residui” disponibili nelle leggi e prescrizioni esaminate rientrano la ramaglia, i cimali e gli scarti di lavorazione. Si nota inoltre che la gestione dei residui forestali viene disciplinata, o menzionata, solamente in 17 Regioni, mentre mancano del tutto riferimenti specifici nelle Regioni Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Molise e Valle d’Aosta. Tutto ciò rimanda quindi un quadro normativo complesso, che rende difficile un inquadramento coerente del tema della normativa sui residui forestali, come invece risulta essere presente in altri contesti secondo quanto evidenziato dalla letteratura scientifica.

La presenza o assenza di regolamentazione nelle specifiche categorie, è riportata nella Tab. 2.

Tab. 2 - Riepilogo delle informazioni ricavate dalla normativa delle Regioni e delle Province Autonome (la X indica la presenza di indicazioni nella specifica categoria).

Regione Dimensioni Quantità Sistemazione Abbruciamento Tempistiche Divieti Deroghe Totale
Abruzzo - - - - - - - 0
Basilicata - - × × × × - 4
Provincia Autonoma di Bolzano - - × × - - × 3
Calabria - - × × × × × 5
Campania × - × × × × - 5
Emilia-Romagna - - × × × × × 5
Friuli-Venezia Giulia - - - - - - - 0
Lazio × - × × × × - 5
Liguria - - × × × × × 5
Lombardia × - × × - × × 5
Marche × - × - × × - 4
Molise - - - - - - - 0
Piemonte - - × × - × × 4
Puglia - - × × × × - 4
Sardegna - - × × × × × 5
Sicilia - - × × × × - 4
Toscana - - × × × × × 5
Provincia Autonoma di Trento - - × × - × - 3
Umbria × - × × - × - 4
Valle d’Aosta - - - - - - - 0
Veneto - - × - × - - 2
Frequenza totale 5 0 17 15 12 15 8 -

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Dai dati di Tab. 2 emerge come siano sono ben regolamentate e presenti le categorie riguardanti la sistemazione (17), l’abbruciamento (15), i divieti (15) e le tempistiche (12), mentre, al contrario, la regolamentazione risulta scarsa, o quasi del tutto assente, per le categorie delle deroghe (8) e delle dimensioni (5). La categoria della quantità è assente in tutte le regolamentazioni consultate. In generale, la situazione sul territorio nazionale appare molto eterogenea, variando da Regioni che non hanno prescrizioni ad altre che regolamentano solo alcuni aspetti, ad altre ancora che hanno un approccio normativo più dettagliato alla gestione dei residui.

È chiaro che l’eterogeneità tra le diverse Regioni si spiega con il fatto che il contesto in cui nascono i regolamenti è differente, e pertanto quest’ultimi variano in base alle caratteristiche ambientali, alla selvicoltura e alle pratiche e tradizioni locali, e alle politiche per la tutela ambientale di ogni ente. In particolare, confrontando le indicazioni presenti nelle regolamentazioni e analizzandone analogie e differenze, è emerso che le categorie sistemazione e abbruciamento sono tra quelle presenti con maggiore frequenza, il che si spiega con il loro carattere precauzionale e la loro importanza in termini di difesa del suolo e soprassuolo da fenomeni erosivi e della prevenzione agli incendi. Infatti, una larga percentuale del territorio nazionale (94%) è interessata da fenomeni di dissesto idrogeologico ([18]), e in media ogni anno in Italia si perdono quasi 107mila ettari di bosco a causa di incendi (dato mediato dal 1980 al 2017 - [17]).

Nonostante Titus et al. ([19]) sottolineino come la quantità dei residui sia una categoria fondamentale ai fini della definizione di regole di gestione, le prescrizioni relative a questa categoria sono invece assenti in tutte le regolamentazioni prese in esame. Questa assenza può essere principalmente spiegata considerando che i boschi presenti sul territorio nazionale sono di composizione notevolmente diversa tra loro, con 23 categorie forestali diverse, variabilità di specie e composizione, specifici regimi di gestione ([17]), mentre la definizione di una quantità minima o massima di residui da lasciare in bosco è sito-specifica e, come per la categoria delle dimensioni e delle tempistiche, dipende prevalentemente dalla forma di governo e dalla conformazione del bosco. Risulta pertanto difficile, e forse limitante, definirla a scala regionale.

Le categorie dei divieti e delle deroghe, infine, forniscono ulteriori limitazioni o dispense alle informazioni riguardanti le categorie precedentemente trattate, prestando particolare attenzione agli obblighi forniti dalle regolamentazioni riguardo la sistemazione e l’abbruciamento. Nello specifico, per quanto riguarda i divieti in merito alla sistemazione dei residui, appare come alla base di questi sussista una logica di tutela, imponendo azioni di prevenzione e protezione nel contrasto al dissesto idrogeologico, come l’obbligo di liberare dai residui forestali gli alvei di fiumi, fossi, torrenti o canali in Toscana. È possibile vedere, inoltre, come la stessa logica di tutela sia presente anche in alcune deroghe sulla disposizione dei residui. Quest’ultime, infatti, seppur allargando il grado di permissività delle azioni possibili, sono mirate alla tutela del bosco e alla necessità di prevenire ingenti danni a quest’ultimo. Ad esempio, nel caso dei boschi cedui in Emilia-Romagna, è permesso posizionare una parte dei residui sopra ed intorno alle ceppaie appena tagliate a protezione dalla brucatura da parte degli ungulati.

Infine, confrontando i contenuti delle diverse categorie e Regioni, emerge che:

  • nel caso della sistemazione, è possibile individuare due macrogruppi di Regioni. Basilicata, Bolzano, Emilia-Romagna, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia, Trento e Veneto hanno regolamentazioni più generali, dove viene generalmente disposto l’obbligo di allontanare i residui forestali dalla tagliata in aree dove non ostacolano alcun nucleo di rinnovazione o di asportarli. Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana e Umbria hanno invece regolamentazioni più specifiche, in cui vengono fornite diverse opzioni di gestione dei residui come, ad esempio, la possibilità di accumulare i suddetti residui in andane (Fig. 1), di diverse dimensioni a seconda delle indicazioni fornite, o l’opportunità di smaltire quest’ultimi sottoforma di cippato o triturato;
  • Fig. 1 - Andana di residui forestali nei pressi di un cantiere forestale a Rivamonte Agordino (BL). Foto: I. Casera.

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  • per quanto riguarda l’abbruciamento, invece, vengono fornite indicazioni piuttosto specifiche, che si possono classificare sulla base del grado di restrizione: troviamo, ad esempio, rispetto alla situazione media nazionale, regolamentazioni più restrittive nella Regione Calabria, dove è sempre vietata la bruciatura dei residui forestali, o regolamentazioni più permissive, nella Regione Basilicata, dove l’abbruciamento è sempre consentito nel rispetto del soprassuolo;
  • riguardo la dimensione dei residui forestali (prevista in poche Regioni), ad esempio la Regione Campania e la Regione Lazio forniscono indicazioni diverse in merito alla soglia minima sotto la quale i residui vanno lasciati in loco, imponendo invece di esboscare quelli con un diametro maggiore: la prima ha un valore soglia di 2 cm di diametro, la seconda di 5 cm.

Discussione 

La rassegna condotta riporta un quadro complesso dei trattamenti e delle pratiche gestionali dei residui. In particolare, a livello nazionale, non emergono né una definizione specifica di “residuo forestale” né tantomeno disposizioni uniformi sul relativo trattamento, e questa mancanza si riflette nell’eterogeneità a livello di Regioni e Provincie Autonome.

Non tutti i regolamenti presi in esame prevedono norme per tutte le categorie selezionate, ma questo di per sé non costituisce una criticità in quanto le diverse pratiche gestionali (presenti principalmente nelle categorie sistemazione, abbruciamento, tempistiche, deroghe e divieti) risultano essere coerenti con i diversi contesti forestali delle Regioni e Provincie Autonome. Rimane, invece, evidente come, ad un inquadramento qualitativo delle tipologie dei residui (per esempio, ramaglia, cimale e residui di lavorazione), non corrisponda una definizione quantitativa, rappresentata, anche se parzialmente, nelle categorie quantità e dimensione. Pur riconoscendo le difficoltà di definire una sorta di standard per le dimensioni del materiale residuale, anche considerando le numerose specie forestali presenti sul territorio nazionale, questo passaggio diventa superabile attingendo alla letteratura scientifica già esistente, sul cui modello potrebbero essere definite soglie di quantità minima da lasciare in bosco dopo le operazioni per non compromettere l’effetto positivo della presenza dei residui nei riguardi del suolo e della biodiversità. A questo proposito, la normativa attuale non prende in esame un aspetto chiave che lega la presenza dei residui alla biodiversità, ossia la degradazione e successiva “trasformazione” in legno morto. Mentre nella letteratura scientifica questa relazione risulta essere approfondita già da tempo nella normativa considerata il tema non viene citato, segnalando uno scarso coordinamento orizzontale tra ambiti a cui si riferiscono le norme, ad esempio la gestione delle foreste in aree Natura 2000. Disposizioni relative al rilascio di legno morto sono invece contenute negli schemi di certificazione FSC e PEFC e quindi oggi già adottate volontariamente in molte situazioni forestali senza bisogno di prescrizioni.

Altre regolamentazioni, come ad esempio quelle sull’abbruciamento, potrebbero essere facilmente integrate laddove dovessero mancare e fossero necessarie, oppure modificate indicando strategie di rimozione alternative. Eventualmente, l’integrazione di deroghe e divieti per tutte le categorie potrebbe costituire un mezzo per colmare alcune mancanze riguardo le categorie in questione, confrontandosi anche in questo caso con quanto proposto in merito a situazioni ben specifiche, vedi ad esempio la situazione emergenziale dei tagli fitosanitari per il bostrico.

Conclusioni 

La rassegna delle normative delle diverse regioni e province italiane riguardo la gestione dei residui forestali rappresenta un primo tassello verso la definizione di modalità di rilascio o utilizzo che rispondano a esigenze di equilibrio degli ecosistemi, tutela della biodiversità e valorizzazione economica. La breve analisi condotta ha evidenziato la complessità del tema, che abbraccia in modo trasversale più ambiti collegati alla gestione forestale e la disomogeneità esistente a livello normativo. Anche se questo aspetto non rappresenta di per sé una criticità, in quanto permette di fornire risposte a situazioni e contesti specifici, mette tuttavia in luce la scarsa coerenza verticale tra i diversi livelli istituzionali. Tuttavia, la rassegna svolta non è esaustiva, in quanto, rimanendo in ambito normativo, bisogna considerare che le questioni relative al rilascio dei residui in bosco potrebbero venire affrontate e risolte a livello di capitolati d’oneri (generali e specifici) per l’affido delle operazioni di utilizzazione applicati nelle vendite della proprietà pubblica (e, possibilmente, anche delle grandi aziende private). L’esame di tali capitolati esula dagli scopi del presente lavoro, ma suggerisce che la completa mancanza di leggi e regolamentazioni per alcune regioni o la mancanza di prescrizioni per specifiche categorie non significa necessariamente che il tema sia trascurato dalle pubbliche amministrazioni. Certamente il ricorso a questi strumenti rende ancora più difficile e complessa la redazione di un quadro univoco sul tema della gestione dei residui forestali.

L’estrazione dal bosco e l’utilizzo dei residui forestali, unito al recupero di materiali di scarto, ad esempio provenienti da segherie, si trova oggi ad essere al centro di nuovi settori della bioeconomia, come il bio-tessile, la bio-plastica, i PVC, la bio-farmaceutica, che mirano a realizzare prodotti innovativi e di elevata qualità attraverso trattamenti meccanici e chimici sempre più efficienti delle biomasse legnose. Criticità importanti quali la prevenzione degli incendi e il controllo dei disturbi fitosanitari depongono anch’essi a favore di un’estrazione del legname dal bosco. Allo stesso modo, la tutela della biodiversità, collegata al rilascio di legno morto in bosco, incide sempre più nella scelta dei modelli di gestione forestale. Pertanto, possiamo attenderci che il tema dei residui della gestione forestale assumerà sempre più rilevanza nel futuro e che i conflitti sulla loro destinazione finale possano essere destinati ad acuirsi. La discussione su quale sia il più adeguato mix di strumenti di controllo e volontari in grado di promuovere una gestione adattiva dei residui, capace di non impoverire l’ecosistema forestale ed allo stesso tempo di rispondere alla domanda dei produttori di energie da rinnovabili e della bioeconomia risulta quindi oltremodo attuale ed opportuna.

Contributi degli autori 

Concettualizzazione, A.U. e I.C.; metodologia, A.U. e I.C.; indagine, cura dei dati e raccolta dei dati, I.C.; software e convalida, A.U. e I.C.; analisi formale, P.G.; scrittura - preparazione della bozza originale, I.C.; scrittura-revisione ed editing, A.U., I.C e P.G.; visualizzazione, A.U., I.C e P.G.; supervisione, P.G. Tutti gli autori hanno letto e approvato la versione pubblicata del manoscritto.

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