Bibliometrics and silviculture
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 21, Pages 80-81 (2024)
doi: https://doi.org/10.3832/efor4759-021
Published: Dec 20, 2024 - Copyright © 2024 SISEF
Commentaries & Perspectives
Abstract
Based on the evidence from the recently updated list of the most influential forestry researchers worldwide from a bibliometric perspective, along with other analyses, this note offers some reflections in the form of a brief, commented discussion on the need for greater recognition of experimental research in silviculture.
Keywords
Forestry, Scientific Publishing, Bibliometric Impact, Silvicultural Research, Italy
1. È stato recentemente pubblicato l’elenco aggiornato dei ricercatori più influenti a livello mondiale dal punto di vista bibliometrico (Top 2%), elaborato a partire dal database Scopus e relativo al periodo 1996-2023 ([7]). L’elenco fornisce informazioni su vari aspetti bibliometrici e include un indicatore composito, il c-score, che misura l’impatto complessivo dei lavori di ciascun ricercatore, piuttosto che la loro produttività in termini di numero di pubblicazioni. I ricercatori sono classificati in 22 aree scientifiche (fields) e 174 settori (subfields), seguendo lo standard Science-Metrix.
Nel settore “Forestry” è interessante notare la consistente presenza di ricercatori italiani (Tab. 1). Questo dato conferma il significativo contributo dell’Italia alla ricerca forestale internazionale, un aspetto che si riflette anche nei primi posti occupati dal nostro Paese a livello mondiale in termini di produttività numerica delle pubblicazioni e citazioni ([5], [4]). Anche l’impatto delle riviste forestali italiane caratterizzate da un processo editoriale che prevede la revisione tra pari (Annals of Silvicultural Research - ASR, Dendronatura, Forest@, iForest, Italia Forestale e Montana, Sherwood) risulta complessivamente elevato, soprattutto per le riviste open access che su Google Scholar™ registrano una media di 2-4 citazioni per articolo, indipendentemente dalla lingua utilizzata ([10]).
Tab. 1 - Ricercatori italiani inclusi nell’elenco di quelli più influenti a livello mondiale (Top2%) nel settore bibliometrico “Forestry”, in ordine decrescente di graduatoria c-score ([7]).
Autore | Attuale affiliazione |
---|---|
Certini Giacomo | Università di Firenze |
Nardini Andrea | Università di Trieste |
Tognetti Roberto | Università di Bolzano |
Bussotti Filippo | Università di Firenze |
Maselli Fabio | Consiglio Nazionale delle Ricerche |
Corona Piermaria | Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria |
Motta Renzo | Università di Torino |
Salleo Sebastiano | Università di Trieste |
Faccoli Massimo | Università di Padova |
Agnoletti Mauro | Università di Firenze |
Chirici Gherardo | Università di Firenze |
Spinelli Raffaele | Consiglio Nazionale delle Ricerche |
Magnani Federico | Università di Bologna |
Pirotti Francesco | Università di Padova |
Ferretti Marco | Swiss Federal Research Institute |
Tondi Gianluca | Università di Padova |
Gonthier Paolo | Università di Torino |
Chianucci Francesco | Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria |
2. Tutto bene, dunque? Non proprio. Entrando nel dettaglio, emerge che i temi selvicolturali vengono trattati in modo relativamente marginale: meno del 10% degli articoli pubblicati a livello mondiale nel settore “Forestry” affronta direttamente questi temi (cioè utilizzando i termini silviculture o silvicultural nel titolo, nell’abstract o nelle parole chiave). Inoltre, esaminando l’elenco riportato in Tab. 1, si nota che un numero limitato dei ricercatori menzionati si occupa prevalentemente di questi temi nella propria attività di ricerca.
Anche se in misura minore, una certa carenza di articoli specifici sulla selvicoltura è riscontrabile nelle riviste forestali italiane. Nella rivista di cui sono direttore responsabile (ASR) meno di un quarto degli articoli più citati riguarda direttamente aspetti selvicolturali ([2]), nonostante la motivazione di colmare la lacuna globale di articoli scientifici su tali temi sia stata una delle principali ragioni per cui nel 2013 ASR sostituì gli “Annali dell’Istituto Sperimentale per la Selvicoltura”, trasformandosi in una rivista internazionale indicizzata ad accesso aperto.
Per quanto riguarda le monografie, al di là dei manuali, quelle che negli ultimi decenni hanno trattato di avanzamento scientifico e tecnico in selvicoltura a livello nazionale e internazionale sono davvero poche. Tra queste, considero fondamentali: Kohm & Franklin ([6]), che hanno esplorato le pratiche selvicolturali destinate a creare o mantenere microhabitat nei boschi, sostenendo che, in termini qualitativi per la funzionalità forestale, è generalmente più importante ciò che viene lasciato in bosco (le cosiddette legacies) piuttosto che ciò che viene prelevato; Ciancio ([1]), che ha introdotto il concetto di foresta come sistema biologico complesso, da cui derivano principi guida per la gestione selvicolturale; Messier et al. ([8]), che hanno sviluppato operativamente il concetto di complessità nel contesto di vari biomi, anche attraverso approcci modellistici; Palik et al. ([9]), che propongono sia princìpi selvicolturali per affrontare le sfide attuali della gestione forestale sia le modalità operative per applicarli.
3. La carenza di pubblicazioni specifiche su temi strettamente selvicolturali comporta conseguenze critiche. La ricerca dovrebbe mirare a comprendere come applicare nei diversi contesti ambientali e socioeconomici i princìpi alla base dei nuovi approcci selvicolturali, quali quelli indicati nelle monografie sopra citate. In un contesto di cambiamenti globali, l’orientamento tecnico in selvicoltura dovrebbe inoltre mirare a un miglioramento continuo della prassi operativa, adattandosi ai mutamenti attraverso l’apprendimento derivante dai risultati via via ottenuti dalle pratiche applicate. Ciò non può, però, scadere nell’empirismo o nell’intuizionismo: prescindere da un qualunque approccio metodologico di esplorazione e interpretazione delle conseguenze delle scelte colturali comporterebbe il rischio di affidarsi esclusivamente all’esperienza tecnica, un approccio che illogicamente presuppone condizioni operative relativamente stabili nel tempo. Pertanto, rimane cruciale un lavoro sistematico di sperimentazione. Esperimenti selvicolturali completi ed estesi sono complessi da realizzare e mantenere, a causa di vincoli significativi in termini di costi e tempo. Tuttavia, sono imprescindibili e dovrebbero essere preferibilmente realizzati in sinergia tra istituzioni di ricerca e portatori di interesse. Esistono esempi virtuosi anche nel nostro Paese (si veda, ad esempio, gli esperimenti di lungo termine analizzati da [3]), ma tali iniziative necessitano probabilmente di una maggiore valorizzazione, anche sul piano della pubblicistica.
Al contempo, è fondamentale la trasmissione e l’aggiornamento di una solida cultura selvicolturale. Se di selvicoltura si scrive relativamente poco, ancora meno si discutono gli aspetti concettuali che la sorreggono. La mancanza di una solida base concettuale rappresenta un ostacolo frequente alla diffusione efficace dei risultati della ricerca e al loro trasferimento operativo, anche laddove è possibile fare riferimento a soluzioni innovative.
References
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