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General Direction of mountain economy and forests: the first five years of activity

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 21, Pages 60-71 (2024)
doi: https://doi.org/10.3832/efor4692-021
Published: Aug 06, 2024 - Copyright © 2024 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

With the incorporation of the State Forest Corps into the Carabinieri Corps and the establishment at the Ministry of Agriculture of the “General Direction of Forests” in November 2017, later renamed “General Direction of Mountain Economy and Forests” (DIFOR), many things have changed in the national and regional forestry sector, as forestry has been gradually given a new political and institutional status. DIFOR has initiated an unprecedented process of dialogue and discussion with the different institutions pertaining in the field, as well as the main stakeholders of the sector and the civil society. During the first five years of the Direction’s activity, efforts have been made to overcome the institutional inaction which was characterizing the former periods, by implementating an important and long-awaited regulatory reform of the national forestry sector (Legislative Decree no. 34 of 2018 - TUFF), defining a National Forestry Strategy (SFN) and establishing specific funds for priority issues in the forestry sector. Above all, many controversial issues were addressed through the TUFF enforcement decrees, and in the acts and actions of DIFOR as well, strengthening its role of national leadership and coordination in the regional application of the constitutional principles; hence, an unparalleled reform plan has taken place. This document reviews the work carried out and the operational implications which have arisen from its implementation, setting a new path for the development of the Italian forestry sector.

Keywords

Forests, Forest Supply Chains, Governance, Participation, Sharing, Strategic direction, Institutional coordination

Introduzione 

Il 3 aprile 2018 veniva pubblicato il decreto legislativo n. 34, ovvero il “Testo unico delle foreste e delle filiere forestali”, meglio conosciuto come TUFF ([9]), approvato in attuazione della delega ricevuta dal Parlamento grazie all’art. 5 della legge 28 luglio 2016 n. 104. La delega affidava al Ministero dell’Agricoltura il compito di integrare, o riscrivere abrogandolo, il decreto legislativo n. 227 del 2001 di “Orientamento e modernizzazione del settore forestale”. Si trattò del primo risultato tangibile dell’attività dell’allora neonata “Direzione generale delle foreste”, formalmente istituita nel novembre del 2017 presso il “Dipartimento delle Politiche Europee e dello Sviluppo Rurale” (DIPEISR) del Ministero dell’Agricoltura per svolgere i compiti affidati al Ministero dal decreto legislativo n. 177 del 2016, relativo all’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri, ed altri compiti, concernenti le foreste e l’economia montana, ma già affidati ad altre Direzioni generali dell’allora Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ([8]).

Il Decreto legislativo n. 34 del 2018 (di seguito TUFF), rispondeva in tal modo alle istanze di riordino normativo del settore forestale nazionale, che erano da più parti già state avanzate e raccolte, in primo luogo dal “Programma quadro per il settore forestale” ([20]), varato nel 2008 e redatto nell’ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale 2007-2013 da un gruppo di lavoro coordinato dall’Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA, oggi CREA Politiche e bioeconomia)e composto da rappresentanti delle amministrazioni regionali, dei Ministeri competenti in materia (ambiente e beni paesaggistici) e i principali stakeholder di settore; in secondo luogo, le istanze portate al “Tavolo di filiera forestale”, creato nel 2012 presso il “Dipartimento delle politiche europee e dello sviluppo rurale” del Ministero dell’agricoltura, e con il compito di confronto e dialogo tra lo Stato, le amministrazioni locali e i principali stakeholder del settore, ma anche per coordinare le attività di indirizzo e coordinamento in materia forestale previste dal PQSF, che aveva una validità decennale. Il testo legislativo del 2018 coglieva inoltre le proposte emerse nel percorso di confronto e ascolto fatto sul territorio, grazie alle sette tappe degli “Stati generali delle foreste italiane”, compiuto per volontà dell’allora Viceministro con delega alle foreste, Sen. Andrea Olivero, con il supporto tecnico scientifico della Rete Rurale Nazionale. Gli stati generali, partiti da Roma il 29 novembre 2016 con un evento nazionale, si sono conclusi a Padova il 29 maggio del 2017, e hanno visto come tappe intermedie Foggia il 28 aprile, Cuneo il 5 maggio, Amatrice il 9 maggio, Potenza il 15 maggio e Trento il 22 maggio. Gli esiti degli incontri e dei vivaci dibattiti sviluppatisi sono stati raccolti e pubblicati nel “Libro bianco dei boschi d’Italia, verso una nuova strategia forestale nazionale” ([23]), curato e pubblicato sul sito della Rete Rurale Nazionale.

L’approvazione del TUFF, e la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (Serie Generale n. 92 del 20 aprile 2018), dopo un lungo percorso di consultazione pubblica e di concerto istituzionale tra le amministrazioni nazionali e regionali competenti in materia forestale, furono salutate da non poche polemiche e anche da pretestuose valutazioni di non costituzionalità. Il rinvio espresso a numerosi decreti attuativi e la possibilità contenuta nell’articolato di approvarne di altri, se ritenuto opportuno e concordato con gli stakeholders, facevano dubitare della reale efficacia che il dettato normativo avrebbe comportato. Alcune minime incongruenze, frutto della tanta concertazione, venivano inoltre amplificate nei loro reali effetti e tacciate come indizio di una cattiva qualità dell’azione legislativa ed amministrativa. In particolare, le critiche si sono concentrate proprio a ridosso della sua approvazione finale sollevando sia nell’opinione pubblica sia nel mondo accademico posizioni talvolta estreme, creando fronti opposti, strumentalizzazioni e soprattutto cattiva informazione. Tutto ciò ha dimostrato come la mancanza di informazioni corrette e di conoscenze sulla materia forestale rappresentano un serio problema che, oltre ad accrescere la perdita di una “cultura del bosco”, genera “fake news” pericolose in grado di alimentare conflitti sempre più spesso pretestuosi a discapito della stessa tutela delle foreste e purtroppo anche di chi nel e del bosco vive.

Il professore Mario Mauro, nel volume “Diritto forestale e ambientale, profili di diritto nazionale ed europeo” curato dalla professoressa Nicoletta Ferrucci, scriveva che “il TUFF, rispetto alla disciplina forestale precedente, aspira a segnare un’inversione di rotta. Esso cerca di superare l’immobilismo che aveva contrassegnato le esperienze passate, prendendo consapevolezza che la cura e la custodia dei boschi non possono prescindere dall’intervento dell’uomo” ([18]).

Per divenire concreta, l’inversione di tendenza indicata da M. Mauro doveva però essere dotata dell’apparato normativo dei numerosi decreti attuativi previsti e di una adeguata dotazione finanziaria nazionale che si affiancasse ai fondi regionali e dello Sviluppo rurale, nonché di norme di accompagnamento e di semplificazione.

In occasione del IV Congresso nazionale di selvicoltura ([2]), tenutosi a Torino nel novembre 2018, si è potuto esaminare e discutere in modo concreto e costruttivo il nuovo disposto normativo; l’assemblea si concludeva con una Mozione finale dei Congressisti piuttosto articolata, i quali ritenevano necessario, come primo dei dodici punti elencati, proprio “che siano resi operativi la Strategia forestale nazionale e i decreti attuativi del D.lgs. n. 34 del 2018, anche prevedendo finanziamenti con risorse derivanti dal risparmio ottenibile in termini di difesa del territorio, mediante l’attivazione di una selvicoltura che metta in primo piano la funzionalità degli ecosistemi forestali”.

Nell pagine che seguono, vengono descritti i risultati che si sono conseguiti nei cinque anni successivi, analizzati anche alla luce del mandato ricevuto dai Congressisti del 2018, grazie all’operato della Direzione generale economia montana e delle foreste (di seguito DIFOR) e dei molti protagonisti della filiera foresta legno energia che hanno voluto collaborare al progetto che il TUFF aveva appena abbozzato.

Il metodo partecipativo 

Seguendo il solco avviato nell’ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale, il metodo che la DIFOR ha applicato, in tutto il suo percorso ogni volta che sia stato possibile, è stato di promuovere e sostenere processi partecipativi nelle proprie scelte e decisioni. Dopo il primo percorso itinerante degli “Stati generali delle foreste italiane”, dedicato all’ascolto di tutti coloro che volevano comunicare le proprie esigenze e aspettative e indicare la reali potenzialità di crescita del settore, conclusosi con la pubblicazione del “Libro bianco dei boschi d’Italia” e del TUFF, la DIFOR ha proseguito, istituendo il “Tavolo di concertazione forestale Ministero-Regioni” (DM n. 6792 del 26 giugno 2019), su richiesta delle Regioni stesse e composto dai rappresentanti degli uffici forestali regionali e dai funzionari della DIFOR, e aggiornando il “Tavolo di filiera foresta legno energia” istituito nel 2012 (DM n. 8746 del 14 settembre 2018), composto dai rappresentanti dei principali stakeholders di settore e con funzioni di coordinamento tra le componenti della filiera forestale legno ed energia e le diverse politiche di settore nazionali e regionali. Nei fatti, si è trattato dei primi due decreti in termini cronologici approvati in attuazione del TUFF; questi due tavoli hanno rappresentato lo strumento più importante per garantire il confronto e la condivisione di tutte le azioni intraprese negli anni successivi dalla DIFOR.

In particolare, il Tavolo di filiera ha potuto anche lavorare per sottogruppi tematici nati su proposta dei componenti, che hanno poi portato all’attenzione del tavolo centrale i propri risultati di approfondimento. Di particolare rilievo, il lavoro svolto dal sottogruppo tematico dedicato all’utilizzo energetico del legno, tema socialmente molto divisivo e, in assenza di specifica delega, non affrontato dal TUFF. Il sotto-tavolo ha approfondito il tema in tutti i suoi aspetti, anche i più controversi, riconoscendo l’importanza del contributo dato dalle filiere energetiche del legno e i suoi derivati al settore energetico locale e nazionale, ma anche ai peculiari risvolti ambientali che un utilizzo sconsiderato e non rispettoso può provocare, sia ai boschi nazionali sia a quelli fuori Italia, da cui viene importata legna e derivati energetici (pellet e cippato). Ne è scaturito un Position Paper ([13]), che a sua volta è stato sottoposto al dibattito del Tavolo di filiera, e da questo adottato all’unanimità. Come tale, è stato pubblicato sul sito web del Ministero, come posizionamento comune del settore per alimentare un dibattito sereno e dare prospettive di sostenibilità a un settore che vede in ogni caso svilupparsi un’economia di rilievo.

Nel febbraio del 2019, per la preparazione delle bozze di ognuno dei Decreti attuativi previsti nel TUFF (Tab. 1), sono stati anche istituiti diversi Tavoli tecnici informali il cui segretariato veniva condiviso tra la DIFOR e il CREA Politiche e bioeconomia (CREA-Pb). Sono stati chiamati a partecipare a questi tavoli misti Enti, mondo scientifico e rappresentanze dei privati e nelle discussioni preliminari alla redazione delle bozze hanno quindi partecipato i rappresentanti dei Ministeri concertanti (ambiente, beni paesaggistici e sviluppo economico), degli uffici forestali delle regioni, della Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale (SISEF), del Consiglio Nazionale dell’Ordine Agronomi e Forestali (CONAF), dell’Unione Nazionale Comuni, Comunità ed Enti Montani (UNCEM), delle diverse organizzazioni di categoria (Federlegno, Federforeste, AIEL, FIPER, Assocarta, ecc.), delle principali organizzazioni ambientaliste nazionali.

Tab. 1 - Decreti Ministeriali attuativi del TUFF, in ordine di promulgazione.

DM Ministeriale Tematica Riferimento TUFF
D.M. N. 4470 29/04/2020 Definizione dei criteri nazionali per iscrizione agli albi regionali delle imprese forestali Art.10, c.8, let. a)
D.M. n. 4472 29/04/2020 Criteri per la formazione professionale degli operatori forestali Art.10, c.8, let. b)
D.M. n. 9219119 07/10/2020 Criteri per esonero interventi compensativi per trasformazione bosco e Linee guida Art.8, c.8
Dec. interministeriale n. 563765 28/10/2021 Criteri per l’elaborazione dei piani forestali di indirizzo territoriale e dei piani di gestione forestale Art.6, c.7
Dec. interministeriale n. 563734 28/10/2021 Criteri per il riconoscimento dello stato di abbandono delle attività agropastorali Art.7, c.11
D.M. n. 563734 28/10/2021 Criteri viabilità forestale, opere connesse alla gestione dei boschi e alla sistemazione idraulico forestale Art.9
Dec. Interministeriale n. 677064 24/12/2021 Strategia Forestale Nazionale Art.6, c.1
Dec. dipartimentale n. 64807 9/2/2023 Norme tecniche per elaborati cartografici tecnico scientifici degli strumenti di pianificazione forestale Art.6, c.7
D.M. n. 193945 05/04/2023 Istituzione della Rete nazionale dei boschi vetusti Art. 7, c. 13 bis

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I Tavoli tecnici, partiti tutti insieme, hanno lavorato in stretta sinergia tra loro, condividendo i contenuti e le terminologie da utilizzare nonché valorizzando la complementarità dei temi (ad esempio tra il decreto formazione professionale e il decreto dedicato agli albi delle imprese forestali), grazie al coordinamento costante della DIFOR e di CREA-Pb. Le tempistiche di rilascio delle bozze si sono invece scaglionate nel tempo, consentendo così ai tavoli dedicati ad argomenti più complessi di mettere a frutto le esperienze maturate nel corso degli esami formali dei testi dei singoli provvedimenti. Ogni bozza prodotta è stata sempre preventivamente esaminata dal Tavolo di concertazione e dal Tavolo di filiera foresta legno.

Tra i tavoli tecnici che hanno ricevuto l’incarico di redigere le bozze dei Decreti attuativi del TUFF, il più numeroso (oltre 40 componenti) e gravato dal compito più ambizioso è stato quello che, sotto la guida del Prof. Davide Pettenella (Università di Padova), ha contribuito a scrivere la Strategia Forestale Nazionale ([21]), come da mandato dell’art 6, comma 1 del TUFF. La prima bozza, condivisa e approvata all’unanimità dal tavolo tecnico, è stata posta a consultazione pubblica nella primavera del 2020, chiedendo contributi a chiunque volesse inviare le proprie osservazioni. Le 350 risposte pervenute sono state raggruppate per argomenti, valutate e discusse dal Tavolo tecnico. La valutazione ragionata delle proposte è stata resa pubblica sul finire del 2020 ([10]), e di conseguenza la bozza è stata modificata ed avviata all’iter istituzionale, dopo i passaggi ai due Tavoli istituzionali di cui sopra, ottenendo l’intesa di ben tre Ministeri (MASE, MIC, MIMIT) ed il concerto della Conferenza Stato Regioni ([10]).

Il TUFF ha consentito altresì di riattivare anche un organismo misto, previsto dalla vigente norma in materia di vivaismo forestale (D.lgs. n. 386 del 2003) che per una serie di disavventure legislative era stato abrogato, rendendo così impossibile attuarne finalmente le previsioni normative ([16]).

Infine, presso il MASAF, con il coordinamento della DIFOR, trovano spazio altri tavoli di filiera specialistici, dedicati al tartufo ([17]), al castagno ([12]), al sughero (DM N. 0193921 del 05/04/2023 “Filiera legno - Piano di settore sughericolo” - [14]), che, in ascolto delle categorie interessate, discutono dei provvedimenti di settore e hanno operato per la redazione dei relativi piani di settore da sottoporre al Ministro per l’approvazione. Tra questi, anche se istituito con sua norma specifica, si colloca anche il Tavolo dedicato alla pioppicoltura (Commissione tecnica - [16]), tema trattato, per espressa delega normativa, dalla Strategia Forestale Nazionale, pur non trattandosi di area normativamente definibile come bosco, quanto piuttosto come impianto di arboricoltura da legno.

Ciò che si è realizzato può essere a buon diritto annoverato tra i risultati non di un’amministrazione definibile come “partecipata”, ma di un processo che i più recenti studi sui beni comuni, tra i quali da sempre si annovera il bene bosco, ha definito come “amministrazione condivisa” ([1]) in cui le persone partecipano all’esercizio della funzione amministrativa, contribuendo concretamente alla soluzione dei problemi della comunità, riconoscendo che non sono solo portatori di bisogni ma anche di capacità. Grazie ai fondamentali apporti di tutti gli interessati, nel corso di dibattiti anche specificatamente organizzati, ci si è resi conto che le soluzioni devono essere all’altezza della complessità dei problemi, ma devono essere operativamente fattibili, e semplici da applicare.

Le attività internazionali ed europee 

Il TUFF è stato descritto come un atto normativo che ha finalmente consentito di introdurre nella legislazione italiana i principi e le finalità dedotti dai principali documenti elaborati dal diritto internazionale in materia di biodiversità e di foreste ([6]).

Tra questi sicuramente un ruolo fondamentale è esercitato dallo United Nations Stategic plan for forests 2017-2030 ([26]), grazie al quale le Nazioni unite hanno delineato elementi di politica forestale fino al 2030 nel segno della multifunzionalità, che è carattere proprio di ogni foresta del pianeta e che deve essere conservata e valorizzata per i benefici che ricadono sulle collettività planetarie, con rilevanza ambientale, economica e sociale.

I Ministri delle foreste di tutta Europa declinano politiche nella stessa direzione fin dal 1990, attraverso un processo volontario di avvicinamento delle linee di politica forestale messe in atto da 46 Stati, cui si aggiunge la UE, che hanno aderito al processo denominato Forest europe (⇒ https:/­/­foresteurope.org/­). Attraverso periodiche conferenze ministeriali, si elaborano documenti di indirizzo per le politiche forestali dell’intero continente, l’unico insieme all’Oceania che vede le proprie foreste in costante crescita, nonostante la crisi climatica mostri evidenti innalzamenti nelle manifestazioni di disturbo, dagli incendi agli schianti da vento, nonché nelle manifestazioni dei patogeni, divenute in alcuni casi epidemiche. Il riconoscimento della multifunzionalità forestale, il valore di una gestione forestale sostenibile e dei multipli benefici ed opportunità che possono essere colti in campo culturale, sociale ed economico si traducono in atti di indirizzo che sono sottoscritti in periodiche riunioni dai Ministri europei competenti per le attività forestali. Purtroppo, si deve registrare il fallimento del mandato ricevuto dalla conferenza dei Ministri ad Oslo nel 2011, quando venne ricevuto il mandato di negoziare un accordo vincolante legale (Legal binding agreement, LBA) tra tutti i Paesi aderenti. La discussione è stata caratterizzata da grande intensità, e pareva a un passo dal concludersi positivamente, quando improvvisamente nel 2019 la Russia ha fatto mancare il suo sostegno, nei fatti abbandonando il processo ministeriale, quasi un triste presagio.

Nella Conferenza tenutasi a Bratislava nel 2021, i Ministri hanno confermato una visione comune per le foreste europee fino al 2030: grazie alla gestione forestale sostenibile, i 46 Ministri hanno dichiarato di voler conseguire foreste più resistenti, in salute, produttive e multifunzionali, pensando sia alle generazioni presenti sia a quelle future ed hanno sottoscritto obiettivi ed impegni comuni. È imminente la seduta della prossima conferenza dei Ministri, che si terrà a Bonn l’1 e 2 ottobre 2024, con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione nel settore forestale in Europa e di condividere le più importanti esperienze in materia di gestione forestale sostenibile.

In ambito UE, è importante rilevare la sempre più forte presenza delle politiche europee in campo forestale, nonostante il legno continui a non essere contemplato tra i beni compresi nell’allegato I del Trattato. Il principio di tale crescente attivismo di ritrova ampiamente delineato fino dalla Strategia Forestale Europea del 1998 e in particolare nella successiva del 2013 “per le foreste ed il settore forestale”, nella quale si dà atto del valore multifunzionale delle foreste e della possibilità per la UE di occuparsene per raggiungere nuovi traguardi in tema di biodiversità e gestione sostenibile, indicando strumenti per enfatizzarne il ruolo, a beneficio della collettività. Con una successiva comunicazione, la Commissione Europea nel 2019 ha ritenuto necessario intensificare la sua azione per “proteggere e ripristinare le foreste del pianeta” nel solco di quanto delineato dalla Agenda 2030 delle Nazioni Unite, ampliando gli orizzonti delle sue politiche forestali al contrasto alla fame, alla desertificazione, favorendo la salute globale del pianeta e dell’umanità, poiché grazie alle foreste si regolano, ad esempio, i cicli dell’acqua, si possono favorire consumi responsabili e lavoro dignitoso, contribuendo alla lotta agli effetti delle crisi climatiche e stoccando carbonio ([4]).

Le successive comunicazioni europee sulla Strategia europea della biodiversità 2030 (COM (2020)380 del 20 maggio 2020) e la conseguente Strategia europea per le foreste 2030 (COM(2021)572n del 16 luglio 2021) di cui la Strategia forestale italiana è l’attuazione nazionale, hanno visto la DIFOR, come da mandato ricevuto dalla sua declaratoria di compiti, rappresentare gli interessi italiani in ogni discussione con una presenza costante, attiva e collaborativa ([15]), mentre in campo interno i decreti attuativi del TUFF erano elaborati in costante sintonia con le discussioni e i documenti elaborati in sede europea. In numerosi casi, è stata l’esperienza italiana ad animare i dibattiti, come è accaduto per il documento delle Linee guida per i boschi vetusti ([5]) che ha visto l’Italia tra i tre Paesi che hanno guidato la discussione, forte del suo essere l’unica Nazione ad avere una definizione giuridica di bosco vetusto (art. 3, comma 2, lett. s del D. lgs. 34 del 2018) e ad avere un decreto attuativo per la sua individuazione e gestione (DM n. 608943 del 19 novembre 2021), avendo istituito un albo nazionale dei boschi vetusti, in corso di pubblicazione on line con l’individuazione del primo bosco vetusto.

In sede europea opera dal 1993 l’European Forest Institute (EFI), un’organizzazione internazionale cui aderiscono attualmente 30 Nazioni europee, nonché 130 organizzazioni appartenenti a 39 nazionalità. Scopo dell’organizzazione è quello di condurre ricerche in campo forestale e fornire supporto tecnico-scientifico su tematiche con risvolti sugli ecosistemi forestali. Inoltre, l’EFI facilita e stimola l’instaurarsi di reti e promuove la disseminazione di informazioni imparziali, comprovate per attendibilità e serietà che abbiano rilevanza per le politiche forestali al fine di “connettere le conoscenze con le azioni”. L’Italia, che ha riconosciuto EFI fin dal 2005 e vi ha aderito con un costante contributo finanziario, partecipa con la Direzione foreste alle attività, mentre numerosi rappresentanti delle organizzazioni associate (SISEF, CREA, CNR, CREA, varie Università italiane), contribuiscono attivamente alla governance dell’Istituto. Oltre alla sede centrale, in Finlandia, EFI conta 5 sedi periferiche, la più giovane delle quali siede, per espresso sostegno della DIFOR con il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, a Roma ed è dedicata alle Biocities. In tal modo la DIFOR ha inteso operare per il riconoscimento delle peculiarità nazionali in tema di foreste urbane e periurbane con una nuova visione che riconosce il potere trasformativo delle foreste urbane per contribuire alla creazione di città sostenibili, resilienti, salutari, e belle. La SFN contempla espressamente il tema delle foreste urbane, in stretta coerenza con la Strategia Nazionale del Verde Urbano ([3]), cui fa rinvio la sua Azione specifica 6, con sotto-azioni specifiche dedicate ai caratteri storici e culturali di elevato valore paesaggistico, nonché alle nuove foreste urbane e periurbane in connessione con i boschi collinari e montani, contribuendo a ridurre la frammentazione di cui soffre la copertura forestale italiana.

La dimensione internazionale di ogni politica forestale deve essere tenuta nella massima considerazione anche quando si agisce a livello locale, perché la copertura forestale non conosce confini amministrativi, ed è uno dei principali cardini degli equilibri planetari, garantiti da ogni singolo albero insieme a tutti gli altri nel mondo, dai neo-impianti periurbani alle foreste pluviali equatoriali. In tale dimensione planetaria si incardina il ruolo del MASAF, tramite la DIFOR, come Autorità nazionale competente per il sistema EUTR. Si tratta di dare attuazione al Regolamento europeo n. 995 del 2010, che è stato recentemente modificato e integrato dal Regolamento del Parlamento e del Consiglio 31 maggio 2023 n. 1115, relativo alla messa a disposizione sul mercato dell’Unione e all’esportazione dall’Unione di determinate materie prime e determinati prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale, che abroga il previgente Regolamento (UE) n. 995/2010 (EUDR).

Il Regolamento n. 995 del 2010 ha stabilito che tutto il legno e i suoi derivati circolante in Europa doveva essere stato prodotto non danneggiando le foreste da cui era stato ricavato. Si è così messo in moto un sistema di responsabilità degli operatori, i quali devono dimostrare di essersi accertati di non aver causato deforestazione producendo o acquistando prodotti a base di legno danneggiando le foreste da cui provengono con tagli illegali. Il complesso sistema, assicurato sia per legname importato sia per legname prodotto in Europa, è dunque basato su documenti che provano la dovuta diligenza sulla base del rischio deforestazione del paese di provenienza e da un sistema di controlli sia in sede doganale sia in sede aziendale, coordinato dalla DIFOR in collaborazione dei Carabinieri forestali. Dal 2023 il sistema, detto della “due diligence” è stato modificato, ampliando i beni ad altri giudicati responsabili di deforestazione, quali il caffè, il cacao, la carne, la soia, il mais ed il caucciù. Il MASAF è confermato il Ministero competente, la DIFOR è confermata Autorità nazionale per il legno, mentre per gli altri prodotti è stato individuato l’Istituto Controllo di Qualità e Repressione Frodi. Le innovative misure comportano una necessità di georeferenziazione delle provenienze, l’accesso ad un sistema europeo di certificazioni dematerializzate, un maggior peso dei controlli doganali sia in ingresso sia in uscita dalla UE. Molto del lavoro dei prossimi anni sarà dedicato alla divulgazione del tema ed all’accompagnamento delle aziende nel rispettare le nuove regole.

Dalla pianificazione forestale al Cluster Italia foresta legno 

La SFN ha posto una grandissima attenzione al tema della programmazione e della pianificazione forestale, considerando tali attività necessarie a rendere concreta, pur nel rispetto dell’elevata variabilità degli ecosistemi forestali italiani, la gestione forestale sostenibile che il TUFF ha definito all’art. 7.

L’art. 6 del TUFF propone una sorta di piramide pianificatoria, al vertice della quale si trova la SFN, raccordo tra i documenti di orientamento internazionali ed europei e la programmazione forestale regionale (Programma forestale regionale). La Strategia, pur essendo un documento complesso, ma di agevole lettura, affronta ad ampio spettro in maniera coordinata e coerente il tema della multifunzionalità forestale in ogni sua sfaccettatura. La sua missione dichiarata è quella di “portare il Paese ad avere foreste estese e resilienti, ricche di biodiversità, capaci di contribuire alle azioni di mitigazione e adattamento alla crisi climatica, offrendo benefici ecologici, sociali ed economici per le comunità rurali e montane, per i cittadini di oggi e delle prossime generazioni”.

Si compone di tre obiettivi: (A) la gestione sostenibile e il ruolo multifunzionale delle foreste; (B) l’efficienza e l’impiego delle risorse forestali per uno sviluppo sostenibile delle economie delle aree rurali, interne ed urbane del paese; (C) la responsabilità e la conoscenza globale delle foreste. Gli obiettivi sono declinati in Azioni e sotto-azioni, e accompagnati da altre 10 Azioni specifiche e 5 Azioni strumentali.

Per ciascuna Azione sono indicati i risultati attesi, le tempistiche per il loro raggiungimento, e il loro monitoraggio, nonché le fonti finanziarie cui attingere. Nel testo non è indicata la principale fonte finanziaria per raggiungere gli obiettivi della SFN, cioè la legge 30 dicembre 2021 n. 234, recante il Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e pluriennale per il triennio 2022-2024; in particolare, con l’art. 1, comma 530 ha istituito un apposito fondo, con il compito di assicurare l’attuazione della SFN, con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2032.

Grazie alle prime due annualità, il Tavolo di concertazione forestale ha predisposto un accordo per la ripartizione dei fondi del primo biennio, indicando alcuni obiettivi prioritari e urgenti da conseguire tra tutti gli obiettivi e azioni contemplate nella SFN, per adeguare il sistema forestale italiano alle sfide del nostro tempo, con particolare riguardo agli effetti della crisi climatica.

La piramide pianificatoria di cui all’art. 6 del TUFF si snoda poi attraverso i Programmi forestali regionali che ogni Regione elabora per il proprio contesto territoriale e socioeconomico, tenendo conto delle indicazioni del quadro internazionale e nazionale. Il TUFF propone poi la redazione di alcuni strumenti pianificatori per l’attuazione del Programma forestale regionale, tra i quali i Piani Forestali di Indirizzo Territoriale (PFIT) e i Piani di gestione forestale e strumenti equivalenti. I PFIT sono strumenti volti a valorizzare le risorse forestali per ambiti comprensoriali omogenei per caratteristiche ambientali, paesaggistiche, economiche e sociali, produttive e amministrative, anche attraverso il coordinamento degli strumenti classici di pianificazione a livello aziendale (Piani di gestione forestale e strumenti equivalenti). Oltre alla dimensione territoriale innovativa, il PFIT punta a un percorso partecipativo per la sua redazione, così da coinvolgere la collettività locale nell’individuazione delle vocazioni delle proprie foreste e delle modalità più idonee per valorizzarle. Molto la DIFOR si attende, in tal senso, dalle proprietà demaniali regionali che possono per prime sperimentare il valore aggiunto di tale tipologia pianificatoria. E molto si attende dagli effetti dei finanziamenti dedicati al tema, così come a quelli che saranno destinati a incrementare la gestione forestale sostenibile. Parallelamente, con la legge 30 dicembre 2018, n. 145, all’art. 1, comma 663 e comma 664, la DIFOR si è impegnata per ottenere un capitolo di bilancio ministeriale dedicato alle foreste (Fondo per le foreste italiane) al fine di assicurare la tutela, la valorizzazione, il monitoraggio e la diffusione della conoscenza delle foreste italiane. Tra le attività sostenute con il Fondo foreste, di cui si dettaglia di seguito, particolare importanza ha avuto il sostegno alla qualificazione degli operatori forestali con i progetti di collaborazione tra Stato e Regioni, For.Italy 1 e For.Italy 2 (⇒ https:/­/­www.reterurale.it/­FOR­_ITALY); la raccolta e interpretazione di dati sul sistema legno italiano con rilevazioni delle Camere di Commercio; l’analisi dei danni della tempesta Vaia e il processo di coordinamento, armonizzazione e digitalizzazione delle informazioni statistiche e cartografiche inerenti la materia forestale, che ha portato alla costruzione del Sistema Informativo Nazionale delle Foreste e delle Filiere Forestali (SINFor - ⇒ https:/­/­sinforang.geodatalab.cloud/­#/­), gestito dal CREA, e alla realizzazione della Carta forestale d’Italia (la prima dal 1936 - ⇒ https:/­/­www.sian.it/­SinForGrafClient/­).

Il decreto che ha dedicato ampia quota del Fondo di attuazione della SFN ai PFIT (D.M. n. 145804 del 30 marzo 2022), oltre all’Azione della SFN operativa B1 di carattere generale, richiama particolare attenzione alla sotto-azione B.1.1.e, con la previsione del miglioramento dell’accessibilità ai boschi. Il tema della viabilità forestale, di estrema importanza non solo per la gestione forestale, ma anche per garantire la prevenzione e lotta agli eventi estremi e uno sviluppo delle attività ludico ricreative in bosco, è stato affrontato ponendo particolare attenzione agli impatti ambientali e paesaggistici nella realizzazione di strade e piste forestali. Con un apposito D.M. di attuazione del TUFF (D.M. n. 563734 del 28/10/2021), elaborato in contemporanea con quello dedicato alla pianificazione forestale (Decreto n. 563765 del 28/10/2021), sono stati definiti la classificazione e i dettagli costruttivi, indicati con precisione così da garantire sull’intero territorio nazionale che l’attenzione sia massima e le motivazioni tecniche per la costruzione inoppugnabili. Per completare il quadro, è stato successivamente approvato il Decreto dipartimentale n. 64807 del 9 febbraio 2023 relativo alle norme tecniche per la costruzione degli elaborati cartografici tecnico scientifici per la predisposizione degli strumenti di pianificazione forestale.

L’obiettivo è quello di raggiungere almeno il 25% della superficie pianificata entro il 2030. Questo consentirà di conseguire un altro importantissimo risultato chiaramente indicato dal TUFF, ovvero l’incremento delle superfici certificate, che vedono nella pianificazione il primo requisito di una efficace gestione.

Tema legato alla pianificazione è la certificazione forestale, processo volontario che rappresenta non solo un impegno e una garanzia per l’applicazione di una corretta gestione forestale e per la tracciabilità dei materiali legnosi, ma anche uno strumento di marketing in grado di attribuire maggiore competitività ai prodotti della filiera forestale. L’obiettivo numerico fissato dalla SFN per la certificazione è il medesimo in termini numerici di quello fissato dagli obiettivi pianificatori.

Nell’analisi SWOT presentata nella prima parte della SFN, nell’elenco delle debolezze, dopo la considerazione della scarsa quota di boschi pianificati e alla limitata conoscenza e consapevolezza del ruolo e delle funzioni del bosco, è indicata al terzo posto l’elevata frammentazione delle proprietà forestali e la ridotta dimensione aziendale con scarsa propensione alla gestione associata e all’adeguamento strutturale, gestionale e produttivo. Il 65% delle proprietà forestali nazionali è privato e la dimensione media della superficie è nella maggior parte dei casi molto ridotta a causa delle successioni ereditarie. In molti casi, si tratta anche di ex-coltivi, posti in aree collinari e montane che, per effetto della prolungata assenza di coltivazione, sono stati ricolonizzati da una successione vegetale secondaria che si evolve in breve tempo in una vera e propria facies boschiva. Per queste ragioni si rende nei fatti vana ogni ipotesi di gestione quando non di vero e proprio disinteresse, assistendo ad un abbandono “colturale” di tali superfici e proprietà, nonché “culturale” del bosco.

Per contenere tale fenomeno, il TUFF ha definito all’art. 3, comma 2, lett. g i terreni colturalmente abbandonati e alla lett. h i terreni silenti, come i relativi proprietari, sconosciuti, non rintracciabili, spesso emigrati in altri continenti, e ha indicato all’art. 7 la possibilità di una gestione associata delle superfici con quella dei proprietari conosciuti, anche pubblici. Si auspica in tal modo di ricongiungere le proprietà confinanti fino a una dimensione adeguata ad attivare una forma di gestione nel segno della sostenibilità, anche economica.

Il TUFF e la SFN si sono posti come obiettivo l’aumento della costituzione di forme di gestione associata, nelle forme consolidate o con nuovi e innovativi modelli, come risposta alla frammentazione ed all’abbandono. Con il bando dell’ex Progetto Operativo Agricoltura (ex POA3) sono stati finanziati con complessivi 5 milioni di euro 27 progetti di animazione territoriale, 5 proposte progettuali del Centro-Nord e 22 del Mezzogiorno, funzionali alla creazione o al rafforzamento di sistemi di associazionismo dei beni forestali, siano essi cooperative, consorzi, semplici associazioni di scopo fino alle forme più innovative, quali il Forest sharing, i condomini forestali, le comunità del bosco, le foreste modello, ecc. I progetti finanziati hanno coinvolto circa 600 soggetti proprietari, sia pubblici che privati, o gestori di superfici forestali o agricole/pascolive, raggiungendo una superficie complessiva di 82.680 ettari, di cui il 67% di proprietà pubblica. Sul totale delle superfici coinvolte, i territori coperti da boschi raggiungono un’estensione di 67.123 ettari e costituiscono circa l’81% delle superfici totali coinvolte.

Se la gestione forestale può portare a un risultato produttivo, sia essa legno, sughero, funghi, tartufi, bacche o miele, si è ipotizzato di introdurre anche per questo settore lo strumento delle Reti di impresa, ipotizzando un modello del tutto peculiare, l’Accordo di foresta, di cui all’art.3 “Distretti produttivi e reti di imprese” del Decreto legge n. 5 del 2009, art.3, comma 4 quinquies (convertito in Legge 9.04.2009 n. 33). È noto che le forme di integrazione verticale tra produttori, raccoglitori e trasformatori mancano nelle zone collinari e montane, ma è ben evidente che anche dove vi sono pregevoli eccezioni manca una integrazione con i proprietari forestali. Sono state perciò estese, avviando la sperimentazione di una forma speciale di rete denominata Accordo di foresta, le misure delle Reti di impresa agricole alle Reti di impresa forestale. Si tratta di uno strumento che vede coinvolti nella rete dei contraenti l’accordo almeno la metà dei proprietari di aree a vocazione agrosilvopastorale. Lo scopo dichiarato di tali peculiari accordi è quello di valorizzare “le superfici pubbliche e private a vocazione agro-silvo-pastorali nonché la conservazione e l’erogazione dei servizi ecosistemici forniti dai boschi”.

Anche il tema dei servizi ecosistemici (SE) è trattato con attenzione dalla SFN, con un’azione operativa specifica (A2). Si è consapevoli che le foreste generano, indipendentemente dall’intervento umano, molti benefici per la società presente e futura, strettamente connessi con lo stato di salute dell’ecosistema. I SE di interesse pubblico, generati dall’azione virtuosa dell’uomo, non trovano però sul mercato adeguata remunerazione e andrebbero compensati con strumenti quali schemi di pagamento o altre modalità di finanziamento, secondo i principi che il TUFF indica all’art. 7, comma 9. La SFN propone di creare le premesse per il riconoscimento dei SE e remunerare servizi di interesse pubblico, ambientale e sociale, mantenuti e accresciuti dalle attività di gestione forestale sostenibile, attraverso riforme normative in sede nazionale e regionale entro il 2025. Al momento non pare essere pronta un’elaborazione condivisa, mentre stanno partendo esperienze di riconoscimento volontarie.

Fa eccezione il riconoscimento istituzionale in atto dei crediti di carbonio maturati grazie a impegni aggiuntivi rispetto a ordinarie pratiche agricole e forestali, previsti da un progetto approvato, che riducano o prevengano emissioni di gas serra o rimuovano e sequestrino in forma duratura la CO2 presente in atmosfera, contribuendo alla diminuzione delle concentrazioni atmosferiche responsabili della crisi climatica. I crediti maturati nei mercati volontari, riconosciuti e iscritti fino a ora in un registro volontariamente mantenuto dal Nucleo di monitoraggio del carbonio del CREA-Pb e poi venduti ad acquirenti desiderosi di diminuire la propria impronta ambientale, a breve potranno essere inseriti in un percorso regolato dallo Stato. Infatti, con l’art. 45, comma 2 quater del Decreto legge 24 febbraio 2023 n. 13, convertito con modificazioni dalla Legge 21 aprile 2023 n. 41 è stato istituito presso il CREA il “Registro pubblico dei crediti di carbonio generati su base volontaria dal settore agroforestale nazionale” e sono in corso di elaborazione le previste Linee guida alla cui bozza la DIFOR ha contribuito insieme al CREA-Pb. Tra le azioni che possono generare crediti di carbonio, oltre ad attività selvicolturali e di piantagione di specie forestali, sono previsti impieghi strutturali del legno che restino in opera per almeno 30 anni. Si tratta del riconoscimento del valore anche ai fini della mitigazione della crisi climatica dell’utilizzo del legno in attività edilizie, che le moderne tecnologie hanno consentito di edificare con ampiezze ed altezze ragguardevoli.

Questo presuppone, per l’Italia, nuovi obiettivi gestionali per le foreste a vocazione produttiva e la necessità di sviluppare tecnologie innovative, se non si intende incrementare ulteriormente la già grande dipendenza (stimata nell’80%) dalle importazioni di legname dall’estero, sia tondo, sia parzialmente lavorato, sia destinato ad uso combustibile.

La SFN individua chiaramente nella frammentazione dei settori produttivi legati alla filiera foresta legno, e alla sostanziale rarefazione delle segherie, uno dei principali motivi di tale fenomeno e sottolinea la necessità di promuovere e sostenere il networking nel mondo forestale della prima e seconda trasformazione, al fine di concordare politiche di filiera, di comunicazione e di promozione.

La DIFOR ha risposto a quanto evidenziato dall’Azione strumentale 5 della SFN ponendo le condizioni perché nel luglio 2023 si costituisse il “Cluster Italia foresta legno”, nei fatti insieme al progetto For.Italy, il primo obiettivo centrato tra quelli prefissati nel documento strategico. Il Cluster si propone di incoraggiare e rafforzare i legami tra imprese, istituzioni, territori, enti di ricerca per sostenere il trasferimento tecnologico al fine di mettere a sistema e promuovere la realtà di aggregazione industriale e le reti di impresa già presenti in ambito locale, regionale e sovraregionale in materia di valorizzazione dei prodotti legnosi, per creare sinergie nei processi di innovazione tecnologica, nelle attività di marketing, nell’acquisizione di finanziamenti , nelle attività di normazione e certificazione, rappresentando gli interessi del settore in sede nazionale, europea ed internazionale. Al momento, oltre ai propri atti costitutivi e di governance interna, il Cluster è riconosciuto come interlocutore e siede all’interno del tavolo della bioeconomia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, al pari di altri cluster nati per iniziativa del Ministero della Ricerca.

La DIFOR ha inoltre lanciato un progetto di collaborazione, sostenuto con il Fondo foreste, con Unioncamere e la Fondazione Tagliacarne per avviare attività sperimentali di raccolta e interpretazione di dati sul sistema legno italiano attraverso le rilevazioni delle Camere di Commercio. I primi risultati consentono di confermare il contributo relativamente limitato del sistema legno al PIL nazionale, nonostante realtà locali dove invece la presenza di numerose imprese consente di raggiungere importanti risultati economici. Si conferma così la bontà della visione che ha portato alla creazione del Cluster, inteso come Cluster di raccordo delle iniziative in sede locale.

Ancora, con l’obiettivo di iniziare un percorso che porti a consolidare Reti di impresa nel settore forestale, preceduto da una manifestazione di interesse molto partecipata, è stato pubblicato, con decreto ministeriale n. 48567/2023, un bando del valore di 10 milioni di euro per finanziare progetti che vedano protagoniste reti di impresa interregionali, grazie a una quota dei Fondi statali di accompagnamento del PNRR. La risposta è stata ampiamente superiore alle aspettative, tanto che è stato possibile riconoscere il finanziamento a soli 12 progetti, rispetto ai 86 ammissibili. Le progettualità risultate non idonee o rigettate dopo attento esame istruttorio evidenziano da un lato poca dimestichezza con le risposte ai bandi, in generale, e non ancora una piena comprensione di che cosa significhi nel concreto un lavoro in rete. L’impressione conferma quanto emerso dall’indagine di Unioncamere sui “sentiment” delle imprese del settore. Le imprese della prima lavorazione, microimprese per lo più, lamentano un sostanziale senso di isolamento e difficoltà nell’essere raggiunte da notizie che le potrebbero riguardare.

Il MASAF è convinto sostenitore delle politiche di incentivazione delle reti. Per questo, alcuni fondi PNRR non meglio utilizzati in altri progetti sono stati destinati ad incrementare le somme a disposizione per i vari bandi emanati nel settore agricolo, agroalimentare, della pesca e delle foreste, ed a breve i progetti utilmente in graduatoria saranno esaminati alla luce delle possibilità di finanziamento con i fondi di provenienza europea, grazie all’istruttoria che sarà affidata ad ISMEA.

Altre opportunità di finanziamento delle imprese forestali proverranno a breve dal Ministero del Made in Italy, attraverso il fondo creato dall’art, 8 della Legge n. 206 del 27 dicembre 2023 (“Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del Made in Italy”). Al fine di promuovere lo sviluppo delle certificazioni di gestione forestale sostenibile, la creazione ed il rafforzamento delle imprese boschive e della prima lavorazione del legno, vengono infatti stanziati 20 milioni di euro (altri 5 saranno stanziati per le imprese del settore vivaistico-forestale) per l’incremento tecnologico e digitale delle imprese nonché la creazione di sistemi di produzione automatizzati.

Puntare sull’innovazione delle imprese forestali, soprattutto micro e piccole imprese, investendo risorse pubbliche anche degli altri Ministeri firmatari della SFN è possibile anche grazie alla vasta opera in favore della formazione professionale e della sicurezza dei lavoratori avviata da DIFOR e Regioni. Già nell’aprile del 2020 sono stati approvati i primi due decreti attuativi del TUFF, riguardanti la formazione professionale degli operatori (D.M. n. 4472 del 29/04/2020), e l’istituzione, in forma coordinata e con reciproco riconoscimento, degli albi regionali degli operatori forestali (D.M. n. 4470 del 29/04/2020). A seguire la SFN ha individuato con l’azione operativa B2 la qualificazione degli operatori forestali come necessità di base per il miglioramento di tutta la filiera. La diffusione delle competenze, il riconoscimento dei requisiti tecnici e professionali, la creazione di percorsi formativi e di codificazione coordinata dei profili professionali sono ritenuti infatti tasselli indispensabili ed urgenti per qualificare l’azione dell’intero settore nel segno della responsabilità e della sostenibilità.

Grazie ai progetti di collaborazione tra Stato e Regioni finanziato per un triennio dal Fondo foreste, con la Regione Piemonte come capofila e la collaborazione di vari enti formativi specializzati, è stato varato il progetto For.Italy 1, conclusosi con successo nel 2023. È stato possibile incontrare complessivamente quasi mille operatori del settore in varie edizioni per una giornata di aggiornamento e sensibilizzazione, e formare con sette settimane di corso 98 istruttori forestali con accresciuta professionalità da dedicare alla formazione a cascata dei colleghi. Nel frattempo, sono più che raddoppiate le regioni che riconoscono la figura dell’operatore forestale e che hanno istituito l’albo regionale delle imprese forestali. Il progetto è stato riconosciuto dalla Corte dei Conti come uno dei migliori esempi di collaborazione tra Stato e Regioni.

La necessità unanimemente espressa dal Tavolo di concertazione di proseguire nell’attività è stata recepita inserendo nuovamente il tema della formazione professionale nei sette obiettivi prioritari cui saranno destinati nel prossimo triennio i fondi della SFN. Grazie alla collaborazione della Regione Toscana e della Regione Calabria, il progetto denominato For.Italy 2 è pronto per essere varato, modellato sulle esigenze che le singole Regioni hanno individuato e manifestato.

Da Vaia ai boschi vetusti 

Secondo la SFN, il patrimonio forestale nazionale, come componente del capitale naturale italiano, assume per le politiche di sviluppo del nostro Paese un ruolo strategico “rappresentando un’eredità culturale ed ambientale del nostro passato, una componente rilevante della nostra identità e rimane il protagonista del futuro che stiamo costruendo”.

Le principali sfide a cui il settore forestale nazionale deve e può dare un concreto contributo sono legate alla crisi climatica in atto, allo sviluppo delle energie rinnovabili, alla protezione dell’ambiente ed alla conservazione della biodiversità, e al recupero funzionale e strutturale degli ecosistemi ed alla tutela del paesaggio. Appena qualche mese dopo l’approvazione del TUFF, a fine ottobre 2018, la tempesta Vaia mostrava anche sugli alberi, per la prima volta a sud delle Alpi, la potenza devastante di un fenomeno meteorologico di cui non si aveva memoria per dimensione e intensità. Per la prima volta un’ordinanza di Protezione civile, la n. 58 del 2018, conteneva, grazie all’impegno DIFOR, previsioni per interventi di emergenza che riguardavano aree boscate. Altrettanto celermente, grazie alla collaborazione con le Regioni e le Province autonome colpite e all’Università di Firenze, veniva redatto un primo documento sulla reale estensione del fenomeno (che ha raggiunto la cifra di 40.000 ettari di superficie privata interamente devastata) con una prima valutazione dei metri cubi di massa legnosa atterrati, stima che si rivelerà purtroppo eccessivamente prudente. Sempre grazie al coordinamento della DIFOR, nel 2021 è stato possibile pubblicare un resoconto complessivo cartografico con criteri uniformi dei reali effetti dell’uragano ([11]). Con parte delle somme del Fondo foreste 2019 veniva avviato, grazie alla collaborazione con l’Università di Padova, un percorso di monitoraggio della prevedibile conseguente infestazione di bostrico (Ips typographus), insieme allo studio delle dinamiche di ricolonizzazione delle aree scoperte. L’infestazione ancora galoppa, aiutata dalle condizioni climatiche eccezionali riscontrate negli anni successivi: siccità invernali prolungate, inverni caldi, estati caldissime. Si tratta di condizioni che mettono in difficoltà la vegetazione dell’abete rosso, che subisce pertanto gli attacchi più pesanti e repentini che le popolazioni di bostrico, in velocissima crescita, riescono a mettere in atto anche in zone molto lontane da quelle colpite dalla tempesta Vaia.

Le necessità urgenti di pensare a un ripristino delle aree denudate, ma anche di avviare miglioramenti forestali in aree degradate per altre ragioni con specie autoctone, ha riportato centrale il tema della vivaistica forestale, che a partire dagli anni ‘70 sembrava rivestire scarso interesse. Lo dimostrano ampiamente i numeri riportati nella sezione dedicata alla vivaistica del 1 Rapporto sullo stato delle foreste italiane, pubblicato nel 2019. La dotazione di materiale vivaistico forestale appare del tutto inadeguata alle esigenze. Già il TUFF aveva dedicato l’art. 13 al materiale forestale di propagazione, ripristinando la Commissione tecnica di cui all’art. 14 del D.lgs. 386 del 2003 con il compito di coordinare la filiera vivaistica forestale nazionale secondo modalità stabilite con apposito decreto.

La SFN ha dedicato un’apposita azione specifica alle risorse genetiche e al materiale di propagazione forestale (Azione specifica 3). Sono due le sotto-azioni previste per favorire l’utilizzo: la moltiplicazione, la diffusione e la commercializzazione delle specie forestali autoctone, arboree e arbustive, di provenienza certificata per gli interventi di rimboschimento, ripristini, rinaturalizzazioni, arboricoltura da legno; le attività di migrazione assistita e colonizzazione guidata, sostenendo l’aggiornamento dei Registri regionali dei materiali di base e dei boschi da seme. La riattivazione della Commissione prevista dal D.lgs. n. 386 ha consentito di aggiornare e integrare il quadro normativo nazionale alla luce delle disposizioni e degli indirizzi europei, a partire dalla Direttiva 1999/105/CE. Il 17 maggio 2022 è stato pubblicato il Decreto riguardante le Linee guida per la programmazione della produzione e l’impiego di specie autoctone di interesse forestale, in conseguenza del quale, oltre alla cartografia delle nuove 19 regioni di provenienza di cui al DM n. 269708 dell’11 giugno 2021, sono state pubblicate le mappe relative alla localizzazione dei materiali di base ammessi dagli organismi ufficiali (le regioni) e iscritti al registro nazionale dei materiali di base. Il 31 marzo 2022 è stato approvato il decreto interministeriale n. 22A03586 di individuazione dei centri nazionali per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale, come previsto dal TUFF in aggiunta ai Centri biodiversità gestiti dai Carabinieri forestali.

La cornice di tutti questi interventi risiede nel D.M. n. 9403879 del 30 dicembre 2020, volto alla valorizzazione delle risorse genetiche forestali attraverso la definizione di aspetti relativi all’ammissione dei materiali forestali di propagazione nei registri regionali e nazionale, con le relative modalità di tenuta e aggiornamento, in armonia con i contenuti della Strategia europea per la biodiversità 2030. Il medesimo decreto ha consentito di definire cosa si intenda per “fini forestali” e le disposizioni che consentono di ottemperare agli obblighi di tracciabilità dei materiali forestali di moltiplicazione europei. Per centrare gli obiettivi della SFN, una quota parte dei fondi dedicati sono stati destinati ai materiali forestali di propagazione. Altri stanno per pervenire attraverso la norma sul Made in Italy precitata, grazie ad un apposito decreto in fase di redazione presso il MIMIT.

La DIFOR aderisce e contribuisce finanziariamente a EUFORGEN, il programma europeo per le risorse genetiche forestali, per la loro promozione e studio, quale parte integrante della gestione forestale sostenibile, che un recente documento di indirizzo della Direzione generale Environment (27 luglio 2023) ha indicato debba “avvicinarsi maggiormente alla natura”. La visione innovativa indica una direzione gestionale improntata a principi e valori che contemplino la conservazione degli ecosistemi forestali esistenti in uno stato di salute quanto migliore possibile, valorizzandone la resilienza e la resistenza agli effetti della crisi climatica.

Per muoversi in tale direzione, occorre certamente puntare su tecniche selvicolturali innovative che recuperino antichi saperi e li aggiornino alla luce delle nuove sfide. Utili riferimenti per tali attività possono essere raccolti studiando quei lembi di foresta che sono più vicini alle foreste primigenie europee, in Italia del tutto scomparse in ragione dell’antichissima colonizzazione e della relativa facilità di utilizzare ogni facies boschiva per i propri fini. Per questo motivo nel TUFF, per effetto di un’introduzione voluta dalla norma di conversione del decreto clima del dicembre 2019, sono stati introdotti due commi, l’uno con la definizione di bosco vetusto (art. 3, comma 2, lett. s del TUFF), l’altro riguardante un rinvio a un decreto attuativo per l’identificazione dei boschi vetusti sul territorio nazionale e il loro inserimento in un apposito albo. All’identificazione e inserimento nell’albo seguiranno apposite norme di gestione che consentano il mantenimento nel tempo di questi territori e indirizzino in quelle aree studi e ricerche sulle loro caratteristiche e dinamiche. Si tratta della prima definizione a livello giuridico di bosco vetusto in Europa e l’esperienza italiana, insieme a quella di altre due Nazioni, è stata fondamentale per la redazione delle linee guida europee, pubblicate il 20 marzo 2023. Le linee guida nazionali sono state pubblicate in allegato al decreto 19 novembre 2021 n. 608943, anche al fine della creazione della Rete nazionale dei boschi vetusti istituita con decreto del 5 aprile 2023 n. 193945. L’applicativo informatico per la Rete è stato approntato, e a breve sarà inserito il primo bosco dichiarato vetusto, l’Abetina di Rosello (Chieti).

La Legge n. 10 del 2013 (“Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”) ha istituito all’art. 7 la possibilità di dichiarare alberi monumentali (AMI) alcuni esemplari arborei che per il loro valore elevato dal punto di vista biologico ed ecologico (età, specie, dimensione, rarità, valore come habitat), ma anche per importanza storica, culturale e religiosa che rivestono in determinati contesti territoriali, siano identificabili come autentici monumenti viventi. La SFN ha recepito il valore della norma e, con l’Azione specifica 5, ha indicato la necessità di promuovere azioni pubbliche di valorizzazione e sensibilizzazione per identificarli, caratterizzarli, studiarli e monitorarli. Grazie al continuo aggiornamento dell’elenco, gli AMI sono oggi più di 4.000, grazie a sei decreti di aggiornamento pubblicati con periodicità annuale. Con la circolare n. 1368 del 28 novembre 2018, la DIFOR ha riordinato i procedimenti amministrativi legati agli alberi già inseriti nell’elenco, con particolare riferimento agli interventi manutentivi che devono essere autorizzati, distinguendo quelli a carattere di urgenza da quelli programmabili, e quelli poco incisivi da quelli che possono costituire modifiche della chioma e dell’apparato radicale, nonché sulla loro zona di protezione. Gli alberi monumentali, infatti, in particolare quelli radicati nei centri urbani, hanno necessità di cure colturali attente, messe in atto da professionisti qualificati. La circolare, dopo due anni di sperimentazione, alla luce delle osservazioni formulate da enti ed operatori del settore, è stata abrogata e completamente riscritta (Circ. n. 461 del 5 marzo 2020), rinviando ad un apposito Decreto dipartimentale (n. 1104 del 31 marzo 2020) elaborato e concordato allo scopo di fornire uno spettro di buone pratiche cui far riferimento nella gestione del patrimonio arboreo monumentale.

L’art. 16 del TUFF (disposizioni di coordinamento) ha in parte modificato l’art. 7 della legge 10 del 2013, inserendo ad integrazione dell’elenco degli AMI anche un elenco di boschi monumentali vetusti, dandone una definizione specifica che li distingue dai boschi vetusti di cui al precedente capoverso, in quanto si tratta non solo di formazioni boschive naturali, ma anche artificiali, che per età, forme e dimensioni, ovvero per ragioni storiche, letterarie, paesaggistiche, toponomastiche, culturali e spirituali, presentino caratteri di preminente interesse tali da richiedere il riconoscimento di una speciale azione di conservazione. La coincidenza dell’aggettivo vetusto dovrà essere modificata in sede legislativa, in occasione di alcuni aggiustamenti da più parti invocati all’art. 7, dopo più di dieci anni di applicazione.

Il previsto decreto per i boschi monumentali è in fase di elaborazione da un gruppo di lavoro misto, come ormai d’abitudine per i Decreti di competenza DIFOR, consentendo in tal modo, con le azioni che ne conseguiranno, di assicurare la conservazione di quei valori identitari e culturali che caratterizzano i territori, come richiesto dall’azione specifica 5.2 della SFN.

Dal RAF alla Carta forestale d’Italia 

Dal 2016 l’ISTAT non pubblica più dati statistici sul settore forestale e non è possibile reperire dati attendibili sul settore, se non da rilevamenti puntuali ovvero in alcuni rapporti internazionali (ad esempio EUROSTAT, FAO, ecc.) pubblicati con periodicità superiori all’annualità, come del resto sono i dati degli inventari forestali raccolti e pubblicati dal Corpo Forestale dello Stato (CFS) prima e dai Carabinieri forestali poi (ultimo aggiornamento al 2015), unica base informativa statistica per il settore.

Per supportare la politica nazionale e regionale, nonché i forestali che si occupano di politiche e di attività tecniche sono però indispensabili dati accurati, credibili, aggiornati con periodicità costante. L’art. 15 del TUFF si è occupato proprio di questo tema. Prima di tutto, ha risolto la diatriba tra le diverse definizioni di bosco ad uso statistico, precisando che ai soli fini statistici è confermata la definizione FAO, utilizzata anche per la costruzione degli Inventari forestali nazionali, in modo da consentire raffronti a livello internazionale. Per le necessità normative di gestione forestale, tutela ambientale e paesaggistica, è stata invece data una definizione univoca, che sarà discussa più oltre in questo paragrafo. Grazie ad altri commi del medesimo articolo al MASAF, per tramite della DIFOR, sono assegnati compiti quali il coordinamento, l’armonizzazione, la digitalizzazione delle informazioni statistiche e cartografiche inerenti il patrimonio forestale, la realizzazione di una cartografia forestale georiferita da rendere disponibile sul sito ministeriale, la redazione di un rapporto periodico sullo stato del patrimonio forestale nazionale, del settore e delle sue filiere, con forme di collaborazione interistituzionale con le regioni e gli Enti di ricerca.

In attuazione del dettato normativo, grazie alla collaborazione con la Rete Rurale Nazionale, tutti gli enti e le istituzioni che detengono dati validi, credibili e diffusi per tutta Italia, e con il contributo fondamentale di Compagnia delle Foreste, è stato possibile pubblicare il primo Rapporto sullo stato delle foreste italiane ([22]) che fino alle prime recentissime pubblicazioni di dati sul nuovo Sistema informativo nazionale delle foreste e delle filiere forestali (SINFor - ⇒ https:/­/­sinfor.sian.it/­#/­) è stato il solo punto di riferimento consolidato ai fini statistici del settore sul cui reale stato continuano a circolare notizie destituite di un reale fondamento statistico.

La SFN ha ripreso il tema nella sua Azione strumentale 1, confermando che le fonti informative e statistiche nazionali in ambito forestale sono insufficienti e non coprono aspetti del settore di particolare interesse per la collettività. La SFN propone, quindi, obiettivi da consolidare nel breve periodo, cioè entro cinque anni: realizzare il coordinamento e l’integrazione tra i diversi sistemi informativi e le differenti organizzazioni ed enti che li raccolgono, anche al fine di predisporre rapporti periodici sullo stato delle foreste, facendo confluire in database anche i dati inventariali, creando un sistema informativo, di cui al comma 2 dell’art. 15 del TUFF, che ne cura la gestione e pubblicando una nuova Carta forestale d’Italia, la seconda dopo quella, e unica, del 1936.

Tali previsioni si collegano strettamente con la Sotto azione operativa C.3.1 della SFN, in tema di attuazione degli impegni internazionali nelle impostazioni di monitoraggio e nella valutazione delle politiche nazionali.

Grazie al fondo foreste delle annualità 2021-2023 e all’accordo con il CREA, raggiunta l’intesa con le regioni, è stato approvato il progetto per la creazione del Sistema informativo nazionale delle foreste e delle filiere forestali (SINFor) composto da una Banca dati di informazioni statistiche sulle foreste e settore forestale, e dalla Carta Forestale d’Italia.

SINFor si propone come un nuovo servizio per il mondo forestale nazionale, uno strumento operativo pubblico, consultabile on line, che rappresenta il risultato di un costante processo partecipativo tra enti, istituzioni, soggetti pubblici e privati che a vario titolo producono e detengono dati e informazioni relativi al sistema forestale con l’impegno comune a mettere a disposizione in un unico sistema organizzato e aggiornato nel tempo informazioni disponibili della conoscenza. Si configura inoltre come supporto alla programmazione e alla pianificazione e gestione delle foreste, rispondendo alle esigenze di reporting nazionali e internazionali, di monitoraggio e valutazione degli effetti delle politiche avviate.

La Banca dati SINFor, presentata il 12 dicembre 2023 e resa operativa nei mesi successivi, è composta da 150 indicatori specifici, partendo da dati di superficie, economici, amministrativi, organizzati in 6 Ambiti di indagine (Patrimonio forestale, Programmazione e pianificazione forestale, Gestione forestale, Tutela e conservazione ambientale, Bioeconomia, Risorse finanziarie). Nei primi mesi del 2024, si è proceduto alla pubblicazione delle prime elaborazioni della Carta forestale d’Italia, dotata di un geo-data base cartografico che permette di visualizzare e interrogare diversi strati informativi accessibili attraverso un’interfaccia web-GIS. Il primo prototipo della Carta, operativo e completo da settembre 2024, fa riferimento a dati georiferiti dalle ortofoto AGEA dal 2018 al 2022, con una scala 1:10.000, al momento unicamente con finalità informative e statistiche, per facilitare una migliore conoscenza e gestione del patrimonio forestale. Saranno liberamente consultabili le aree che attualmente ricadono nelle tre definizioni di bosco, quella statistica (FAO), quella di valore nazionale (TUFF), quella di valore regionale se diversa dalla precedente.

La definizione FAO, ripresa all’art.15 del TUFF e applicata nel Global Forest Resources Assesment 2000 definisce bosco “un territorio con copertura arborea superiore al 10%, su un estensione maggiore di 0.5 ha e con alberi alti, a maturità, almeno 5 metri”. Altre definizioni di bosco, piuttosto variabili tra loro, sono state elaborate dalle Regioni per dare attuazione alle norme regionali in materia di gestione forestale e vincolo idrogeologico e/o per propri fini statistici. Le leggi forestali nazionali, fin dal 1877 ma anche dal 1923, si occupavano infatti di bosco senza mai definirlo, e tale lacuna è rimasta fino alla regionalizzazione delle competenze nel 1977. La necessità di avere una definizione univoca nazionale è apparsa evidente solamente nel 1985, quando il decreto “Galasso” vincolò per ragioni di tutela paesaggistica tutti i boschi, senza definirli, vietando di trasformarli in altra qualità di coltura senza la preventiva autorizzazione paesaggistica, in assenza o in difformità della quale la sanzione comminata è sia penale, sia amministrativa con obbligo di remissione in pristino. Il medesimo articolato è oggi presente nel D.lgs. n. 42 del 2004.

Nell’indeterminatezza delle disposizioni, si erano formulate classificazioni in sede giurisprudenziale, tra le quali si rinviene una definizione “ecosistemica” nella celebre Sentenza della Corte di cassazione del 12 febbraio 1993, che molte altre sentenze ispirò. L’esigenza di una definizione giuridica si è acuita con l’emanazione della Legge n. 353 del 2000, in tema di incendi boschivi, che ha introdotto nel Codice penale la definizione, come reato proprio, di incendio boschivo, sostanzialmente inapplicabile senza definizioni di bosco di valore nazionale. Il D.lgs. n. 227 del 2001 cercò di rispondere a questa esigenza, equiparando i termini di bosco e foresta, e dando parametri numerici di superficie e copertura minimi per avere un bosco giuridicamente definito. L’articolo però era valido per 12 mesi, in attesa delle definizioni regionali, che solo parzialmente si allinearono alla definizione nazionale. Le definizioni di bosco sono rimaste molto differenti tra loro, rendendo di fatto i cittadini italiani delle varie regioni non uguali di fronte a leggi penali.

Sul punto è finalmente intervenuto il TUFF, con la definizione valida sull’intero territorio nazionale in caso di applicazione di norme nazionali di carattere ambientale e paesaggistico. La definizione si rinviene all’art. 3, comma 3, mentre l’art. 4 definisce assimilate a bosco, e quindi altrettanto vincolate, altre tipologie di superfici con alberi e arbusti. L’art. 5 definisce invece le aree escluse dalla definizione di bosco. I chiarimenti resisi necessari in sede applicativa sono stati portati all’attenzione degli operatori con la Circolare DIFOR Prot. 0146184 del 8 marzo 2023, per l’applicazione dell’art.5, comma 1, lett. a e b del D.lgs. 34 del 3 aprile 2018.

Il TUFF ha consentito anche di definire che cosa si debba intendere per “taglio colturale”, che il Decreto “Galasso” prima ed il D.lgs. n. 42 del 2004, all’art. 149, comma 1, lett. c avevano dichiarato effettuabile nei boschi tutelati dall’art. 142 del Decreto stesso, senza preventiva autorizzazione paesaggistica, senza definirne chiaramente i contorni. Anche in questo caso era intervenuta la giurisprudenza, delineando il confine tra taglio colturale ed un taglio sanzionabile attraverso il rispetto delle prescrizioni di massima o i regolamenti regionali in materia di taglio piante. Il TUFF ha fornito una definizione di taglio colturale e di interventi selvicolturali per effetto dell’art. 7, comma 13 e dell’art. 3, comma 2, lett. c.

Grazie all’art. 8 del TUFF, sono state rafforzate le valutazioni cautelative da mettere in atto in sede di autorizzazione alla trasformazione permanente delle aree boscate. Rispetto al previgente articolo contenuto nel D.lgs. n. 227, l’art. 8 prescrive non solo una valutazione dell’assetto paesaggistico successivo alla trasformazione, confermando comunque la necessità di una compensazione forestale, ma prevede anche una valutazione di danno ambientale, con ciò anticipando l’equiparazione tra i due valori che pochi anni dopo si realizzerà nel suo livello più alto con la modifica dell’art. 9 della Costituzione con Legge Costituzionale 11 febbraio 2022 n. 1.

Restava però ancora poco chiaro e non univocamente interpretato l’annoso problema dei “tagli colturali” effettuati, secondo le leggi regionali, nelle aree boscate non vincolate per effetto degli atti amministrativi di cui all’art. 136 del d.lgs. n. 42 del 2004. Si tratta di superfici boschive presenti con percentuali variabili dal 20% al 50% nelle varie regioni. La maggior parte di tali atti era stata elaborata e approvata dagli uffici periferici del MIC, e pubblicata in Gazzetta Ufficiale, negli anni in cui il sacco del paesaggio pareva inarrestabile, per erigere una barriera alla distruzione di aree paesaggisticamente di rilievo. Deve però essere rilevato che raramente i decreti perimetrano boschi ben specifici; spesso si tratta di preservare un paesaggio agricolo-forestale di interesse senza entrare nel merito delle sue qualità e superfici, tenendo anche conto che quello stesso paesaggio è molto cambiato per l’avanzata naturale di nuovi boschi a danno di coltivi abbandonati. È recentemente intervenuto, dopo anni di difficoltà interpretative e non pochi contenziosi in sede penale accompagnati da vivaci polemiche, l’art. 5bis della Legge n. 136 del 9 ottobre 2023, legge di conversione con modificazioni del D.l. n 104 del 10 agosto 2023. Grazie a tale disposizione la deroga all’autorizzazione paesaggistica è estesa anche ai boschi vincolati ex art. 136, purché siano rispettate le norme regionali vigenti. Inoltre, all’art. 8, comma 3 della legge n. 206 del 27 dicembre 2023, viene espressamente abrogata un’altra disposizione che, sul medesimo punto, nel 2021 aveva ulteriormente complicato l’attuazione della norma. Resta impregiudicata, come chiarito dalla circolare DIFOR (Prot. n. 020218) del 16 gennaio 2024, la possibilità che i piani paesaggistici, ovvero specifici accordi di collaborazione tra Soprintendenze e Regioni, concordino specifici interventi mirati a porre sotto tutela facies boschive per preservare gli aspetti paesaggistici dei boschi radicati nel perimetro dei decreti amministrativi, con particolare riferimento a quegli atti, minoritari in verità, che hanno inteso porre sotto tutela porzioni ben specifiche di bosco.

Anche queste modifiche normative hanno scatenato numerose quanto fragorose polemiche. Di particolare interesse al riguardo, la pacata breve nota sul tema pubblicata dalla Prof.ssa Nicoletta Ferrucci il 21 febbraio 2024 ([7]) sul sito web dell’Accademia dei Georgofili, in cui si faceva notare che in tal modo veniva vanificato “nell’ambito di una liberalizzazione, correttivi mirati a garantire la tutela della valenza culturale di quelle peculiari tipologie di bosco”. Il 13 marzo 2024 i dott. forestali Luigi Torreggiani e Paolo Mori, della rivista Sherwood, rispondevano all’articolo della Prof.ssa Nicoletta Ferrucci, segnalando con un editoriale da un lato la pervicace non volontà del Ministero della Cultura di sedersi ad un tavolo per arrivare alla redazione delle Linee guida nazionali, e dall’altro la reale assenza di personale competente e specializzato che presso le singole Soprintendenze possa “ragionare nel merito sui progetti selvicolturali” ([25]). Veniva inoltre sottolineato dai due Autori una singolare, contorta e ricorrente interpretazione secondo la quale la preventiva autorizzazione era preposta a valutare gli stessi interventi selvicolturali, che comunque avevano modellato e consentito di mantenere inalterato il paesaggio forestale, considerato di peculiare rilievo paesaggistico con atto ministeriale.

Alla valutazione della modifica normativa più recente può forse giovare la lettura di alcune sentenze della suprema Corte costituzionale, che si aggiungono alla precedente, di capitale importanza e mai più smentita, la n. 14 del 1996. La Corte afferma infatti nuovamente, con la sentenza n. 16 del n. 15 febbraio 2024, che è compito dello Stato “fissare livelli uniformi sull’intero territorio nazionale” dei criteri di tutela ambientale. Inoltre, con la Sentenza n. 19 del 19 febbraio 2024, considerando l’autorizzazione paesaggistica “uno dei fondamentali istituti di protezione ambientale”, si evidenzia da un lato l’interesse unitario alla tutela del paesaggio e dall’altro la necessità di “uguali trattamenti in tutto il territorio nazionale della tipologia di abusi paesaggistici”. Nei fatti, poiché fino all’approvazione delle norme sopra citate, ogni Soprintendenza era stata libera di decidere se considerare la materia dei tagli piante come sua competenza o meno, e anche con quali modalità giudicare l’intervento, non era in alcun modo possibile assicurare quell’evidente interesse unitario, o forse, salvo alcune valutazioni in sede centrale, le sedi periferiche del MIC non consideravano un pericolo per il paesaggio forestale il taglio di piante autorizzato dalle leggi regionali.

Conclusioni 

Il prof. Federico Roggero, nel suo contributo al “Commentario al testo unico in materia di foreste e filiere forestali” ([19]) sostiene che il TUFF è espressione di quella potestà legislativa statale cui la Corte costituzionale, con le sentenze n. 307 e n. 331 del 2003 “demanda di definire il punto di equilibrio, non certo arbitrariamente definito, bensì rispettoso del principio di sussidiarietà - limitativo delle scelte delle Regioni”. Prosegue il prof. Roggero osservando che “i decreti attuativi daranno conto dei diversi profili di intervento che lo Stato attuerà nel settore forestale”.

A distanza di sei anni, il processo può dirsi quasi del tutto completato, anche con l’individuazione di alcuni stanziamenti dedicati specificatamente a temi riconosciuti prioritari. Con la revisione e l’aggiornamento della normativa nazionale in materia di gestione forestale e di sviluppo delle filiere, ritenuta necessaria al momento della pubblicazione del TUFF, risultano affrontati e approvati molti dei decreti attuativi previsti dal decreto, ed è ormai consolidato il ruolo di indirizzo e coordinamento nazionale della norma nei principi costituzionali di applicazione e attuazione regionale della materia. Nel 2026, al termine del primo quinquennio di validità della Strategia Forestale Nazionale, si auspica che la prevista revisione degli obiettivi conseguiti, con le eventuali revisioni che si renderanno necessarie, sia condotta ancora con il metodo concertativo che ampio consenso ha suscitato, con il giusto orgoglio per aver partecipato a delineare “un disegno riformatore che ha pochissimi eguali nell’attività legislativa e di Governo” ([24]).

Ringraziamenti 

I ringraziamenti sono doverosi, e gli Autori desiderano ringraziare tutti coloro, e sono tanti, che con passione e volontà hanno partecipato, collaborato, sostenuto, contestato, ostacolato, e soprattutto lavorato nel corso di questi anni e lungo tutto il percorso intrapreso, affinché tutto ciò si potesse realizzare.

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