The short wood supply chain: an opportunity for the forest bio-economy in Italy
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 18, Pages 64-71 (2021)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0052-018
Published: Aug 26, 2021 - Copyright © 2021 SISEF
Progress Reports
Abstract
The motivations for the National Research Project on the Short Wood Supply Chain stem from the recognition of the great importance of the wood-based bio-economy for the future carbon-free society. In addition to the essential ecological benefits provided by forests, natural wood resources are expected to play a significant role due to the increasing wood demand for structural and non-structural uses. However, in Italy most industrial wood products are made from imported timber, which results in poor attention to local forestry, loss of traditional silvicultural know-how and reduced forest employment in most mountain areas. The project specifically aims: (i) to assess the feasability and sustainability of wood short supply chains; (ii) to promote new models of environmental certification and energy efficiency analysis; (iii) to create innovative products for bio-building (CrossLam, laminated timber, wood panels) using wood assortments from sustainable forest management in Italy; (iv) to characterise the functionality of wood products (with attention paid to architectural issues), predict wood degradation rate and assess conservation methods. Attention is specifically devoted to most common forest species in Italy, such as beech, pines, chestnut, deciduous oaks and poplar and to test thermal and surface treatments with natural substances and nano-materials.
Keywords
Sustainable Forestry, Forest Circular Bio-Economy, Wood Technology and Engineering, Wood Industry and Construction
Introduzione
Le foreste, il legno e gli altri servizi e prodotti forniti dagli ecosistemi forestali, in una parola la bio-economia forestale, sempre più frequentemente vengono riconosciuti come strumenti fondamentali per attenuare i cambiamenti climatici globali. Il legno, materiale di origine biologica, è uno dei principali servizi ecosistemici di “fornitura” delle foreste; risponde infatti a requisiti di sostenibilità essendo naturale e rinnovabile, svolge un’azione importante come carbon pool e dà origine a prodotti con elevate prestazioni fisico-meccaniche (ad es., isolamento termico ed acustico, ottimo rapporto resistenza/peso). I prodotti in legno hanno ormai assunto, anche in Italia, un ruolo importante nell’edilizia; infatti sono utilizzati non più solo sporadicamente per coperture di edifici residenziali e sportivi, ma anche per strutture portanti di edifici multipiano, realizzate con pannelli di tavole incrociate (X-LAM, meglio indicato con CrossLam-CLT). Elevato è anche il grado di apprezzamento dei prodotti in legno non strutturali come rivestimenti e pavimenti, per il notevole pregio estetico e la sensazione di benessere che deriva dal loro impiego. Pur in un contesto generale positivo, sussistono però diverse criticità, in ambito nazionale, legate all’utilizzo dei nuovi prodotti in legno che è necessario affrontare e risolvere con ricerche interdisciplinari.
Emblematici sono a questo proposito alcuni dati stimati di Assolegno (Associazione di categoria afferente a FederlegnoArredo) che nel 2015 ha registrato un notevole divario tra importazioni ed esportazioni di alcuni prodotti dell’edilizia come lamellari (import: 530.484 m3; export: 105.813 m3) e CLT (Cross Laminated Timber - import: 142.499 m3; export 33.035 m3). Lo sviluppo del settore della bio-edilizia in legno può definirsi in realtà abete-centrico e ciò è avvenuto con l’utilizzazione dei soprassuoli di abete rosso, per lo più di provenienza centro-europea. Peraltro vanno sottolineate alcune considerazioni di ordine filologico relative ad un impiego talora indiscriminato dei manufatti in abete rosso in contesti geografici e culturali poco attinenti che hanno poi spesso privilegiato sistemi tradizionali pietra-cemento. Va poi rimarcata una notevole incidenza delle fasi di trasporto nei processi produttivi e la forte pressione sui soprassuoli forestali di origine che inizia a far registrare difficoltà di approvvigionamento, con assortimenti che hanno sempre più frequentemente caratteristiche qualitative mediocri.
Partendo da questo quadro generale, sono sorte alcune iniziative su scala locale e regionale, dalle quali sono emersi risultati incoraggianti nell’ottenimento di prodotti in legno di diversa tipologia ([2], [12]). Proprio dai risultati ottenuti è stata però evidenziata la necessità di ricerche interdisciplinari, con aspetti forestali, tecnologici ed ingegneristici, al fine di poter disporre, su ogni fase della filiera, di un elevato grado di specializzazione ed avere la possibilità di proiettare i risultati ottenuti in contesti che vanno aldilà di quelli tradizionalmente più pertinenti alle Scienze forestali. Infatti, le caratteristiche tecnologiche e meccaniche del legno di alcune specie potenzialmente utilizzabili come il faggio, l’eucalipto, le querce caducifoglie o i pini, sono solo parzialmente esplorate, così come non sono chiare le concrete possibilità di modificare le proprietà fisico-meccaniche per migliorarne le performances. Anche laddove si riesca a sviluppare nuovi prodotti, anche ingegnerizzati, con caratteristiche tecnologiche idonee per la bio-edilizia, i quesiti ambientali che ne derivano sono stati finora totalmente trascurati, mentre non si può prescindere da essi nella validazione bio-economica dell’intero processo produttivo. Le problematiche più rilevanti fanno capo all’approvvigionamento, alla tracciabilità, alla sostenibilità ed efficienza energetica della filiera di trasformazione. Per quanto riguarda l’approvvigionamento, i dati quantitativi di biomassa legnosa che emergono dall’ultimo IFNC lasciano intravedere delle concrete possibilità di impiego di specie nazionali, con quasi 12 milioni di ha di superficie forestale nazionale. Solo poche di queste aree sono utilizzate però per la raccolta di legname da opera e di certo, in molte situazioni, è necessaria una revisione degli attuali regimi selvicolturali. Per quanto attiene la tracciabilità, essa viene imposta dal piano d’azione previsto dalla “European Forest Law Enforcement, Governance and Trade” e dal Reg. 995/2010 sulla “Due Diligence”. L’efficienza energetica dei prodotti in legno e il loro ruolo come carbon pool possono essere valutati sotto diversi punti di vista e tra questi è ancora da mettere a punto l’equilibrio generale del sistema forestale rispetto ai gas a effetto serra, con un approccio del tipo Life Cycle Assessment (LCA - [19], [8]). Pertanto, si intende qui descrivere i principali obiettivi e risultati ottenuti dal Progetto di ricerca di interesse nazionale “La filiera corta nel settore foresta-legno: approvvigionamento, tracciabilità, certificazione e sequestro di Carbonio. Innovazioni per la bioedilizia e l’efficienza energetica” che ha visto coinvolti numerosi gruppi di ricerca di diverse Università italiane nonché gli Enti di Ricerca nazionali, CNR e CREA.
Progetto di ricerca
Un impiego innovativo e razionale dei prodotti forestali provenienti da filiera corta, o comunque di provenienza nazionale, necessita di una condivisione di obiettivi, una strutturazione dei protocolli di ricerca ed un notevole grado di interdisciplinarità. Una riconsiderazione del ruolo che aveva tradizionalmente il legno nelle costruzioni può contribuire al raggiungimento di un obiettivo di impiego moderno e ottimizzato del legno di filiera corta in tale settore e agire da volano per applicare concretamente il ben noto principio di «uso a cascata del legno».
L’obiettivo generale del Progetto di ricerca di interesse nazionale PRIN 2015 ha riguardato la valorizzazione di filiere locali del legno, promuovendo la definizione di buone pratiche e sviluppando soluzioni tecnologiche per la bioedilizia e l’efficienza energetica, anche mediante innovazioni di prodotto per l’impiego del legname con funzioni strutturali e non strutturali. Questi obiettivi di ricerca rientrano anche tra le priorità dei programmi europei sull’innovazione nei processi forestali e nelle industrie dei bio-prodotti, come possibilità di soddisfare le esigenze della società in maniera sostenibile.
Il progetto di ricerca si è quindi concentrato sui seguenti obiettivi specifici:
1. Mobilizzazione e sostenibilità dell’approvvigionamento di filiere corte biomassa-legno
(1a) Sistemi innovativi per l’inventariazione e la mobilizzazione delle biomasse, mediante l’uso di nuove tecnologie per l’inventariazione e la gestione pianificata delle risorse forestali finalizzate a superare una serie di criticità (ad es. complessa articolazione territoriale e sociale delle nostre risorse forestali, difficoltà di accesso, elevati costi di pianificazione e gestione, rischi ambientali) che attualmente limitano fortemente l’uso del legno in molte regioni italiane, pur ricche di risorse forestali. Sono stati sperimentati sistemi innovativi di inventariazione e pianificazione basati su tecnologie e soluzioni GIS e di telerilevamento LiDAR (airborne laser scanner) per la risoluzione concreta e permanente del monitoraggio nel tempo di risorse forestali a scala locale.
(1b) Applicazioni di sensoristica avanzata e di tecnologie elettronico-informatiche per la caratterizzazione sul posto della qualità del legno.
2. Certificazione ambientale e efficienza energetica.
L’obiettivo specifico è composto di due sub-obiettivi rilevanti che riguardano, da un lato, la certificazione e la tracciabilità delle materie prime, dall’altro la valutazione ambientale per l’efficienza energetica e l’impatto carbonico.
(2a) Certificazione e tracciabilità: la sostenibilità ambientale non può prescindere dal tema di grossa attualità dell’attestazione di provenienza che, in una prospettiva anche di certificazione e di marketing dei prodotti, deve proporre nuove metodologie di applicazione anche in un contesto nazionale ed europeo. Benché i protocolli per l’attestazione di tracciabilità del legno siano ancora oggetto di verifica, un obiettivo fondamentale riguarda la costituzione di una banca dati che organizzi le modalità di acquisizione delle conoscenze sulla provenienza legno a livello di specie o di un’area geografica; il metodo impiegato ha riguardato il DNA fingerprinting tramite marcatori molecolari nSSR.
(2b) Efficienza energetica e analisi del ciclo di vita: l’analisi LCA si è rivelata un’utile metodologia per valutare il potenziale di mitigazione dei cambiamenti climatici del settore foresta/legno. Infatti, LCA permette di individuare i trade-off tra mitigazione e altri impatti ambientali o servizi, e offre una solida base per l’ottimizzazione ambientale del settore forestale come sistema per la decarbonizzazione e l’efficienza energetica dell’economia del XXI secolo.
3. Realizzazione e validazione secondo standard normativi di prodotti innovativi per la bio-edilizia con legni ottenuti da filiere corte
I prodotti innovativi sono stati considerati in due grossi ambiti: per uso strutturale e per uso non-strutturale, facendo riferimento a specie quali castagno, pini, faggio, eucalipto, querce caducifoglie e pioppo che possono essere reperite in ambito nazionale e per le quali già esiste un interesse sotto il profilo imprenditoriale.
(3a) Nel progetto ci si è concentrati su pannelli bidimensionali per uso strutturale (CLT), sia realizzati con lamelle della stessa classe di resistenza (omogenei) sia formati da lamelle di specie diverse e con diversa classe di resistenza (eterogenei). Innovativo è stato l’utilizzo di prodotti combinati di conifera e latifoglia dove le conifere hanno in genere maggiori potenzialità di approvvigionamento e minori problemi di incollaggio mentre le latifoglie per la maggiore resistenza sono più idonee nella composizione delle zone esterne maggiormente sollecitate delle sezioni. Sono state studiate anche soluzioni di rinforzo strutturale di parti lignee in edifici storici in muratura, utilizzando micro-lamellari di latifoglie (faggio).
(3b) I prodotti innovativi per uso non strutturale da sviluppare sono stati pannelli a base di legno per elementi di elevato valore quali pavimentazioni e rivestimenti, anche adatti ad impieghi in ambiente umido/esterno, costituiti da compensato e OSB (Oriented Strand Board) ottenuti dalla lavorazione del pioppo di provenienza locale, sottoposti a trattamenti in grado di migliorarne le prestazioni. Tra le diverse possibilità particolare attenzione è stata dedicata al trattamento termico, un sistema di modificazione del legno mediante l’applicazione di elevate temperature, generalmente comprese tra 180 e 230 °C, in atmosfera controllata.
4. Caratterizzazione funzionale e architettonica dei prodotti innovativi
La maggior parte dei prodotti innovativi a base di legno è stata impiegata in pacchetti murari e di solaio. È stata pertanto studiata la stratigrafia ottimale di questi pacchetti, scegliendo materiali naturali anche a base di legno per gli strati di isolamento e misurando le prestazioni di coibentazione termica e acustica, di condensazione superficiale e interstiziale, inerzia termica, tenuta all’acqua e permeabilità all’aria, ed investigando gli strati di ventilazione, di collegamento e di finitura (anche con legno faccia a vista) con particolare riguardo agli aspetti di stabilità dimensionale del pacchetto. Per meglio illustrare le potenzialità dell’uso del legno a vista sono stati studiati strumenti di ausilio alle scelte progettuali, proponendo l’elaborazione di un repertorio di soluzioni tecniche per finiture di Pareti Perimetrali Verticali (PPV) in legno proveniente da filiera corta. A tal fine sono state valutate soluzioni di PPV rivestite con legno a vista adottate in numerosi edifici di recente realizzazione sulla base di criteri qualitativi significativi sia per la sostenibilità (reperibilità della specie legnosa, riciclabilità) che per la caratterizzazione funzionale e architettonica dell’edificio (integrabilità, manutenibilità, aspetto). Successivamente, per un confronto oggettivo delle stesse soluzioni, è stata messa a punto una Valutazione Multicriteriale che ha permesso di ponderare la qualità delle soluzioni tecniche sia rispetto a ciascun criterio, che nel loro insieme.
5. Conservazione dei prodotti di filiera corta
Una valorizzazione completa dei prodotti di filiera corta non può non tener conto dei problemi di durata e delle eventuali necessità di restauro e/o ripristino della funzionalità. Il percorso di analisi dell’entità del degrado dei prodotti incollati e delle eventuali possibilità di conservazione e restauro con sistemi innovativi è tutto da costruire. Pertanto, un obiettivo specifico del progetto è stato quello di valutare, anche con prove simulate, l’invecchiamento e le perdite di funzionalità degli adesivi e degli strati protettivi superficiali; aumentare la durata dei trattamenti superficiali mediante l’uso di sostanze naturali e nano-materiali, trovando soluzioni specifiche sulla base degli estrattivi, della composizione morfo-chimica del legno originario e delle condizioni di severità ambientali.
Principali risultati della ricerca
La ricerca sulla filiera foresta-legno si è concentrata soprattutto sulle faggete, i boschi più diffusi su tutto il territorio nazionale e con notevoli potenzialità di valorizzazione del legno. Peraltro, le faggete in Italia sono sottoposte da decenni ad una gestione selvicolturale finalizzata al miglioramento degli ecosistemi forestali mediante conversione a fustaia, allungamento dei turni forestali, e miglioramento del paesaggio, della biodiversità e dello stoccaggio di Carbonio. Comunque, sono state prese in considerazione anche altre specie forestali, di importanza soprattutto regionale, nella bioeconomia del nostro Paese, quali pioppo, querce, pino laricio e altre.
Riguardo all’obiettivo specifico della tracciabilità del legname, è evidente che la sua definizione è fondamentale per garantire sostenibilità e legalità per l’approvvigionamento della risorsa legno lungo la catena produttiva e di trasformazione, nel nostro Paese e in Europa. L’analisi del DNA, applicata anche ai tessuti legnosi, è al momento il metodo più promettente e sicuro per ottenere importanti progressi nella determinazione dell’identità e della provenienza del legno, in particolare grazie all’impiego di marcatori microsatelliti (SSR), in grado di mostrare la struttura genetica delle popolazioni e di identificare l’areale geografico di provenienza della materia prima. L’attività di ricerca per la tracciabilità si è concentrata sulla principale specie forestale studiata in questo progetto, il faggio (Fagus sylvatica), prendendo i campioni di legno e foglie in quattro aree geografiche distinte (Piemonte, Friuli, Lazio, Calabria). Successivamente sono state condotte le analisi in laboratorio mediante estrazione del DNA per tessuti vegetali, opportunamente modificata per tessuti legnosi. Dal confronto dell’analisi fingerprinting con il legname lavorato e campionato nelle industrie di trasformazione delle stesse quattro aree geografiche, è stato possibile rilevare la corrispondenza tra l’origine locale del materiale e quella dichiarata per tre delle quattro regioni. In un caso invece, il legname lavorato era prevalentemente di origine non locale e non italiana. Confrontando i risultati ottenuti con i marcatori nucleari e quelli ottenuti con i marcatori plastidiali, emerge che gli aplotipi riscontrati risultino essere comuni ad altre popolazioni europee. Avere la possibilità di garantire la provenienza locale del legname favorirebbe la creazione di un sistema di etichettatura “made in Italy”, una sorta di denominazione di origine ([6]).
Per quanto riguarda l’obiettivo dell’approvvigionamento sostenibile e la certificazione ambientale ([16]) e dell’efficienza energetica, è stata condotta un’analisi di Life Cycle Assessment (LCA) per valutare la sostenibilità di differenti processi di trasformazione e impiego di prodotti forestali legnosi, lungo l’intera filiera di raccolta e trasformazione, dalla foresta all’industria, fino all’impiego finale per scopi domestici, incluse le successive operazioni di smaltimento o recupero a scopo energetico. Sono stati ipotizzati quattro differenti scenari, riguardanti la produzione finale di tavolame e legna da ardere, senza riutilizzo dei sottoprodotti (rispettivamente, Scenari W e X), e con il riciclo dei residui delle utilizzazioni forestali e delle lavorazioni in segheria attraverso la loro trasformazione in prodotti energetici, pellet o cippato (rispettivamente, scenari Y e Z). Per tutti gli scenari il legname grezzo deriva dall’utilizzazione di una fustaia di faggio. Dall’analisi degli scenari LCA, la produzione di tavolame con riuso dei rifiuti e residui di lavorazione (Scenario Y) rappresenta indubbiamente lo scenario con l’impatto ambientale più basso. Gli Scenari W e X presentano inoltre rilevanti impatti nei processi di smaltimento degli scarti, soprattutto per l’effetto su cambiamento climatico, riduzione dell’ozono stratosferico e consumo di acqua. Al contrario, per gli scenari Y e Z, gli impatti di smaltimento sono praticamente trascurabili ([14]).
A sua volta, la linea di ricerca sui prodotti legnosi per uso strutturale nella bio-edilizia è stata indirizzata anzitutto alla definizione di metodi di classificazione delle caratteristiche meccaniche delle tavole necessarie per la realizzazione dei CLT. Nel nostro Paese tale classificazione è carente per alcune delle specie forestali, tra queste il faggio. Infatti, come pre-requisito per lo sviluppo di una bio-economia forestale a maggiore valore aggiunto, il materiale legno deve essere qualificato e classificato con l’attribuzione di un profilo di resistenza meccanica affinché sia consentito l’impiego in ambito strutturale, sia come legno massiccio (travi) e sia come prodotti ingegnerizzati. Per questo motivo, la prima parte dell’indagine si è focalizzata sulla classificazione e caratterizzazione meccanica del legname di faggio nazionale sia con metodi di classificazione a vista che a macchina. Il materiale sperimentale è stato raccolto in modo coordinato tra i vari gruppi partecipanti al progetto, in collaborazione con aziende private che hanno permesso di raggruppare complessivamente circa 500 tavole di faggio di 4 provenienze geografiche diverse, corrispondenti alle provenienze già esaminate per lo studio di tracciabilità. Ciascun elemento è stato esaminato a vista, successivamente analizzato a macchina e infine è stato sottoposto a test distruttivi per determinare le caratteristiche fisiche e meccaniche delle tavole di legno (Fig. 1a). Nell’ambito della stessa linea di ricerca, sono state condotte prove tecnologiche a rottura su elementi costruttivi quali pannelli di tavole (CLT) e travi lamellari al fine di determinare le principali proprietà meccaniche, quali rigidezza flessionale, rigidezza a taglio e resistenza. I prototipi in CLT sono stati realizzati secondo le tecnologie di normale impiego industriale, presso uno stabilimento in Trentino (XLAM Dolomiti - Castelnuovo, TN), mentre le travi lamellari sono state prodotte in uno stabilimento in Italia centrale (Pagano System s.r.l. - Oricola, AQ), mediante l’utilizzo di tavole in legno di faggio, classe di resistenza D40, e anche con tavole in legno di pino laricio, classe di resistenza C20. Le norme principali di riferimento per l’esecuzione dei test sono state la norma UNI EN 408 del 2012 sulle “Strutture di legno-Legno strutturale e legno lamellare incollato - Determinazione di alcune proprietà fisiche e meccaniche” e le “Linee Guida per la certificazione dell’idoneità tecnica all’impiego di materiali e prodotti innovativi in legno per uso strutturale”(D.M. 14/01/08, NTC par. 11.1, lettera C). Le prestazioni dei pannelli sono risultate superiori a quelle attese sia in termini di capacità portante che di rigidezza, così come per le prove condotte sulle travi in GluLAM (elementi strutturali fabbricati con tavole incollate). Dalle valutazioni effettuate emergono interessanti prospettive per una più efficiente classificazione delle tavole in faggio ed in generale del legno di latifoglia, per la produzione di pannelli portanti per uso strutturali da impiegare nella costruzione di edifici in legno ([11], [1], [3], [4]).
Per quanto riguarda le ricerche relative al campo delle costruzioni, sono stati affrontati due settori di grande rilievo, soprattutto per il nostro Paese: quello relativo alle nuove edificazioni e quello relativo al consolidamento delle esistenti, con specifico riferimento alla riduzione del rischio sismico. Nell’ambito del progetto di ricerca, l’obiettivo specifico è stato quello di dimostrare che l’utilizzo di prodotti per uso strutturale basati su una specie legnosa ad ampia diffusione e a filiera corta, ma caratterizzata da prestazioni meccaniche ragguardevoli, riesce a dare importanti risultati sia nel settore delle nuove costruzioni sia nel settore del consolidamento strutturale. L’importanza dei risultati che sono stati acquisiti può essere misurata direttamente tramite confronto con analoghe soluzioni sviluppate con le specie legnose di conifere, più usate nel mondo dell’edilizia. Particolarmente interessanti si presentano anche soluzioni composite ibride, dove la combinazione tra specie differenti è ottenuta attraverso connessioni di tipo meccanico con efficienze del sistema composito di poco inferiori a quelle di sistemi incollati ma senza presentarne gli svantaggi ([7]).
I moduli prefabbricati per formare solai composti sono stati realizzati in micro-lamellare di faggio o ibridi faggio/conifera, caratterizzati da elevate prestazioni strutturali. Innanzitutto sono stati eseguiti numerosi test sperimentali a livello locale (configurazione di test push-out e pull-out) per caratterizzare il comportamento meccanico del sistema di connessione e trovare un sistema di connessione meccanica, mediante ferramenta di vario tipo, più adatto a garantire le migliori prestazioni del solaio composto. Infine, sono stati progettati e realizzati moduli prefabbricati, a scala reale, immaginando due possibili scenari, da considerare come casi limite nelle rispettive categorie: strutture di solaio di notevole lunghezza (10 m) per uffici e scuole; solai di lunghezza media (6 m) per edifici residenziali. La sperimentazione ha quindi interessato i differenti moduli, con prove in campo elastico e fino a rottura, mediante prove a flessione a sei punti.
I risultati delle sperimentazioni sono di assoluto rilievo, soprattutto se confrontati con le soluzioni più tradizionali in campo edilizio, come nel caso di solai in latero-cemento, solai in legno-calcestruzzo, o solai composti legno-legno ma con specie legnose più comuni (conifere). Le nuove proposte che utilizzano microlamellare di faggio appaiono vincenti, soprattutto in termini di spessore strutturale, risparmio di materiale nonché di peso, aspetto questo fondamentale per ridurre le masse sismiche e quindi, implicitamente, anche il rischio sismico. Analogamente, prove sperimentali hanno riguardato prodotti legnosi (solai) per il consolidamento delle costruzioni già esistenti, prevedendo l’uso di elementi in legno lamellare e pannelli a strati incrociati di tavole (Fig. 1b), facendo ricorso al faggio come materiale essenziale per il consolidamento ([20], [13]).
L’altra linea di ricerca sulla tecnologia del legno si è concentrata, invece, sui trattamenti del legno per modificarne le caratteristiche tecnologiche e qualitative, soprattutto per impieghi non strutturali. Tra le specie impiegate nella ricerca il pioppo riveste una notevole importanza per l’industria dei pannelli, soprattutto in Italia settentrionale, anche per le applicazioni innovative del trattamento termico a prodotti ingegnerizzati. Le prove sperimentali hanno riguardato il trattamento termico a pannelli di legno compensato e OSB/3, realizzati con legno di pioppo nel contesto di un più diffuso impiego di questa specie legnosa proveniente da filiera corta. Sono stati saggiati trattamenti termici a differenti temperature (170, 190 e 210 °C) al compensato di pioppo, a 190 °C ai pannelli OSB/3 di pioppo, la valutazione delle proprietà fisico-meccaniche dei pannelli trattati e, infine, le emissioni primarie di composti organici volatili (VOC) da parte dei pannelli a base di legno termotrattati. I pannelli a base di legno considerati nell’ambito del progetto hanno evidenziato interessanti potenzialità tecnologiche. La qualità dell’incollaggio è risultata sempre idonea a soddisfare i requisiti normativi previsti per l’impiego in ambiente umido. La durabilità nei confronti del rischio di sviluppo dei funghi da carie è migliorata, passando dalla Classe 5 alla Classe 4 della EN 350. Nel complesso, il trattamento a 190 °C rappresenta il migliore compromesso tra l’aumento della durabilità e il contenimento della riduzione delle proprietà meccaniche. Il prodotto sviluppato potrebbe consentire di valorizzare il compensato di pioppo di origine nazionale, con ripercussioni positive sull’intera filiera, consentendone l’impiego in nuovi ambiti applicativi rispetto a quelli a cui è tradizionalmente destinato ([5], [22]).
In questa linea di ricerca sono stati effettuati anche test sperimentali, oltre al pioppo, anche su specie legnose finora poco utilizzate dall’industria del settore, come Fraxinus excelsior, Quercus cerris e Picea abies per la caratterizzazione del comportamento termico del legno modificato ad alte temperature, e su Alnus cordata, per studiarne l’effetto idrofobo e la stabilità del colore a seguito sia del trattamento termico e sia di trattamenti chimici (con AKD - alkyl ketene dimero). Sono state anche condotte prove termiche sul legno di faggio applicando una temperatura di 160 °C in ambiente a vapore saturo. Tale temperatura, bassa per i trattamenti tradizionali, nel caso del vapore saturo permette trattamenti molto veloci a valori di pressione contenuti (circa 6 bar). Le proprietà meccaniche verificate sono state: resilienza (secondo la UNI ISO 3348), resistenza a flessione statica (secondo la UNI ISO 3133) e modulo elastico dinamico mediante ultrasuoni ([21], [10], [15]).
Inoltre, per contestualizzare le sperimentazioni condotte sui prodotti di filiera corta ad uso non strutturale, nell’ambito della bioedilizia è stata proposta la strutturazione di un repertorio di soluzioni tecniche per Pareti Perimetrali Verticali con particolare riferimento agli strati di rivestimento esterni/interni (faggio per gli interni e castagno, pioppo per gli esterni), sia per verificarne l’applicabilità, sia per esprimere le prestazioni dei diversi modelli funzionali e la compatibilità materica tra i componenti. È stata condotta una fase analitica su numerosi casi studio di edifici realizzati, selezionati con la volontà di mostrare gli aspetti morfologico-formali oltre alle caratteristiche tecniche e funzionali di sistemi di rivestimento per PPV caratterizzati da legno a vista, evidenziando come le soluzioni adottate abbiano valorizzato l’uso di specie legnose nell’ambito delle loro peculiari caratteristiche e/o criticità ([18]). Le soluzioni tecnico-costruttive sono state sottoposte a una prima valutazione qualitativa sulla base di criteri significativi (reperibilità, riciclabilità, integrabilità, manutenibilità, aspetto). Per un controllo e un confronto oggettivo delle stesse soluzioni è stata messa a punto una Valutazione Multicriteriale basata sul metodo AHP (Analytic Hierarchy Process) che ha offerto importanti riferimenti per la strutturazione del repertorio di soluzioni tecniche per PPV con strato di rivestimento esterno e interno in legno a vista. Il repertorio è organizzato in macroraggruppamenti di soluzioni che fanno riferimento ai modelli funzionali di maggiore diffusione (Parete isolata dall’esterno, Parete isolata dall’interno, Parete ventilata); ogni modello funzionale viene proposto con diverse alternative per quanto attiene gli strati di rivestimento, intervenendo sulla scelta di specie legnose di filiera corta, di sistemi di connessione tra i componenti, della conformazione geometrica degli elementi e dello spessore.
Tale quadro di soluzioni tecniche possibili per un utilizzo sostenibile e consapevole di legni locali è implementabile e rappresenta uno strumento per orientare le scelte progettuali. Potrà essere inoltre organizzato e gestito attraverso sistemi informatizzati (BIM) per supportare una più rapida ed efficace scelta delle alternative tecniche e architettoniche.
Una sperimentazione innovativa è stata anche condotta sulla funzionalizzazione dei prodotti legnosi, mediante l’impiego di nano-materiali da residui dell’industria del legno. Infatti, i temi della sostenibilità e dell’impiego dei biomateriali secondo circolarità consentono innovazioni per un gran numero di opzioni tecnologiche differenti nell’industria del legno quali, ad esempio, il trattamento di superfici in legno per aumentarne la resistenza al degrado, la realizzazione di rivestimenti contenenti preservanti biologici a effetto prolungato nonché adesivi eco-compatibili nella produzione di materiali in legno bio-composito. Si tratta di soluzioni innovative basate su nano-materiali di origine biologica, ottenuti dagli scarti di lavorazione della stessa industria del legno, con un approccio tipicamente riferibile alla bioeconomia circolare forestale, cioè con materiali bio-based di recupero, caratterizzati da un potenziale aumento di valore aggiunto.
A partire dalla segatura e altri residui di lavorazione del legno può essere estratta e isolata una delle componenti principali del legno, la lignina. Le frazioni di lignina isolate sono state successivamente utilizzate per la preparazione delle nano-particelle (LNP); è risultato che le LNP hanno una struttura semi-porosa di forma sferica e cava all’interno ([23]), all’incirca come una ciambella (Fig. 2). Le LNP sono state quindi utilizzate per il trattamento di superfici in legno con prodotti differenti, utilizzando la tecnica di dip-coating. I campioni di legno rivestito sono stati quindi analizzati mediante colorimetria e microscopia elettronica a scansione, prima e dopo esperimenti di invecchiamento artificiale in camera UV, per indagare il potenziale di protezione dei rivestimenti in nano-particelle. Campioni di legno, rivestiti per immersione, hanno mostrato promettenti modificazioni superficiali che assomigliano a una sorta di film condensato di LNP, conseguendo risultati significativamente migliori negli esperimenti di invecchiamento artificiale rispetto ai campioni di riferimento non rivestiti ([24]). Un altro tipo di trattamento con nano-particelle di lignina, grazie alla loro struttura semi-porosa, ha riguardato l’impiego di LNP da legno di faggio arricchite con olii essenziali (EO) intrappolati all’interno delle nano-particelle. Esperimenti condotti in vitro sul rilascio di olio essenziale di timo comune e timo selvatico da LNP caricate con EO hanno mostrato che la loro emissione è stata fortemente ritardata e prolungata nel tempo rispetto al rivestimento con olio puro, offrendo così prospettive promettenti per lo sviluppo di nuovi sistemi di somministrazione di biocidi per la preservazione del legno dai parassiti ([25]).
Fig. 2 - Nanoparticelle di lignina di diverse classi dimensionali con diametri compresi tra 40 e 120 nm. Notare la struttura porosa delle nanoparticelle.
Infine, un altro possibile approccio di impiego delle LNP consiste nella realizzazione di adesivi addizionati con nano-particelle al fine di ottenere materiali con migliori caratteristiche meccaniche e di resistenza ai fattori ambientali. In questo studio, gli assortimenti di castagno sono stati utilizzati per la preparazione di assemblaggi di giunti sovrapposti utilizzando diversi adesivi commerciali con nano-cristalli di cellulosa (CNC) e tannino come additivi. I risultati hanno mostrato che l’aggiunta di CNC e tannino alle colle commerciali aumenta la resistenza al taglio a trazione nei test di giunzione di tavole di legno di castagno ([17]). Questi risultati aprono nuove prospettive per l’ottenimento di prodotti bio-based (adesivi e coating) in grado di migliorare le performances di prodotti ingegnerizzati in legno ottenuto da approvvigionamento di filiera corta.
Conclusioni
L’incremento della richiesta di prodotti in legno in edilizia sia per uso strutturale che non strutturale viene attualmente risolto, nel nostro Paese, con una notevole importazione dell’estero non solo di legname ma anche di semi-lavorati e prodotti finiti, perlopiù a base di abete rosso. Questo fenomeno ha comportato una perdita notevole di competenze e professionalità a livello nazionale, regionale e locale che può essere contrastata solo valorizzando il concetto di filiera corta nel comparto foresta-legno, promuovendo la definizione di buone pratiche per una maggior mobilizzazione della produzione legnosa disponibile, in un’ottica di sostenibilità, e sviluppando soluzioni tecnologiche innovative per la bioedilizia e l’efficienza energetica.
Questa è la finalità principale del progetto di ricerca di interesse nazionale, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica; l’obiettivo si è dimostrato ragionevolmente conseguibile, confrontando i risultati raggiunti, nello specifico la produzione di pannelli di tavole incrociate CLT (ottenuti valorizzando specie caratteristiche del patrimonio boschivo nazionale, come faggio, pino laricio e pioppo), nonché la sperimentazione di trattamenti migliorativi delle caratteristiche del materiale (come termo-trattamenti e trattamenti superficiali a base di sostanze naturali e di nano-particelle).
I risultati del progetto hanno dimostrato che l’impiego di prodotti strutturali in legno di faggio o pino laricio, o una loro combinazione, ha fornito prestazioni superiori a quelle attese sia in termini di capacità portante e sia di rigidezza. Anche le prove condotte sulle travi in GluLAM hanno dato risultati soddisfacenti, con prestazioni superiori rispetto a quelle attese. Inoltre, dalle valutazioni effettuate emerge che recenti proposte europee di classificazione dei prodotti in legno permetterebbero un utilizzo più efficiente delle tavole in faggio e, in generale, del legno di latifoglia per la produzione del legno lamellare incollato. Ancora, l’utilizzo per edifici in legno di specie legnose caratterizzate da elevate prestazioni meccaniche, quali il faggio, permette di ottenere miglioramenti delle prestazioni degli impalcati ovvero solai in legno. Tra le varie soluzioni progettate e provate sperimentalmente, sono state analizzate tecniche di irrigidimento/rinforzo che prevedono l’uso di materiali strutturali basati sul faggio o che fanno ricorso a soluzioni ibride con l’utilizzo di altre specie legnose più comuni nel settore delle costruzioni. La sperimentazione eseguita e i risultati ottenuti dimostrano le ottime possibilità che si dischiudono ai progettisti con l’utilizzo di materiali derivati soprattutto dal faggio, alla luce dei criteri per la valutazione della sicurezza di edifici esistenti contenuti nelle nuove Norme Tecniche per le Costruzioni NTC 2018.
Inoltre, quando si applicano con successo, come dimostrato in questo progetto, i nano-materiali di lignina per il trattamento e la funzionalizzazione di pareti e strutture in legno, il concetto di economia circolare viene effettivamente realizzato nella filiera foresta/legno creando così nuove opportunità di sviluppo e di valore aggiunto per i prodotti e i sottoprodotti delle operazioni forestali e con la possibilità di incrementarne la durata in opera.
A questo proposito, sono di assoluto rilievo i dati aggiornati forniti da FederLegno ([9]) sull’edilizia in legno. Nel 2019 il mercato nazionale ha raggiunto un fatturato complessivo di 1.35 miliardi di Euro (+2.3% rispetto all’anno precedente) e un export che cresce del 20% rispetto al 2018, superando 60 milioni di euro; il valore delle importazioni di CLT e legno lamellare destinato all’edilizia nel 2019 è stato pari a 151 milioni di euro, con una flessione del 2%, da leggersi alla luce dell’aumentata capacità produttiva degli operatori italiani. Questi dati sono la dimostrazione della vivacità e della capacità competitiva dell’industria italiana del legno che però va sostenuta con la ricerca e la sperimentazione nel suo sforzo di innovazione tecnologica e di miglioramento qualitativo dei prodotti in legno.
I risultati del progetto potranno così essere utili per contribuire al rilancio della competitività dell’industria del legno e per il settore delle Scienze forestali e ambientali. La possibilità di produrre travi e pannelli dalle prestazioni migliorate, con legname nazionale e con la garanzia di tracciabilità e di certificazione ambientale, potrà contribuire a valorizzare le foreste italiane e a ripensare i modelli di gestione selvicolturale con criteri di sostenibilità e multifunzionalità, favorendo un miglior impiego delle risorse forestali nazionali e una diminuzione della disoccupazione e dell’abbandono di zone interne, spesso depresse, nonché allo sviluppo della bio-economia del Paese. Infine, i risultati sperimentali ottenuti consentiranno un ulteriore sviluppo delle ricerche con nuovi prodotti ingegnerizzati, a partire dalle travi lineari di lamellare (GluLAM) e valorizzando anche altre specie forestali disponibili sul territorio nazionale.
References
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